Al via le ele-share! Settimana dal 7 al 13 gennaio

ROMA – Poste in settimana le basi per  la campagna elettorale a colpi di audience in tv (consigli per gli acquisti permettendo).

Abbandonate definitivamente le piazze (a rischio vuoto pneumatico o tumulti) i politici si trasferiscono in massa sui vari canali alla ricerca del consenso anzi dello share il quale, per uno strano meccanismo psicanalitico, più si innalza più fa pensare al candidato di essere piacevolmente benvoluto e quindi in definitiva votato.  Sondaggisti e sociologi sono alla ricerca di una spiegazione. Il paese reale, più semplicemente, del telecomando.
Naturalmente in questa transumanza la fa da padrone il mezzo (ricordate Mc Luhan?) e quindi si assiste attoniti o catatonici a mezze zuffe, rapide incursioni, battute a effetto, deliri di onnipotenza e preoccupanti egotismi,  a “io non l’ho interrotta prima adesso mi faccia parlare”,  pizzini recitati come a una interrogazione, grafici colorati a pizza o a torta esibiti come trofei, (per qualche secondo commentati e subito dimenticati ) ciprie luci e ceroni, tempi rapidi , risposte ripide, non un cenno ai programmi, ai ragionamenti., alla realtà.
Si sta vendendo un prodotto particolare e bisogna convincere . Il consumatore ha finalmente preso il posto del cittadino.
Vince l’emotività dello spot, la marca. L’offerta politica diviene il pannolino o  l’auto che sfreccia silenziosa in un bosco (?) La promessa è d’obbligo, anzi più confina con la balla più è apprezzata. Il politico diventa un venditore di materassi, brutti quadri, diete miracolose, trattamenti contro l’impotenza o la caduta dei capelli; un interessante caso umano alle prese , suo malgrado, con un mondo virtuale. La competizione  si trasforma  così in una fiction a metà strada tra X Factor e l’Isola dei Famosi. Il format  si ripete ormai eguale a se stesso con uno o più giornalisti (meglio se donne)  a rivolgere domande  opportune  (le inopportune non sono nelle regole d’ingaggio) al politico truccato di tutto punto che risponderà con delle argomentate menzogne.  Uno contro tutti,  ego nell’agone.  L’egone. Non a caso infatti finora  si è parlato solo  di quanto io sia serio e onesto e con chi stringerò alleanza. Quasi mai di programmi (non fanno audience), mai una idea strutturale  (complessa) per rilanciare l’economia (sono buoni tutti) ma solo delle tasse che ha messo quello prima e che io toglierò subito. La riforma costituzionale? Scomparsa nel nulla. La corruzione? Non ci riguarda.  Il conflitto di interessi? Quale conflitto scusi? Il federalismo e l’abolizione delle province? Finiti nel dimenticatoio. Lo spread? Un’invenzione della sinistra.  La giustizia? Acqua passata. Misure contro la casta, legge elettorale, riduzione del parlamento ? Finite nel silenzio.  Sigla.
Di fronte a tanto caos  noioso e ordinato, ripartiamo da alcuni concetti  che  fanno da parola chiave, da emblema di qualche fatto fin qui accaduto.

machiavellismo  (eterno)
[ma-chia-vel-lì-ʃmo] s.m.
Dottrina, pensiero politico di N. Machiavelli, interpretato, in modo spesso arbitrario, come affermazione della priorità del risultato rispetto ai metodi e ai mezzi impiegati per raggiungerlo.
Vedi Berlusconi da Santoro
L’infelice trasmissione di Santoro ha avuto l’effetto immediato di ringalluzzire le truppe scoraggiate e lacerate del Pdl. Il contagio dell’euforia si è fatto immediatamente sentire. Mariastella Gelmini si gode la resurrezione :”Basta depressi, il vento è cambiato. È tornato il Berlusconi che conoscevamo” (tornano oibò, con la regolarità delle calamità naturali , i   commenti  non richiesti dei cortigiani…). In poche settimane il Cavaliere potrebbe riuscire nel miracolo e portare il Pdl e la sua galassia di oltre venti piccole liste oltre la soglia del 30 per cento. E Berlusconi già accenna a una sua possibile candidatura al Quirinale (se accade riconsegnate la scheda elettorale e il codice fiscale).
Il controverso duello tv ha confermato in pieno la tendenza emersa finora nella campagna elettorale: attacchi a testa bassa contro Monti e la sua odiosa Imu, con promesse di abolirla “al primo consiglio dei ministri”. Populismo a piene mani. Già Bersani si adegua con la richiesta di una correzione della tassa sulla prima casa. E perfino il Professore non esclude un intervento sulla legge contestata.
Monti tra fuochi incrociati deve fare i conti con una netta perdita dei consensi. Il 70 per cento degli italiani non gli perdona la sua “salita” in politica. E il 12 gennaio, al congresso dei riformisti del Pd, il Professore ha corretto il tiro dopo la sua ostentata freddezza verso Bersani, sollecitando una collaborazione di tutti i riformisti.
Francesco Merlo su La Repubblica ha fatto la sintesi più breve e azzeccata: ”Santoro offriva la piazza e Berlusconi la occupava da piazzista”. Era l’ arena accuratamente preparata per due narcisi dall’autostima smisurata che – ognuno a modo suo – amano sguazzare nel populismo. Non era informazione, ma puro spettacolo.
Scrive a tal proposito Curzio Maltese: “Per Santoro l’epopea del Cavaliere è stata una manna di share dal cielo…
…Berlusconi ha bisogno di far notizia da qui alla vigilia del voto, altrimenti è politicamente morto. La sua formula politica è finita. Accettare la sfida in trasferta è un colpo da maestro. Santoro ha un parallelo bisogno di far notizia e di sopravvivere a una formula televisiva moribonda, il talk show. Per anni ha fatto notizia contro Berlusconi, ora l’unica possibilità era di farla con Berlusconi.
…Il Cavaliere è sempre molto abile nell’arte di giustificare quanto non ha fatto al governo e nel promettere per il futuro quello che non farà. Ma ormai non esiste più il rischio che tanta brava gente possa credere alle sue panzane, com’è avvenuto per molto tempo.  (volesse Iddio o chi per lui) Di conseguenza, a guardarlo arrampicarsi sugli specchi, ci si arrabbia molto meno. Non ti prende più allo stomaco, lo osservi con sguardo sereno e annoiato, come vedere il mago Silvan che estrae il foulard dal cilindro. Toh, l’ha fatto ancora.
…Poco incalzato dalle due simpatiche intervistatrici, Giulia Innocenzi e Luisella Costamagna, che tuttavia lo innervosiscono come tutte le donne normali, Berlusconi comunque se la cava bene. Per la duecentesima volta spiega nel dettaglio quanto sia pernicioso il sistema parlamentare voluto dalla nostra costituzione bolscevica e quanto sarebbe stato meglio per il Paese se gli italiani l’avessero eletto dittatore, invece di consegnargli per quindici anni sterminate ma inutili maggioranze.
…Perfino Santoro capisce a questo punto che gli spettatori a casa, eccitati dagli spot stile corrida, si stanno ammazzando di pizzicotti e cala l’asso. La requisitoria di Marco Travaglio è al solito documentata e intelligente, ma nella circostanza appare rituale. Sarebbe stato molto più interessante se fosse stato lui a intervistare Berlusconi, vista l’occasione speciale. Archiviata la pratica, si torna al repertorio e l’ospite colma una vistosa lacuna con un’intemerata di maniera sulle tragedie del comunismo. Ci stavamo giusto domandando: e i comunisti? “

esibizionismo,
[e-ʃi-bi-zio-nì-ʃmo] s.m.
Tendenza a mettersi in mostra: lo fa solo per e.
Il boom dei simboli elettorali : sono 215 .  Domanda: gli italiani sono un popolo di individualisti , cinici  ed esibizionisti oppure sono alle prese con problemi di sanità mentale?
La bacheca del Viminale è strapiena: sono 215 i simboli presentati per questa tornata elettorale del 24 e 25 febbraio. Un mini-boom del contrassegno pari al più 15 per cento. Sembra uno di quei concorsi paesani a premi dove si premia la creatività nello scegliere il nome del nuovo centro anziani.
Oltre ai soliti noti, annotiamo Grande Sud e Mpa, Fratelli d’Italia, Pensionati, Intesa popolare, la Destra di Storace, Liberi da Equitalia e il Mir di Samorì. Al Senato si aggiungono Popolari Italia domani, Basta Tasse, Lista del Popolo e Rinascimento italiano, poi il Megafono di Crocetta, i Moderati di Portas e la Svp. Viva l’Italia a Mondo Anziani, Forza Roma e Forza Lazio.
Trend dominante è sicuramente quello autoreferenziale (l’egone di prima): quasi tutti includono nel simbolo anche il nome del proprio leader. Tra i big, soltanto il Pd va controcorrente e rinuncia a metterci Bersani (meglio non dare nell’occhio). Gli altri invece sono bene in evidenza: Monti, Vendola, Berlusconi, Casini, Storace, Grillo, Ingroia, Fini, Di Pietro, Maroni, Samorì, Mastella (!!!) che ritorna con l’Udeur, Ilona Staller (?).
La questione più che politica, rivela Piepoli, è psicologica: «È il comportamento del singolo che conta. Tanto più uno ha fiducia in sé, meno ha bisogno di comparire in prima persona, convinto che il partito possa farcela da solo. Se invece non è sicuro dei suoi, sente di doversi proporre in prima persona, per convincere gli elettori».

Altro giro di dizionario.
Commentiamo con alcuni vecchi e tipici aggettivi, entrati a far parte del nostro dna italico, la conclusione  di Pisanu, Il presidente della Commissione antimafia, sulla trattativa Stato-Mafia.

pilatesco
[pi-la-té-sco]
agg. (pl. m. -schi; f. -sca, pl. -sche)
spreg. Caratteristico di chi non intende assumersi responsabilità di fronte a una scelta.

gattopardesco
[gat-to-par-dé-sco]
agg. (pl. m. -chi; f. -ca, pl. -che)
Di atteggiamento conservatore che sa adattarsi ai cambiamenti, nella convinzione che essi non comprometteranno in alcun modo le posizioni di privilegio di certe classi.
Pisanu: “Stato-mafia, nessuna trattativa, ma intesa con uomini di Stato privi di mandato”
Vale a dire: contatti ci furono ma non furono ufficiali poiché non pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
Quindi per pilatesca e gattopardesca logica (vedi sopra) non ci fu una vera e propria trattativa tra Stato e mafia. I vertici istituzionali non sapevano.  (ci mancherebbe) Ma ci furono servitori dello Stato che, pur privi di un mandato, (vorrei ben vedere) ebbero contatti con pezzi di cosa nostra per giungere a un’intesa per fermare le stragi. E’ quanto afferma Beppe Pisanu illustrando in Commissione antimafia le conclusioni dell’inchiesta sulla presunta trattativa Stato-mafia e le stragi del ’92-93. Evidenziate precise responsabilità nell’Arma dei carabinieri per convenienze strategiche, il sospetto (!) che politici siciliani si siano attivati per favorire l’intesa spinti dalla paura di fare la fine di Salvo Lima. Ma si parla anche degli attentati a Falcone e Borsellino, tante ombre e una quasi certezza: cosa nostra non agì da sola. (questa sì che è una conclusione coraggiosa).
Infine: oggi cosa nostra “è ancora forte e temibile”, rileva in presidente dell’antimafia, “le sue armi tacciono, ma essa è presente nelle fibre della realtà siciliana e lì continua ad agire in profondità, distorcendo le regole dell’economia, le relazioni sociali e le decisioni politiche” (questa sì che è una preziosa intuizione).

Vaticano: rimetti a noi i nostri bancomat!
Si gioca su oltre 40 milioni di euro l’anno la partita tra Santa Sede e Banca d’Italia per l’autorizzazione a utilizzare Bancomat e carte di credito. È questa l’entità della movimentazione che risulta dai documenti contabili acquisiti dalla procura di Roma prima di segnalare quelle «anomalie» che hanno portato al blocco di tutti i Pos degli esercizi commerciali che si trovano all’interno del Vaticano. Si tratta di ben ottanta «punti vendita», dai Musei alla farmacia, passando per decine di negozi e anche per lo spaccio. Per loro il colpo subito è gravissimo visto che dall’inizio dell’anno i pagamenti possono avvenire soltanto in contanti e ciò – tenendo conto dei milioni di turisti e visitatori che arrivano costantemente – sta causando serie difficoltà e anche perdite economiche. Ma sembra assai difficile, se non impossibile, che il servizio possa essere nuovamente garantito. Anche perché quanto accaduto riporta in primo piano le «carenze» nel sistema antiriciclaggio dello Ior, l’Istituto per le opere religiose, già evidenziate dai pubblici ministeri titolari dell’inchiesta sulla correttezza delle operazioni bancarie effettuate sui conti intestati a religiosi.
Gli 80 Pos sul conto Deutsch. Secondo le relazioni dell’Uif, l’Unità di informazione finanziaria di Palazzo Koch, tutti i soldi acquisiti attraverso i Pos confluiscono su un unico conto intestato allo Ior e aperto presso una filiale della Deutsche Bank. Per l’installazione delle «macchinette» l’istituto di credito avrebbe dovuto chiedere una apposita autorizzazione, ma questo non è mai avvenuto. Il nodo è sempre lo stesso: non si conosce l’intestatario effettivo del deposito aperto presso Deutsche  (si conosce solo un nome in codice: R.a.t.z.y.) e soprattutto chi ha la delega ad operare, dunque non è possibile applicare la normativa antiriciclaggio. È stato verificato che sul conto Ior affluivano ogni giorno decine di migliaia di euro, ma poiché la maggior parte dei Pos sono intestati a società con sede in Vaticano non è possibile sapere da dove arrivi effettivamente il denaro e soprattutto chi lo utilizzi poi in uscita. In particolare, nonostante i controlli disposti, non si sa che fine abbiano fatto, nel 2011, i 30 milioni di euro che risultano prelevati dal conto, né tantomeno chi abbia compiuto le operazioni di prelievo. (misteri della fede…)

Parbleu, anzi toh, una guerra alla francese! Mali, Hollande: «L ‘ intervento armato della Francia è cominciato» .
Le forze d’Oltralpe con Senegal e Nigeria a fianco del governo maliano contro i ribelli islamisti che avanzano verso il centro. Le forze armate francesi hanno avviato venerdì un intervento a supporto delle forze governative del Mali, contro i ribelli islamisti. Lo ha affermato il presidente Francois Hollande, precisando che l’operazione durerà fino a quando sarà necessario, mentre il governo del Paese ha dichiarato lo stato d’emergenza.
Le truppe francesi combattono insieme alle nigeriane, e senegalesi per contrastare gli islamisti che, dal nord, cercano di conquistare alcune città del centro.
Interessante (e ingenua) domanda trovata su un post di un mio amico su FB: “Una cosa non la comprendo, ma se la Francia in MALI interviene contro i terroristi islamici perché in Siria li sostiene?”

Abominevole crimine, abominevole reazione.
Non va in cella dopo lo stupro: cortei e minacce degli ultrà.
Fiaccolata con il sindaco. Ultrà assediano l’uomo ai domiciliari. Il magistrato e l’aggressore della ragazza incinta: applicato il codice.
La città scende in piazza contro la violenza sulle donne, con una fiaccolata organizzata dal Comune dopo lo stupro subìto da una ragazza incinta, di 24 anni. Ma intanto a Bergamo esplode la protesta, dopo la decisione del giudice di mandare ai domiciliari il presunto aggressore, il facchino kosovaro di 32 anni Vilson Ramaj, con striscioni, lanci di bottiglie e bombe carta contro il portone di casa sua, a pochi passi dal luogo della violenza. La rabbia più evidente è quella di un gruppo di ultrà dell’Atalanta, nota squadra di calcio della Lousiana, che conoscono la giovane violentata.
Gli ultrà atalantini non hanno usato mezze misure. Proprio durante la fiaccolata di ieri, che è passata sotto l’abitazione dell’uomo ai domiciliari, hanno appeso un sereno striscione: «Datelo a noi». Un gruppo di tifosi ha iniziato a inveire. Poi è scattato il lancio di bombe carta, fumogeni, bottiglie. Ed è spuntato anche lo sgabello di un bar, scagliato a ripetizione contro il portone, mentre polizia e carabinieri bloccavano tutta via Borgo Santa Caterina.
Intanto la persona arrestata deve restare lì, a casa sua, nel quartiere dove tutto è accaduto. Il sostituto procuratore Gianluigi Dettori non ha chiesto al gip la misura cautelare del carcere perché il presunto colpevole è incensurato, padre di famiglia, ha un lavoro, prima di commettere violenza si è scusato e per scongiurare il pericolo di reiterazione del reato, ha ritenuto sufficienti i domiciliari. Un ragionamento con il codice penale alla mano, perché il «carcere deve scattare solo quando ogni altra misura risulta inadeguata».
Sarà, nel frattempo per i roghi ci stiamo attrezzando…

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