Nuove scoperte archeologiche in Calabria dove i Bronzi sono ancora senza Museo

REGGIO CALABRIA – Sono trascorsi 40 anni dal quel 16 agosto 1972 quando il mare Jonio offrì i Bronzi di Riace ed ancora continua ad agitarsi restituendo opere dei tempi d’oro della Magna Grecia.

Dapprima l’effige di una testa di leone in bronzo, rinvenuta ieri da due sub in vacanza sulla costa ionica, Leo Morabito e Bruno Bruzzaniti, che hanno riportato a riva, nel mare antistante il Capo Zeffirio, fra Africo e Bianco, il reperto dal peso di una quindicina di chili. Un pannello quadrato largo cinquanta centimetri, che sicuramente viaggiava su una nave affondata nel mare smeraldino calabrese. Ed alla loro scoperta si è aggiunta quella ulteriore fatta da Bartolo Priolo di una intera armatura in bronzo e rame, ritrovata incastrata fra gli scogli del Capo. Tutto intorno ai ritrovamenti il fondale appare tappezzato da cocci di ceramica multicolore. Il quadro d’insieme conferma con tutta probabilità la presenza di una nave da carico, che qualche esperto interpellato ipotizza essere fenicia o greca. I ritrovamenti sono stati prontamente denunciati alle autorità competenti e si attendono i rilievi di legge che potranno dare contezza dell’importanza della scoperta. Dovessero confermarsi le ipotesi avanzate ufficiosamente dagli archeologi, il ritrovamento avrebbe una rilevanza straordinaria. La valenza e il pregio del materiale già ritrovato denuncerebbero un carico di valore inestimabile. Immediata, la capitaneria di Porto di Reggio Calabria ha disposto il divieto di balneazione, navigazione e di pesca nel tratto di mare interessato dal ritrovamento con “effetto immediato e per un raggio di 500 metri”, ed il provvedimento é stato deciso dopo che il sub Bruno Bruzzaniti ha segnalato la presenza di “reperti archeologici presenti sul fondale marino. Si ritiene necessario – prosegue l’ordinanza – disciplinare le attività marittime nella zona di mare oggetto della segnalazione al fine di pervenire e tutelare i beni archeologici presenti sul sito”. Ma cosa succederà ora in Calabria?

«Allo stato attuale – ha detto la Soprintendente ai Beni Archeologici della Calabria, Simonetta Bonomi – non ho ancora avuto modo di poter visionare gli oggetti rinvenuti. Non abbiamo ancora ricevuto alcuna comunicazione ufficiale circa il ritrovamento. Ho saputo che i carabinieri hanno avviato un’indagine e quindi attendiamo gli esiti. Certo è che ci sono delle presunte irregolarità – ha aggiunto – di tutta la procedura. Pare infatti che il ritrovamento sia avvenuto il 16 agosto e non si sia ottemperato all’obbligo di informare le autorità entro le 24 ore successive. Insomma ci sono una serie di elementi che vanno approfonditi e chiariti. Ed è per questo che i Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio artistico di Cosenza hanno avviato l’indagine».
La storia dei Bronzi di Riace ci insegna che a distanza di quaranta anni dal loro ritrovamento, tanti restano ancora i misteri. Quale enigma si nasconde dietro i Bronzi di Riace? Un segreto dietro la storia ufficiale, l’ennesimo tentativo di occultare una verità scottante. Tra questa, la presenza del terzo bronzo, la sparizione dello scudo e della lancia e soprattutto del cospicuo premio di rinvenimento che fu data a Stefano Mariottini, scopritore “ufficiale” delle statue mentre nessuno parla di quei ragazzini che, a bordo di una barchetta, individuarono i reperti per primi, una mattina prima del loro rinvenimento ufficiale.
Ma non è tutto. A distanza di quaranta anni, oltre ai reperti spariti ed a quelli mai catalogati ci sono quelli che restano negli scantinati dei Musei in attesa di essere esposti e poi ci sono loro, i Bronzi, ospitati nel Palazzo del Consiglio regionale di Reggio Calabria in attesa di ritornare a casa, nel Museo allestito a Palazzo Piacentini.

Causa, come per quasi tutte le altre: esaurimento dei fondi. Sebbene siano arrivate le promesse per lo sblocco delle ultime cifre e l’annuncio che il Museo sarà pronto per dicembre, è pur sempre vero che lo stop ai lavori è stato dovuto al mancato pagamento da parte del Cipe di 6 milioni di euro, richiesti, in aggiunta a quelli già stanziati, per nuovi interventi sorti in itinere. Altri 5 milioni servivano poi per l’allestimento (compresi gli impianti speciali, come la climatizzazione per la sala dei Bronzi di Riace e la sala-filtro di accesso a quest’ultima). Non una novità, dato che la mancata previsione di copertura finanziaria per quest’ultima voce era stata già denunciata nel 2009 da Felice Costabile, professore dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Ma chi si è aggiudicato i lavori? Una società, la Cobar, coinvolta in altri due cantieri del 150mo dell’Unità come i teatri San Carlo a Napoli e Petruzzelli a Bari. L’impresa il 5 febbraio 2008 si era aggiudicata l’appalto abbassando a circa 11,2 milioni di euro, con base d’asta di quasi 14, ma poi i milioni erano diventati17,8 di cui 13 messi a disposizione dalla Presidenza del Consiglio, più quasi 5, tra fondi Mibac rimasti in Calabria non spesi e cofinanziamento della Regione per 2,4 milioni, a cui vanno aggiunti i 6 del Cipe e i 5 alla fine accordati dalla Regione. Tirate le somme, i milioni sono saliti a 29. Una “lievitazione naturale” da imputare allo strumento dell’appalto integrato, per cui sulla base di un progetto preliminare viene fatta la gara che sarà aggiudicata dalla ditta che offre il ribasso migliore e che stenderà poi anche i progetti definitivo ed esecutivo. Ed è in questa fase che entrano in gioco tutte le varianti e integrazioni non previste nel preliminare. Che nell’appalto iniziale mancassero molte previsioni di spesa è stato confermato proprio dal direttore regionale dei beni Culturali, Francesco Prosperetti, il quale ammette che «tutta una serie di opere, pur indispensabili (restauro facciate, adeguamento antisismico, ristrutturazione uffici della soprintendenza, che ha sede nello stesso edificio, e affitto di appartamenti dove delocalizzarli, restauro Bronzi ecc.), non erano state considerate all’inizio per non perdere l’opportunità di far rientrare il progetto tra quelli finanziabili per il 150mo». Tra le voci più consistenti del rialzo, la mancata previsione della messa in sicurezza antisismica dell’edificio, in un’area come quella dello Stretto, dove si sarebbe dovuta affrontare anche la questione idrogeologica. A Reggio intanto si va oltre. Non solo per le revisioni progettuali si bypassa l’impresa aggiudicataria affidandole a un nuovo soggetto (lo studio Abdr), ma si continua a pensare in grande anche se non ci sono i soldi e i lavori sono fermi. Per un ampliamento che sfrutti gli spazi ipogei immediatamente antistanti l’ingresso per un costo circa 7 milioni, ancora Prosperetti aveva bandito un concorso d’idee a partecipazione (di nuovo) ristretta, vinto nel maggio scorso dall’architetto romano Nicola Di Battista. Sfumati il canale di finanziamento del Piano operativo interregionale (Poin), si punta adesso sui fondi europei (50 milioni in tutto) di un grande progetto per la «Promozione e valorizzazione della Magna Grecia».
Intanto la vicenda di Reggio e dei Bronzi è toccata solo di sfuggita dalle inchieste giornalistiche (come in quella de «la Repubblica», del 6 ottobre 2011, mentre «l’Espresso», il 25 agosto 2011, parlava addirittura di «Miracolo a Reggio», dove sarebbero stati rispettati budget e tempi di consegna), ed invece andrebbe approfondita.

 

A cominciare dalla procedura di gara. Ci si dimentica che la Cobar se l’è aggiudicata impegnandosi a osservare anche la clausola che prevedeva, a garanzia della fruizione dei Bronzi, l’obbligo del mantenimento dell’apertura della sala in cui erano custoditi per tutta la durata dei lavori. In particolare, venivano riconosciuti ulteriori 6 punti in sede di valutazione delle offerte all’impresa che si fosse impegnata in tal senso. Poi, dopo una sollevazione cittadina contro l’ipotesi di trasferimento delle statue all’Iscr, il coup de théâtre del laboratorio di restauro a Palazzo Campanella, sede reggina del Consiglio regionale, consentì che i due guerrieri uscissero «di propria iniziativa» dal museo. Roberto Ciabattoni, fisico dell’Iscr, ricorda che «nell’estate 2008, su richiesta dell’allora soprintendente Caterina Greco, avevo prodotto una relazione in cui sconsigliavo, per questioni di sicurezza conservativa, di mantenere le due statue nel museo col rischio di sottoporle alle inevitabili sollecitazioni prodotte dal cantiere». Ciabattoni scioglie anche una questione mai chiarita, quella del cosiddetto dossier dell’Enea, sulla base del quale i Bronzi avrebbero necessitato di un urgente ricovero a Roma. Quel dossier (di circa 100 pagine), invece, «era stato prodotto congiuntamente da Enea e Iscr in vista del trasferimento dei Bronzi al G8 della Maddalena, per predisporre un loro sistema di movimentazione e trasporto in sicurezza». Con lo spostamento poi del summit a L’Aquila, il documento rimasto in un cassetto venne rispolverato dal sottosegretario Gianni Letta come pezza d’appoggio per motivare la necessità delle indagini diagnostiche a cui sottoporre i due Guerrieri a Roma. Insomma,  anche ad alti livelli non si capisce bene se stesse più a cuore lo stato di salute delle statue o piuttosto che si trovasse il modo per tirarli fuori dal museo. Dove ancora attendono di rientrare, «parcheggiati» a Palazzo Campanella, sebbene l’intervento conservativo si sia ormai concluso da molti mesi.
Quale sorte toccherà ora ai nuovi reperti?…La storia insegna che forse è meglio rimetterli in mare!

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