Ricordiamo il Porrajmos e lavoriamo perché la persecuzione dei rom abbia fine

MILANO –  Il 2 agosto 1944, 2897 rom furono assassinati nelle camere a gas di Auschwitz-Birkenau. Con i termini in lingua romanì “Porrajmos” e “Samudaripen” la civiltà ricorda lo sterminio di cinquecentomila (ma alcuni ricercatori parlano di oltre un milione) di rom. La persecuzione razziale dei rom non è ancora terminata.

In Italia e in molti altri paesi sedicenti “civili” il popolo rom è costretto a vivere emarginato, perseguitato dalle autorità e dai gruppi razzisti, calunniato da giornalisti e politici. A causa della persecuzione, la speranza di vita media dei rom in Europa supera di poco i 40 anni, mentre quella degli altri cittadini europei è circa il doppio. La mortalità dei bambini rom è altissima; in alcuni paesi dieci volte superiore a quella degli altri bambini. La persecuzione giudiziaria che colpisce i rom è spaventosa. Più del 50% dei rom che vivono o hanno vissuto in Italia sono stati colpiti da condanne penali. Ogni anno centinaia di bambini vengono sottratti da parte delle autorità ai legittimi genitori rom e affidati prima a comunità di accoglienza e poi a famiglie italiane. I social network riportano un numero altissimo di pagine che coprono di insulti, minacce e calunnie il popolo rom. Assai raramente le pagine vengono rimosse in seguito alle denunce. Ricordare il Porrajmos non deve essere solo la commemorazione di un giorno, ma deve ispirare un impegno quotidiano affinché i rom raggiungano al più presto la parità sociale e la repressione che li colpisce abbia finalmente fine.

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