Il prezzo della salute. Il costo di vivere nell’Italia delle diseguaglianze sociali

Reddito e ambiente socio-culturale sono due dei requisiti per riuscire a vivere qualche anno in più.  A confermarlo i dati ISTAT: la speranza di vita si abbassa di 5 anni e mezzo da un dirigente a un operaio e il rischio di morire cresce con l’abbassarsi del titolo di studio. 

Una disuguaglianza che è anche fortemente legata all’ambiente di lavoro: come non ricordare la situazione e le polemiche che ormai da tempo coinvolgono l’ILVA di Taranto, o le recenti preoccupazioni per i fumi arancioni dell’AST di Terni, senza tuttavia dimenticare le vicende della famigerata “Terra dei fuochi” nel campano. 

A fronte di queste problematiche, c’è da considerare il progressivo mal funzionamento del sistema sanitario nazionale che certo non incentiva la prevenzione. In Italia due milioni di persone rinunciano a farsi curare perché le liste di attesa sono troppo lunghe e altre cinque milioni evitano il medico perché non hanno abbastanza soldi e non possono permetterselo.

È questa l’ultima fotografia-choc, scattata nel dicembre 2018, dall’Istat sullo stato delle famiglie nel nostro Paese. Circa il 47% dei pazienti intervistati ha dichiarato di aver interrotto almeno un percorso sanitario per la difficoltà nel sostenere i costi o per motivi attinenti all’organizzazione dell’offerta dei servizi (logistica, liste d’attesa, prenotazioni).

Nel 2016 la spesa sanitaria è stata di 149 miliardi incidendo per l’8,9% sul Pil, ed è stata sostenuta per il 75% dal settore pubblico e per la restante parte dal settore privato. Il 90% della spesa del settore privato grava sulle famiglie con un peso di 37 miliardi e 318 milioni di euro, incidendo per il 2,2% sul Pil, con un corrispettivo di 2 466 euro pro-capite. La prima componente di spesa, secondo l’ISTAT, va all’assistenza per la cura e la riabilitazione, mentre la seconda per l’acquisto di prodotti farmaceutici e altri apparecchi terapeutici.

Una spesa importante che lievita di anno in anno e che in Italia, dal 2007 al 2016, ha visto raddoppiare a oltre 4 milioni le persone che versano in condizioni di “povertà assoluta”.

Un sistema, quello sanitario, che tra l’altro incentiva sempre più per i problemi sopra elencati, la cosiddetta attività intramoenia dei medici ospedalieri: prestazioni con zero tempi d’attesa, erogate fuori dal normale orario di lavoro a fronte però di una tariffa pagata dal paziente ben più esosa rispetto al normale ticket. E chi invece dispone di maggiori possibilità economiche è spinto a rivolgersi a un sistema privato di assicurazione sanitaria. Un sistema che attualmente è stato definito da molti sociologi “folle”: la vita diventa “prezzo” in un sistema sanitario, che una volta era invidiato da tutto il mondo, mentre oggi non fa che aumentare ulteriormente le diseguaglianze.

L’autere Elia Franciosa  è uno studente del 5° anno del Liceo Scientifico E.Q. Majorana di Orvieto, vincitore del Premio “Romeo Bassoli” #dilloagalileo per l’edizione 2019 di OrvietoScienza

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