Medicina predittiva, il direttore dello Stanford Prevention Research Center in Italia

Grazie alla Fondazione Sigma Tau il prof. Ioannidis sarà a Firenze il 2 luglio e a Milano il 6 luglio

ROMA – E’ davvero tutto scritto nei nostri geni?  Basta la conoscenza di questi per poter prevedere, e magari prevenire, l’insorgere di patologie? Forse no. Forse bisogna guardare un po’ oltre e pensare che l’entusiasmo per la genetica non ha mantenuto tutte le promesse e che questo approccio dovrebbe quanto meno essere integrato da altri per un po’ di tempo trascurati. Eppure ciò non significa rinunciare alla medicina predittiva che tanto si sta affermando nell’attuale panorama medico e scientifico internazionale. Certo che bisogna avere un po’ di coraggio – e una posizione nel mondo scientifico salda e riconosciuta – per poter affermare queste cose senza seminare panico e rancori in chi per anni ha dedicato il suo lavoro al genoma. E questo coraggio ce l’ha John P.A. Ioannidis, titolare della cattedra C.F. Rehnborg di Prevenzione delle malattie e direttore dello Stanford Prevention Research Center alla Facoltà di Medicina dell’Università di Stanford, che grazie all’impegno della Fondazione Sigma Tau Ioannidis sarà in Italia per svolgere due lezioni pubbliche: il 2 luglio all’Università di Firenze e il 6 luglio a Milano presso l’Istituto Mario Negri.

Quale la sua proposta? Realizzare un nuovo tipo di medicina utilizzando sia i fattori genomici sia i fattori non genetici per capire meglio le origini delle malattie e ottimizzare le misure preventive e i trattamenti terapeutici.  “Negli ultimi 10 anni, abbiamo fatto enormi passi avanti nello studio dell’influsso della variabilità genomica sul rischio di malattie e di fenotipi complessi, ottenendo risultati replicabili. – spiega il prof. Ioannidis – I progressi nella capacità di misurazione su vasta scala, nella progettazione e nella qualità degli studi e la collaborazione internazionale sono stati fondamentali a questo fine. Contemporaneamente, si sta cercando anche di misurare il cosiddetto “exposurome”, vale a dire l’insieme dei fattori non genetici ai quali siamo esposti. A queste esposizioni non-genomiche potrebbero essere adattati e applicati alcuni dei metodi e dei principi che si sono rivelati efficaci nel campo della genomica, ma esistono soluzioni alternative. I modelli che utilizzano sia i fattori genomici sia quelli non genomici potrebbero essere utili per capire meglio le origini di malattie e fenotipi complessi. L’accumulo di informazioni di questo tipo potrebbe portare finalmente a realizzare un nuovo tipo di scienza e di pratica medica: la medicina predittiva”.

Il Dottor Alessandro Giuliani, primo Ricercatore all’Istituto Superiore di Sanità, in un incontro con la stampa organizzato da Fondazione Sigma Tau ha spiegato l’importanza di questa nuova visione d’insieme, rappresentata dal lavoro di ricerca di Ioannidis. “Lo sviluppo di un software dedicato, di strumenti molto sensibili di analisi in grado di rilevare quantità infinitesimali di sostanze, di metodologie efficienti di standardizzazione e di messa a confronto di informazioni eterogenee derivanti dal grande sforzo delle varie ‘-omiche’, può essere utilmente messo a frutto in un ‘nuovo inizio’ che metta correttamente al centro della scena l’interazione fra vari piani e scale di conoscenza nella ricerca biomedica. Abbandonando i sogni di un unico ‘Sacro Graal’ su cui far convergere tutte le visioni possibili del vivente. Come risultato di tutto ciò, predittivo’ non è più l’ingenuo ‘dammi la sequenza del tuo DNA  ti dirò il tuo destino’ ma, più correttamente, l’individuazione del contesto di interazione fra organismo ed ambiente che permette di calibrare un giudizio PROBABILISTICO sulla congruità delle scelte mediche.”

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