Il Mediterraneo costantemente aggredito dalle grandi navi

Il turismo da crociera saccheggia risorse ambientali e restituisce poco o nulla ai territori, in particolare a quelli interessati dagli attracchi. Via le grandi navi da Venezia”

ROMA – Il Mediterraneo è una delle aree in cui si concentra gran parte dell’attività crocieristica. Ogni giorno dai principali porti italiani partono, infatti, numerose navi da crociera, veri e propri palazzi galleggianti, che attraversano il Tirreno e l’Adriatico. Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale del Turismo, Venezia, Trieste, Savona e Genova sono i quattro porti che registrano più imbarchi e sbarchi rispetto ai transiti. Un mercato turistico, quello delle navi da crociera, che sembra non conoscere crisi nonostante qualche lieve calo registrato tra il 2011 e il 2012, anche in seguito all’incidente della Concordia all’Isola del Giglio. Un traffico crocieristico che minaccia costantemente il Mediterraneo e l’intero ecosistema marino. A ricordarlo è la Goletta Verde Straordinaria di Legambiente, che nel suo terzo giorno di navigazione al seguito della Concordia diretta a Genova, oggi farà tappa a Porto Venere alle Cinque Terre, vicino a La Spezia, per incontrare Vittorio Alessandro, presidente del Parco Nazionale della Cinque Terre e parlare del traffico crocieristico. Proprio il vicino porto di La Spezia ha registrato in poco tempo un incremento del traffico crocieristico: nel 2013 è entrato a far parte degli itinerari delle più importanti compagnie crocieristiche internazionali grazie all’inaugurazione della nuova banchina passeggeri al molo Garibaldi e alla ristrutturazione dell’ex sede della dogana per l’accoglienza dei passeggeri. Eppure nonostante ciò la città ligure non trae grandi benefici dal passaggio delle navi da crociera, che hanno per altro un forte impatto su un territorio delicato come quello delle Cinque Terre.

I numeri che ruotano intorno al mondo delle crociere sono davvero impressionanti: in Italia nel 2011 il movimento dei passeggeri nei porti italiani, inteso come somma di imbarchi-sbarchi e transiti registrati dai porti crocieristici, ha superato la soglia degli 11 milioni; per poi scendere lievemente nel 2012 sotto gli 11 milioni, quota poi superata nel 2013 (fonte Risposte Turismo). Lo scorso anno i porti di Venezia, Trieste, Savona e Genova sono stati i quattro porti italiani che hanno registrato più imbarchi e sbarchi rispetto ai transiti. Con oltre 1,5 milioni di crocieristi movimentati Venezia si conferma anche in termini assoluti il porto con il maggior numero di imbarchi e sbarchi seguito da Civitavecchia e Savona, rispettivamente con 990mila e 670mila. Civitavecchia guida, invece, la classifica dei crocieristi in transito (1,5 milioni), senza dimenticare che dalla città laziale si stima che ogni giorno di alta stagione non meno di 300 pullman partono alla volta di Roma, un serpentone di quasi quattro km che ogni giorno intasa il grande raccordo anulare della Capitale. Risultato finale? Traffico intenso in mare e in strada. Senza contare l’impatto ambientale, territoriale e paesaggistico che provocano, il possibile rischio di incidenti ed infine il limitato impatto sul sistema economico del turismo italiano soprattutto se si pensa che le “spese a terra” arrivano complessivamente appena a 71,4 milioni di euro a fronte di una spesa totale per le crociere di circa 4,4 miliardi (fonte: Ente Bilaterale Nazionale del Turismo, Report 2012). Molti dei profitti del turismo crocieristico si basano soprattutto sulle escursioni a terra in località spesso distanti dal luogo di attracco, che di conseguenza non beneficia neppure economicamente del passaggio delle navi da crociera.

Per questo oggi Legambiente con la Goletta Verde Straordinaria, edizione speciale della celebre campagna dell’associazione ambientalista realizzata con il contributo di Petroltecnica, è tornata a ribadire il proprio no alle grandi navi nelle aree sensibili naturali e di alto pregio storico-culturale come ad esempio l’Arcipelago toscano, il Santuario dei Cetacei e la laguna di Venezia, tre patrimoni che vanno tutelati e protetti e non più aggrediti e sfruttati.

“Quello crocieristico – dichiara Sebastiano Venneri, responsabile mare di Legambiente – è un turismo che ha conosciuto una vera e propria escalation grazie a un’esternalizzazione dei costi ambientali e ad un’assenza di regole che ha favorito un “attracco selvaggio”. Il naufragio della Concordia impone un ripensamento di un settore che saccheggia risorse ambientali e restituisce poco o nulla ai territori, in particolare a quelli interessati dagli attracchi. È necessario allontanare subito le grandi navi dal centro di Venezia e riorganizzare il sistema delle escursioni a terra per evitare che migliaia di persone insistano su territori delicati mettendone a rischio l’integrità”.

Caso emblematico legato alle grandi navi è appunto quello di Venezia, dove continuano a passare navi di ogni dimensione nel canale della Giudecca e nel Bacino di San Marco. A marzo 2014 è arrivata la decisione del Tar del Veneto di sospendere il divieto di circolazione delle grandi navi nella laguna. Una decisione che fa male all’ambiente e alla città lagunare. Legambiente ricorda tra l’altro che Venezia convive con uno dei S.I.N. (Sito d’Interesse Nazionale) più estesi d’Europa, un’enorme area contaminata in abbandono e da bonificare che occupa una superficie a terra di 3.221 ettari, mentre quella relativa alle porzioni in mare è di 2.200 ettari, cui si aggiungono ulteriori 350 ettari di canali portuali. Pianificare il futuro della città e dell’attività portuale partendo dalla rigenerazione di una parte di territorio abbandonato e tragicamente inquinato, rappresenterebbe una straordinaria opportunità, un obbligo sociale e urbanistico. Per questo l’associazione ambientalista ha più volte proposto come soluzione lo spostamento della stazione marittima per le navi da crociera a Marghera, lontano dal fragile cuore della città. In questo modo si eviterebbe infatti il passaggio delle grandi navi all’interno del Canale della Giudecca e del bacino di San Marco e allo stesso tempo si consentirebbe una pianificazione integrata di tutta l’area comunale attraverso il recupero e rilancio della zona industriale dopo gli anni di abbandono seguiti alla crisi del ciclo della chimica.

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