Il Popolo dell’Acqua ancora in piazza

Il Popolo dell’Acqua, dopo la vittoria al referendum, ritorna il 2 giugno prossimo a Piazza San Giovanni, per una grande manifestazione nazionale

ROMA – Il ciclo dell’acqua si pone oggi sempre più chiaramente all’incrocio di  tre grandi questioni:  quali scelte di investimento è necessario assumere per uscire dalla crisi;  come e chi decide sulla scelta in maniera democratica; infine, il profilo della natura pubblica della gestione, della cosiddetta ripubblicizzazione.
Il referendum consegna alle forze che hanno vinto un capitale strategico di enorme valore sul come e chi decide e, insieme, una grande influenza anche su come sciogliere i nodi rappresentati dalle altre due questioni.
Il pronunciamento  tramite referendum di una  grande maggioranza degli italiani  sull’acqua bene-comune, con tutte le implicazioni di ordine produttivo e sociale, rappresenta un fatto di metodo dalla valenza  straordinaria anche per la sua replicabilità.

Sulla prima delle due questioni. Le scelte di investimento rimandano a quale idea si ha della attuale crisi, se cioèi, in definitiva, è dovuta ad una forma di superfetazione della speculazione finanziaria e, come tale, quindi superabile da una parte con una qualche forma di rilancio della domanda attuale e dall’altro di autocontenimento etico, direbbe Soros, dei peggiori istinti degli animals spirits.Oppure
 se la crisi è il prodotto di una sovraccapacità produttiva, frutto di scelte di investimento sbagliate -la marxiana anarchia della produzione – sovraccapacità, quindi, che per essere superata ha bisogno  prima di essere smaltita e soprattutto, poi, di essere sostituita  attraverso l’ideazione di un nuovo modello di sviluppo, cioè attraverso la creazione di nuovi beni da produrre e  di una nuova domanda da organizzare e mettere in campo. Sovraccapacità produttiva quindi come aspetto dominante e saturazione della attuale domanda di beni privati sembrano essere le caratteristiche di fondo della crisi attuale.
Tutti i dati infatti ci dicono che siamo di fronte alla seconda configurazione, almeno in Occidente. La dinamica degli investimenti infatti non riprende, pur e a fronte di una politica monetaria particolarmente espansiva e a saggi di interessi prossimi allo zero, proprio perché un rilancio produttivo non trova una corrispondente domanda solvibile.
Sulla seconda questione: la crisi induce, quasi per definizione, un ruolo interventista del pubblico, un ritorno classico dello Stato, perché è al pubblico, allo Stato che si chiede protezione e direzione, in tempi di grandi incertezze e sconvolgimenti; non certamente agli animals spirits, responsabili oltretutto della attuale situazione. Anche nel 1929, per stare alla Storia,antecedente a cui si ricorre in molte analisi, le masse più colpite dalla crisi si sono rivolte allo Stato, anche se a Stati dal carattere più diverso e persino opposto, dallo Stato roosveltiano, allo Stato hitleriano, allo Stato sovietico.
L’acqua bene-comune può diventare il terreno per eccellenza in cui riattualizzare politiche di programmazione ,parola quasi scomparsa  dal lessico quotidiano, e sperimentare ed affermare forme moderne di democrazia partecipativa ,possibili proprio anche in virtù della rivoluzione tecnologica

che sta  investendo tutti gli aspetti della vita quotidiana. Proprio la presenza di forme di democrazia partecipativa legittima il discorso della  ripubblicizzazione, cioè di una forma innovativa del ritorno del pubblico.
Ragionare nei termini dell’intero ciclo dell’acqua – acqua per usi industriali, acqua per usi agricoli, acqua come cuore del risanamento dell’intero assetto idrogeologico, oltre che per usi domestici e personali – può aiutare quindi a costruire una piattaforma politico-programmatica in grado di rispondere ai problemi antichi e nuovi dell’insieme del paese e, contemporaneamente, alle sue esigenze  strategiche di uscita dalla crisi in direzione ecologica.

Il ciclo dell’acqua, così inteso, può diventare il primo capitolo – da scrivere collettivamente e nelle sue articolazioni territoriali – di un nuovo modello di sviluppo che può essere sospinto ancora più in avanti dalla vittoria referendaria e dalle mobilitazioni articolate – esemplare quella di Roma – per la sua concreta realizzazione.
La recente ricerca prodotta dalla   Federconsumatori documenta in modo analitico l’assenza in questi anni, di una politica organica del ciclo dell’acqua, a partire dall’acqua per usi domestici: in termini di costi, di evoluzione dei costi, di differenze dei costi, di struttura delle tariffe; e della  evanescenza, in termini di partecipazione e di controllo, delle Carte dei Servizi.
In un contesto  europeo in cui la vittoria della Sinistra sembra riaprire possibilità e spazi per una politica di sviluppo e di intervento pubblico su grandi reti ed infrastrutture, una politica di programmazione pubblica sull’intero ciclo dell’acqua, oltre a rispondere ad una esigenza di occupazione e di socialità, può dare un contributo straordinario al grande progetto di riconversione ecologica della economia. E non in astratto, ma sulla parola d’ordine affascinante e fascinosa dei beni comuni e sull’onda di una grande e non effimera mobilitazione sociale.

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