Caso Battisti. Pd: “colpa dell’incapacità di Berlusconi e del governo”

Sotto accusa la politica “delle pacche sulle spalle” ampiamente praticata dal Caimano e che ci rende meno credibili nel mondo. In realtà la decisione di Lula prova, oltre ogni incertezza, la totale mancanza di autorità dell’Italia in campo internazionale, che i dieci anni di governi Berlusconi hanno ancora di più acuito

ROMA – L’Italia condanna, unanime, la decisione del Brasile di non estradare in Italia il terrorista Cesare Battisti, ma il caso non manca ugualmente di sollevare un polverone tra gli schieramenti politici e, ancora, nell’opposizione. Dal governo e dalla maggioranza, fino alle diverse anime dell’opposizione, l’irritazione e la delusione per l’ultima decisione del Presidente Lula è diffusa: da Fli al Pd sono tutti indignati ma l’attenzione delle opposizioni si rivolge anche sul governo nazionale, incapace, sostengono, di difendere le sue ragioni, di convincere il Brasile, facendo fare all’Italia una brutta figura a livello internazionale. Tale da chiedere all’Esecutivo, si avverte dal Pd, di riferire in Parlamento. La scelta del Brasile, seppure in parte attesa, ha lasciato di stucco il governo italiano che fino alla fine non si è rassegnato a dare per definitiva una decisione che suona come un affronto alla memoria delle vittime del terrorista italiano. E se la reazione immediata del ministro degli Esteri, Franco Frattini è stata quella di gridare lo «sconcerto» dell’Italia, e quella del premier di esternare la profonda «amarezza», altrettanto immediata è stata la replica del Pd con Walter Veltroni che, pur definendo quello dell’ormai ex presidente Lula «un gesto molto grave e profondamente sbagliato», si è affrettato a sottolineare come «questo schiaffo in faccia all’Italia metta in luce l’ ennesima brutta figura del nostro governo». Di schiaffo parla anche il presidente dei deputati futuristi, Italo Bocchino, che stigmatizza la politica delle «pacche sulle spalle» del Cavaliere che poi, dice, si risolve nella diplomazia dei «calci nel sedere». Il braccio destro di Fini, che lega le «sommesse proteste» agli interessi commerciali tra Italia e Brasile, chiede ora uno «scatto d’orgoglio» del governo italiano per ottenere «soddisfazione immediata, altrimenti il nostro prestigio all’estero e la credibilità interna del ruolo internazionale dell’Italia saranno gravemente pregiudicati». La posizione espressa da Veltroni è sostanzialmente quella della vicepresidente della Camera e presidente del partito Rosy Bindi e quella di Piero Fassino, che parla di «perdita di credibilità internazionale». Una posizione che suscita la reazione rabbiosa del Pdl secondo il quale il compiacimento delle opposizioni è «ancora più grave del vergognoso comportamento di Lula ‘compagnò politico di Veltroni, D’Alema, Bersani». Il Pd ha «rotto anche quel minimo di solidarietà che sarebbe potuta nascere contro il terrorismo scegliendo una linea di speculazione politica anche su una vicenda come questa», dice Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati, mentre anche il vicepresidente, Osvaldo Napoli, evidenzia come la «sottile soddisfazione con cui il redivivo Bocchino e il sempreverde Veltroni parlano di uno schiaffo all’Italia la dice lunga sul vero spirito antinazionale che anima certe trombette della politica». Il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, invece, non attacca il governo e, anzi, propone «qualsiasi iniziativa affinchè l’Italia abbia un’unica voce contro il terrorismo». Tuttavia il presidente vicario del gruppo, Antonio Borghesi, avverte che è la politica italiana che dovrebbe fare per prima i conti con la mancanza di credibilità, dal momento che nel nostro Parlamento sono stati eletti terroristi come Toni Negri, Sergio D’Elia e Marcello De Angelis. Paolo Cento (Sel), invece, liquida destra e sinistr per quelle che definisce reazioni «spropositate».

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