Il documento da approvare a fine luglio sarà poi sottoposto all’adozione da parte del Summit delle Nazioni Unite in programma a settembre.
“Mentre manca poco tempo per finalizzare un accordo che potrebbe e dovrebbe cambiare la situazione, molto è ancora in bilico. Milioni di rifugiati sono in disperato bisogno d’aiuto: l’86 per cento di loro si trova in paesi a basso e medio reddito spesso dotati di insufficienti risorse per ospitarli mentre molti dei paesi più ricchi del mondo sono tra quelli che meno ne accolgono e poco s’impegnano” – ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.
“Al Summit delle Nazioni Unite di settembre, oltre 150 capi di stato e di governo getteranno le basi di un nuovo quadro globale per affrontare la crisi dei rifugiati. Dovremmo essere alla vigilia di un evento di portata storica e invece quello che si profila all’orizzonte è un fallimento di analoghe proporzioni, a causa della priorità che alcuni stati sono intenzionati a dare ai loro interessi egoistici nazionali a scapito dei diritti dei rifugiati” - ha aggiunto Shetty.
“Ma c’è ancora tempo per fare un passo indietro dal precipizio. Insieme a milioni di nostri sostenitori nel mondo, noi di Amnesty International diremo chiaro e tondo ai leader mondiali che un fallimento non sarà accettato” – ha sottolineato Shetty.
È dal novembre 2015 che il segretario generale Onu Ban Ki-moon chiede un nuovo approccio rispetto ai grandi movimenti di rifugiati e migranti. Nel maggio 2016, in un rapporto all’Assemblea generale, ha presentato una serie di proposte tra cui quella di un Global compact condiviso a livello internazionale sui rifugiati e sui migranti. Il piano finale verrà approvato a fine luglio per essere adottato il 19 settembre, al primo vertice di alto livello sui rifugiati e sui migranti convocato nell’ambito dell’Assemblea generale, descritto come “un’opportunità storica per definire una migliore risposta internazionale”.
Un aspetto centrale del nuovo accordo è la condivisione globale delle responsabilità: nessuno stato dovrebbe ospitare più della sua giusta quota di migranti e rifugiati e tutti gli stati dovrebbero riconoscere la loro responsabilità, legalmente vincolante, di rispettare i diritti umani delle persone costrette a lasciare le loro terre a causa della guerra o della persecuzione.
Attualmente, alla condivisione delle responsabilità molti stati preferiscono la delega della responsabilità: un’idea di corto respiro e, a lungo termine, perdente.
Amnesty International ha proposto agli stati membri delle Nazioni Unite un piano in cinque punti sulla condivisione delle responsabilità per quanto riguarda un’ospitalità e un’assistenza eque, basate su criteri oggettivi tra cui il prodotto interno lordo e i livelli di disoccupazione.
Tuttavia, i governi paiono sul punto di respingere gli obiettivi del summit di settembre per tutta una serie di ragioni e persino la frase “condivisione delle responsabilità” è a rischio. Il risultato è che il Global compact sui rifugiati sarà rinviato al 2018 perché alcuni stati insistono che debba essere data assoluta priorità a un Global compact sull’immigrazione.
Dietro tutte le scuse si rivelano, secondo Amnesty International, una mancanza di volontà politica, la predisposizione a tollerare la sofferenza del tutto evitabile di milioni di persone, la costruzione di ulteriori barriere e il desiderio di lasciare che tutto resti così.
“Ma il tempo perché tutto resti così è ampiamente cessato. Di fronte alla realtà che i paesi ricchi non fanno abbastanza per ospitare e assistere i rifugiati, è arrivato il tempo della condivisione delle responsabilità che è alla base del Global compact. I paesi ricchi e influenti devono smetterla di avanzare scuse e di far valere il loro peso” – ha detto Shetty.
“In passato, la comunità internazionale è stata unita quando si è trattato di reagire a crisi dei rifugiati e di recente le Nazioni Unite hanno individuato meccanismi condivisi per affrontare sfide globali di eguale dimensione. Un meccanismo concreto di condivisione delle responsabilità potrebbe salvare milioni di persone dalla miseria e dalla morte per annegamento o malattia, offrendo ai rifugiati percorsi reali, legali e sicuri di fuga dalla guerra e dalla persecuzione” – ha concluso Shetty.