Siria. E’ allarme umanitario dopo raid russi

DAMASCO – Peggiora ulteriormente la situazione umanitaria nel nord della Siria, con l’intensificarsi dei raid aerei russi che hanno paralizzato le rotte usate per il trasporto di aiuti.

Lo denunciano le agenzie umanitarie, che accusano la Russia di colpire anche panetterie e ospedali, uccidere e menomare sempre più civili. Iniziati il 30 settembre su richiesta del presidente Bashar al-Assad, i raid russi in Siria sono aumentati dopo l’abbattimento di un Su-24 da parte di due F-16 turchi al confine con la Turchia e l’uccisione di un pilota da parte dei ribelli siriani. Nel mirino dei caccia russi anche i valichi di frontiera e le strade usate per la consegna di aiuti umanitari provenienti dalla Turchia, il che ha costretto molte agenzie umanitarie a interrompere o ridurre le loro operazioni nella zona, aumentando la sofferenza di milioni di persone, come ha riferito in un rapporto l’Ufficio Onu per il coordinamento degli Affari umanitari. Colpiti anche ospedali e strutture sanitarie, riducendo così la possibilità di curare i feriti. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, almeno 20 strutture mediche in Siria sono state colpite dal lancio dei raid russi il 30 settembre. ”Questa è una crisi umanitaria in crescita. C’è una sofferenza estrema e le persone non sono protette”, ha detto Rae McGrath, direttore dell’agenzia americana Mercy Corps per la Turchia e la Siria settentrionale, che dall’inizio dei raid russi ha distribuito solo un quinto di quanto fornisce normalmente. ”Stiamo notando anche un alto aumento di vittime civili. Sempre più persone vengono colpite dall’intensificarsi dei bombardamenti – ha detto McGrath – E’ difficile immagine che le condizioni in Siria possano peggiorare, ma è quello che è accaduto”.

Nelle ultime settimane la Russia ha aumentato i suoi raid nelle zone controllate dal sedicente Stato Islamico (Is) nella Siria orientale, ma in base a funzionari militari americani, operatori umanitari e gli stessi rapporti dell’esercito russo suggeriscono che la maggior parte dei raid sono stati condotti sulle province nordoccidentali di Latakia, Aleppo e Idlib in mano ai ribelli, da quelli moderati sostenuti dagli Usa al Fronte al-Nusra legato ad al-Qaeda. Qui vivono milioni di persone, tra cui centinaia di migliaia di sfollati dai combattimenti in altre zone. Un funzionario Onu ha detto a condizione di anonimato dal sud della Turchia che l’intervento russo ha prodotto circa 260mila nuovi sfollati. Un rapporto delle Nazioni Unite denuncia quindi che dal 24 novembre è stato colpito un silo di grano che riforniva la provincia di Idlib, dieci panetterie che servivano almeno 200mila persone e numerosi mulini e magazzini di farina. In una zona di Aleppo controllata dall’Is è stato bombardato un impianto di depurazione idrica, lasciando senza acqua potabile 1,4 milioni di persone. Tre volte in cinque giorni è stato poi colpito un centro di ritrovo dei camionisti che prendono i beni provenienti dalla Turchia vicino al valico di Bab al-Salameh, interrompendo così la distribuzione di aiuti umanitari, ma anche di cibo, carburante e altri beni.

Tra gli ospedali colpiti dall’inizio dei bombardamenti russi, ci sono nel nord della Siria 12 strutture sostenute da Medici Senza Frontiere, come ha detto Pablo Marco, che si occupa dei programmi dell’organizzazione nel Paese. ”La frequenza dei bombardamenti sugli ospedali o molto vicino a essi è sufficiente per far pensare che siano attacchi mirati”, ha detto. Attacchi che non hanno però prodotto conquiste significative per la truppe di Assad sul campo, ma solo colpito infrastrutture nelle zone in mano ai ribelli, ma danneggiando la popolazione civile. Attacchi che rendono ancora più difficile il processo di pace avviato il mese scorso a Vienna dai leader mondiali, come ha fatto notare il segretario generale del Consiglio norvegese per i rifugiati, Jan Egeland, uno dei gruppi che hanno sospeso le operazioni umanitarie in Siria a seguito degli attacchi. ”I civili sono privati di luoghi sicuri dove scappare. Scuole, mercati e panifici vengono bombardati, donne e bambini sono nel mirino – ha detto – Come operatori umanitari sul campo, temiamo che l’aumentato intervento militare minerà ancora una volta le speranze di veri colloqui di pace”.  

 

Condividi sui social

Articoli correlati