Carcinoma midollare della tiroide, cosa dice la biopsia con ago aspirato

E’ necessaria per confermare la diagnosi. Tuttavia, non in tutti i casi fornisce informazioni esaurienti in fase pre-operatoria. Ne parlano due studi, uno italiano

 

ROMA – Per confermare il sospetto che un nodulo tiroideo nasconda, in realtà, un carcinoma midollare un semplice esame del sangue non basta. Spesso, come primo passo, viene eseguito undosaggio della calcitonina, un ormone secreto in quantità eccessive dalle cellule C del tessuto ghiandolare quando neoplastico. Da solo, questo test non consente di confermare la diagnosi: un’ecografia, che permetta di localizzare l’eventuale presenza del tumore, e una biopsia con ago aspirato sono quindi indicate dalle linee guida per definire il quadro clinico. 
Sebbene la biopsia con ago aspirato della tiroide (chiamata FNAB, Fine Needle Aspiration Biopsy) sia un metodo diagnostico più efficace degli altri test oggi disponibili, il suo reale potere predittivo per il carcinoma midollare tiroideo non è ancora stato confermato dai risultati scientifici. Che cosa dice la biopsia con ago aspirato sulla natura di un nodulo sospetto? Ed è in grado di fornire tutte le informazioni per caratterizzare un’eventuale neoplasia in fase preoperatoria? Sono numerosi gli esperti che tentano di dare una risposta a questi quesiti. 

Ne parlano i ricercatori del Dipartimento di Chirugia della testa e collo della Ohio State Universiy, negli Stati Uniti, in uno studio pubblicato sulla rivista ufficiale dell’American College of Endocrinology e dell’American Association of Clinical Endocrinologists. Valutando le cartelle cliniche di 313 pazienti con carcinoma midollare tiroideo, raccolte nel corso di 29 anni in 12 centri specialistici di 7 nazioni, gli autori hanno cercato di confermare la corrispondenza tra il risultato della biopsia e il reale esito clinico della patologia per ogni singolo paziente. Ne hanno concluso che la biopsia, quando eseguita singolarmente come unico strumento diagnostico, non possiede sufficiente sensibilità citologica per fornire una valutazione ottimale del caso clinico: le analisi condotte lo hanno, infatti, riscontrato in oltre la metà dei pazienti inclusi nella ricerca. 

Se ne parla anche in un altro studio, pubblicato sulla stessa rivista, questa volta italiano e condotto presso il dipartimento di malattie metaboliche dell’Università di Modena e Reggio Emilia. I ricercatori italiani hanno indagato l’efficacia della biopsia, comparandola ad altri strumenti diagnostici. Seppure le osservazioni siano state fatte su un numero esiguo di casi, è stato sollevata un’altra criticità: la biopsia non sarebbe sempre in grado di distinguere un carcinoma midollare tiroideo da una iperplasia delle cellule C. 

Gli studi presentati, però, non devono trarre in inganno: la biopsia con ago aspirato rimane, comunque, un passaggio essenziale per la diagnosi di carcinoma midollare della tiroide. Una maggiore accuratezza e attenzione, di fronte alle criticità sollevate, è necessaria per garantire il massimo standard di cura e definire un intervento terapeutico appropriato. 
Lo sottolineano anche i ricercatori italiani, nel loro studio: “Il potere diagnostico della biopsia con ago aspirato rappresenta uno strumento valido per il riconoscimento precoce del carcinoma in noduli tiroidei e stabilire in modo accurato la sua localizzazione. Tuttavia non è in grado di distinguere una massa tumorale dall’iperplasia delle cellule C. Nonostante ciò, questa tecnica rimane essenziale, soprattutto se si considera che altri test non consentono di ottenere una diagnosi certa: dovrebbe quindi essere applicata ogni qualvolta ci sia un nodulo tiroideo sospetto.”

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