Malattie rare. Umbria e Marche, screening neonatale per patologie lisosomiali

A Perugia il progetto pilota, finanziato da Regione e Cassa di Risparmio di Città di Castello, è già partito, ha coinvolto 3.403 neonati e individuato un bimbo con malattia di Gaucher

ROMA – Cambiare il destino di un bimbo con una sola goccia di sangue prelevata dal tallone del neonato a poche ore della nascita. Si può grazie al test di screening neonatale è infatti possibile individuare precocemente varie malattie rare, e consentendo cure tempestive, capaci di salvare la vita o evitare i danni peggiori. Si tratta di un esame indolore dal costo di pochi euro per il SSN: oggi consente di individuare oltre 40 errori del metabolismo e alcune malattie rare da accumulo lisosomiale, tra cui 4 che oggi hanno una terapia efficace. In Italia però le politiche di screening neonatale sono diverse da Regione e non tutti i neonati hanno le stesse possibilità di avere questa diagnosi precoce. Le regioni che sono più avanti – Toscana, Umbria, Sardegna e Liguria – effettuano lo screening allargato alle 40 malattie metaboliche, le altre adottano ‘panel’ più ristretti di malattie. Nessuna Regione prevede ad oggi lo screening sulle malattie rare da accumulo lisosomiale, ma ora sembra che due Regioni, Umbria e Marche,  vogliano muoversi in questa direzione.

Le malattie lisosomiali sono un ampio gruppo, per alcune di queste, – malattia di Pompe, malattia di Gaucher, malattia di Fabry e la mucopolisaccaridosi di tipo 1- sono da tempo disponibili
terapie efficaci. Si tratta di malattie ereditarie che, se non diagnosticate in tempo, possono comportare gravi danni multiorgano e condurre alla morte del paziente. L’efficacia dei trattamenti terapeutici al momento disponibili è tanto maggiore quanto tempestivo è l’intervento e una diagnosi precoce in fase asintomatica risulta  essenziale per prevenire danni irreversibili ad organi “chiave” come cuore, fegato, reni e cervello, e migliorare la qualità e le aspettative di vita dei malati.

IL PROGETTO PILOTA IN UMBRIA          

La prima ad aprire la strada alla diagnosi precoce di queste patologie tramite lo screening è stata l’Umbria grazie ad un progetto pilota portato avanti dall’Università di Perugia con il finanziamento della Regione Umbria e della Cassa di Risparmio di Città di Castello.  I primi interessanti risultati dello studio sono stati da poco pubblicati sulla rivista Clinical Chimica Acta e la testata on line Osservatorio Malattie Rare ne ha dato notizia ieri approfondendo con una intervista alla dottoressa Silvia Paciotti, che ha lavorato allo studio coordinato dal Prof. Tommaso Beccari del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Perugia.    
Il progetto pilota umbro è il primo esempio italiano di screening neonatale effettuato sulle quattro patologie. Nel corso di questo lo screening è stato eseguito su 3.403 neonati, da gennaio 2010 a giugno 2012. Tra tutti i neonati sottoposti al test 37 hanno presentato dei risultati sospetti e in seguito ad approfondimenti diagnostici uno di loro ha mostrato una riduzione dell’attività di beta-glucosidasi, indicatore della malattia di Gaucher.  “Il rapporto tra i costi e i benefici ottenuti mediante questo screening è senza dubbio a favore dei benefici. – ha spiegato la dottoressa Paciotti a Osservatorio Malattie Rare – I reagenti e le strumentazioni utilizzate per il nostro studio hanno costi contenuti e sono abbastanza diffuse nei laboratori di ricerca e analisi biochimica. L’impiego di questa tecnica di screening a basso costo darebbe la possibilità di individuare in fase asintomatica i malati permettendo un intervento terapeutico o immediato (trapianto) o nella prima fase di comparsa dei sintomi migliorando la vita dei pazienti. Inoltre la prevenzione dei danni provocati dalla patologia in atto porterebbe ad una riduzione degli interventi medico-sanitari di cui necessitano i pazienti affetti da questi disordini, limitando le spese a carico del sistema sanitario. Per ora lo screening neonatale proseguirà per tutto il 2013 e forse sarà esteso a tutta la regione Umbria”.

LE MARCHE: ANCHE QUI SI GUARDA AD UN PROGETTO PILOTA.  

Anche nelle Marche, come nella vicina Umbria, si guarda con interesse ad un progetto pilota sullo screening neonatale per le malattie lisosomiali e, contemporaneamente, si lavora alla messa a punto di un nuovo test diagnostico. Lo racconta ad Osservatorio Malattie Rare il prof. Orazio Gabrielli, dell’Università Politecnica delle Marche  – Ospedale Salesi, Centro regionale marchigiano per le malattie rare. Gabrielli è direttore della clinica pediatrica e della scuola di specializzazione in pediatria, ed è un esperto di malattie rare lisosomiali, di mucopolisaccaridosi in particolare.      
“Per ottenere una diagnosi precoce – spiega Gabrielli – ritengo che il miglior metodo sia sottoporre i neonati a un test di screening. Un test non invasivo che permette di individuare i pazienti, per poi sottoporli ad accertamenti diagnostici completi. Anche per le mucopolisaccaridosi il test di screening neonatale potrebbe rappresentare uno strumento molto prezioso. Ad Ancona stiamo sperimentando un nuovo metodo di screening che identifichi precocemente questo gruppo di patologie. Si tratta di un metodo di identificazione dei marker (glicosaminoglicani) della malattia, un test che peraltro avrebbe un costo molto basso. Il progetto pilota, sostenuto dalla rete regionale malattie rare, partirà a breve e durerà circa due anni, vorremmo infatti esaminare almeno 3000 campioni.”       
“Per le mucopolisaccaridosi – puntualizza Gabrielli – la terapia enzimatica sostitutiva si è dimostrata efficace solo nelle forme più lievi, senza coinvolgimento neurologico. E’ vero però che negli USA si stanno studiando molecole in grado di veicolare attraverso la barriera ematoencefalica l’enzima, agendo quindi anche sulle forme di malattia più gravi. Per questo auspichiamo che lo screening per le mucopolisaccaridosi, oltre che per le altre malattie metaboliche, possa un domani essere realizzato”.       
L’argomento screening è molto delicato, soprattutto per l’attuale mancanza di un coordinamento nazionale sul tema. “Per quanto mi riguarda – conclude Gabrielli – non posso che augurarmi un cambio di approccio. Sarebbe necessario portare avanti un progetto di screening neonatale omogeneo a livello nazionale, che possa tutelare i neonati italiani”.    

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