Salute. Ricercatori italiani scoprono possibile causa Sla

MODENA – Ci potrebbero essere anche cause ambientali dietro all’insorgenza e alla progressione della sclerosi laterale amiotrofica (Sla).

Questa la conclusione cui è giunto uno studio epidemiologico-clinico condotto da un gruppo di ricerca interdisciplinare internazionale, coordinato da Marco Vinceti dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, di cui fanno parte anche statunitensi, russi e l’indagine ha effettuato per la prima volta il dosaggio delle diverse forme chimiche (cosiddetta «speciazione») di un metalloide di notevole interesse neurotossicologico, il selenio, nel liquido cerebrospinale di 38 pazienti con SLA, seguiti al Centro Sla dell’Ospedale civile di Baggiovara, e di 38 pazienti di controllo, mediante uno studio caso-controllo di popolazione.

Lo studio ha potuto mettere in evidenza due fenomeni inattesi e contrastanti: un incremento nei livelli di liquor di una rara forma inorganica del metalloide, la selenite, a conferma di una precedente ipotesi, già formulata dal gruppo di ricerca italiano dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia; una diminuzione della concentrazione di diverse specie organiche del selenio e, in particolare, della selenoproteina P, le cui esatte funzioni in ambito fisiopatologico non sono ancora ben chiare.  Lo studio nasce nell’ambito di una collaborazione tra un tradizionale filone di ricerca sugli effetti sanitari degli elementi in traccia, di cui si occupano da tempo con competenza gli igienisti modenesi, ovvero Paola Borella, Vinceti e, prima ancora, Gianfranco Vivoli, e la Clinica Neurologica dell’Ospedale civile S. Agostino-Estense di Baggiovara, diretta da Paolo F. Nichelli, dove da tempo è attivo un Centro avanzato per l’assistenza e lo studio della SLA, coordinato da Jessica Mandrioli. La collaborazione, che ha già dato origine a numerosi studi in ambito neuroepidemiologico e neurotossicologico pubblicati negli ultimi anni e che, recentemente, è stata rafforzata dall’approvazione di un progetto di ricerca nell’ambito del Bando Università-Regione Emilia-Romagna 2010-12, di cui è titolare Mandrioli, è volta essenzialmente ad identificare variazioni spazio-temporali nell’incidenza della Sla nel territorio locale e il possibile ruolo di fattori di rischio ambientali, di tipo biologico, chimico e fisico, nell’insorgenza della patologia, in aggiunta o in alternativa al ruolo della suscettibilità genetica.

«Non sappiamo se questi risultati contribuiranno a favorire la conoscenza dei meccanismi che portano all’insorgenza e alla progressione di questa gravissima patologia neurodegenerativa, anche se ovviamente – ha commentato Vinceti – questa è la nostra speranza. Constatiamo, tuttavia, come la determinazione delle singole forme chimiche di un elemento complesso e contraddittorio in ambito biomedico, come il selenio, porti a risultati assai diversi e molto più interessanti delle tradizionali valutazioni effettuate sulla base dei livelli ‘complessivì dell’elemento, confermando in pieno recenti acquisizioni sia in ambito tanto epidemiologico che tossicologico».  «In secondo luogo, i risultati che abbiamo ottenuto – ha concluso Vinceti – confermano come studi epidemiologici, basati su bioindicatori di esposizione ‘perifericì, quali il sangue o le urine, siano di interesse assai limitato per la valutazione dell’effettiva esposizione ai contaminanti ambientali da parte degli organi ed apparati specificatamente colpiti da patologie quali appunto questa malattia neurodegenerativa».

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