La crisi della Lega nord e la nemesi di Roma ladrona

ROMA – La crisi distruttiva della Lega, un partito da sempre imbarazzante. Eppure ancora ci sono quelli che credono che deve tornare alla “purezza” delle origini, quando era tale a quale ad ora.

Ora che la Lega Nord è “nella bufera”, per usare una definizione che imperversa, si leggono e si ascoltano analisi politiche e psicologiche a dir poco sconcertanti. Grandi firme, politologi, esegeti anche della cosidetta sinistra, non sembrano avere il coraggio, che non dovrebbe essere neppure molto, per chiamare le cose con il loro nome, pur restando nella correttezza lessicale.
Questa formazione politica nasce in Lombardia nella prima metà degli anni ottanta, sfruttando un bagaglio ideologico fornito da tale professor Miglio, ex democristiano (per poco, diceva lui), secessionista dal volto umano, anzi intellettuale, che teorizzava la fondamentale diversità culturale e comportamentale del settentrione italiano dal resto del paese – ma i confini non furono mai precisati: quando si diventa sudisti o comunque non più virtuosi nordici? Sotto la linea gotica? O Salviamo Marche e Toscana? (nelle prime, in effetti, il  Carroccio ha ottenuto qualche buon riscontro, sarà per la discenza dai Galli Senoni?). Il professore, scomparso nel 2001, spiegava pacatamente il suo punto di vista, maturato in decenni e non certo sulla base di quattro slogans sgangherati. Noi non lo condivemmo mai, ma ricordiamo il suo crepuscolo: allorché mise in guardia la base dai contrasti tra nuovi dirigenti leghisti, che litigavano “come i meridionali intorno al letto del moribondo per l’eredità”; e se ne andò furente, preconizzando il destino di Bossi sintetizzato in “finirai come una sogliola”.
Ora, i fatti di questi giorni sembrerebbero dargli ragione, senonché la sogliola e gli altri pesci hanno avuto tuto il tempo di ingrassare e far danni al paese. Dobbiamo purtroppo registrare che personaggi del calibro di Giorgio Bocca (fino alla fine) e Marco Travaglio si sono sempre  ostinati e sostentere che la Lega non era più quella dei primi tempi, quasi ce ne fossero stati di mitologici, da rimpiangere lacrime agli occhi. E in questi giorni si ascolta di nuovo il mantra del Bossi che fu, uomo dall’istinto politico formidabile, purtroppo caduto in mano a profittatori e familiari famelici.
A parte il fatto che, anche così fosse, il rispetto verso la base avrebbe voluto che, già ai tempi del’ictus che lo colse nel 2004, si dimettesse per evitare appunto di rimanere vittima di situazioni poco chiare, la verità è ben un’altra.

Ricordiamo tutti il passato di questo signore, che millantava una laurea in medicina inesistente, per dirne una, e inveiva contro il Vaticano, tranne poi riciclarsi in devoto papista antiislamico; o il colorito carro/carroccio che si tirava dietro i primi tempi: personaggi come la Pivetti, che saliva sprezzante le scale di Montecitorio, lo Speroni che faceva l’ombrello, per non parlare di gente come Borghezio , che verrebbe guardato con sospetto perfino dal Ku Klax Klan, fino ad arrivare alla faccia buona di Maroni (già condannato per lesioni a un poliziotto e poi ministro dell’Interno), fautore di una legge che affogava i clandestini, spunto poi per un videogioco messo in web dal trota: e sui figli del boss stendiamo un velo pietoso, come sulla “nera” Rosi Mauro.

Le definizioni non sono nostre, anzi maturate all’interno del partito, ma renderebbero l’idea, si avesse voglia di scherzare, di un posto dove non abbondano né vichinghi né statisti, in un nord che persino nella prima republica dava il meglio di sé più di quanto non sia accaduto in mano a giunte leghiste; e saltiamo il discorso delle infiltrazioni mafiose, per carità di patria.
Sì, perchè il concetto di patria, uno si deve decidere: o lo rifiuta, e allora non esistono né Italia né Padania né cippalippa; o lo accetta, quantomeno per convenzione e allora la nostra si chiama Italia e mai avrebbe dovuto essere permesso, addirittura a ministri della repubblica, di prodursi in gestacci, oscenità, insulti alla nazione e ai suoi simboli.
Molti di noi ricordano i propri nonni o bisnonni, ragazzi del sud sbattuti a difendere confini nordorientali di un’Italia che non conoscevano e fino a quel momento li aveva ignorati, con la sua classe dirigente piemontese e poi a prevalenza settentrionale. Quelle terre sono state riconquistate grazie al sangue del sud; e rivendicarle in nome di qualche idiozia che fa il verso a un Conan Barbaro  mai passato di lì, è un insulto alla storia e all’umanità che ci lasciò la vita.

Scorretevi l’elenco di chi ha avuto in mano il potere nel dopoguerra,  primi ministri, manager (spesso solo con soldi pubblici), presidenti della repubblica: il sud di certo non vi prevale.  Forse Roma vi ha avuto una parte, come tutte le capitali, ma diremmo che è quasi meno incombente dei mostri  Parigi, Madrid o Vienna, vere teste ipertrofiche su corpi di nazioni  che contano molto meno nella stanza dei bottoni.
No, la Lega non ha un passato glorioso, né ideologie, né statisti, né atti di cui andare orgogliosa. E’ solo da dimenticare. Piuttosto, cerchiamo chi in questi anni l’ha trattata come un fenomeno ” da non sottovalutare”: giusto, ma come fenomeno deleterio, non come resurrezione di un salvifico nuovo messia, rivelatosi il finto padrone di un clan senza freni.

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