Il profeta in lacrime

MILANO – Bambine imbottite di esplosivo e costrette a farsi saltare in aria, portando con se tanti altri innocenti. Bambini rapiti e trasformati in aguzzini e killer.

Ragazzini scannati perché si sono distratti un attimo durante la preghiera o fucilati in piazza perché hanno guardato in tv una partita di calcio della nazionale. Chiese date alle fiamme, cristiani trucidati o bruciati vivi, ma non solo loro: anche i mistici sufi, che predicano la pace. Massacri, torture, sgozzamenti. Folle che scendono in piazza con gli occhi iniettati di sangue, minacciando nuove torture, nuovi sgozzamenti, nuovi roghi, nuove esecuzioni. Atrocità si aggiunge ad atrocità, su questo pianeta che è sempre più simile all’inferno descritto da mitologie e fedi religiosi. Un pianeta in cui tutto è in vendita, anche il futuro dei popoli e dell’ambiente, dove predazione e crudeltà sono preferite a solidarietà e compassione e ai deboli non resta neanche la speranza. Se l’essere umano è fatto a immagine del divino, cosa c’è di più blasfemo del sangue innocente, quando viene versato? Della paura, quando si sovrappone alla fede? Della sottomissione, quando viene imposta nei cuori umani che anelano naturalmente a essere liberi? Di fronte a tanto indicibile orrore, il profeta in lacrime che campeggia sulla copertina di Charlie Hebdo non pare davvero un’immagine blasfema, ma ci raggiunge – nonostante il tratto umoristico con cui è rappresentato –  con la forza di una moderna icona, ricordandoci che senza pietà, anche la spiritualità si dissolve e non saranno fiumi di lacrime e sangue a riempire il vuoto che lascia nella cultura e nella coscienza della nostra civiltà. 

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