Amnesty International, in piazza contro la pena di morte

ROMA – Un giorno per ricordare la pena di morte nel mondo. 24 ore per scandire il ritmo di un cuore in sospeso tra la vita e la morte. Il 10 ottobre per parlare di tortura e degli aspetti crudeli e disumani della pena capitale. Lo fa Amnesty International con una giornata che richiama l’attenzione su una pratica spietata dove s’investe l’uomo del diritto di uccidere un suo simile.

Chi sono i condannati a morte. Che cosa hanno fatto? Troy Davis è stato giustiziato con un’iniezione letale nel carcere di Jackson in Georgia. Sulla sua colpevolezza c’erano stati seri dubbi, manifestati anche da William Sessions, ex giudice ed ex direttore della Cia: testimoni che ritrattano, coercizioni da parte della polizia. Troy aveva 19 anni quando è entrato in carcere per l’omicidio di un agente di polizia, Mark MacPhail, nel 1989 a Savannah. È morto all’età di 42, dopo una lunga attesa. Una prolungata agonia ha colmato i vuoti di una vita passata in una cella di pochi metri quadrati.

Che sia colpevole o innocente, a cosa importa. I morti non tornano indietro. E allora Amnesty scende in piazza per ricordare al mondo quanto sia importante fermare il braccio del boia e porre un freno a questa catena di omicidi che fa fatica ad arrestarsi. “Il trattamento riservato a Troy Davis si può paragonare alla tortura, soprattutto quando più volte si è trovato a poche ore dalla morte, dopo aver già dato i suoi ultimi addii”, furono le tristi parole di Brian Evans di Amnesty quando venne decretata l’ora della sua morte.

Secondo gli ultimi dati di Amnesty International, 139 paesi hanno abolito la pena capitale nella legge o nella pratica mentre 58 sono quelli che ancora la mantengono in vigore. E fra questi sono gli USA a detenere il primato dei diversi tecniche per metter fine alla vita di un uomo: iniezione letale, sedia elettrica, camera a gas, impiccagione, fucilazione. “Uno Stato che uccide svilisce il valore della vita e, per primo, insegna che uccidere è giusto”, sostiene Amnesty che da oltre 50 anni combatte per i diritti umani. “La tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumane o degradanti sono chiaramente e inequivocabilmente proibite dalla legislazione internazionale inerente i diritti umani e dalle leggi umanitarie internazionali”. Chi pensa che tali trattamenti siano riservati soltanto oltre oceano non ha fatto i conti con la Bielorussia, dove la pena capitale è ancora viva e vegeta. Nonostante la richiesta ufficiale da parte del Consiglio per i diritti umani dell’ONU di applicare la moratoria sulle esecuzioni, lo scorso anno in Bielorussia sono state emesse almeno tre nuove sentenze capitali.

Questa giornata è stata voluta da una vera e propria Coalizione mondiale contro la pena di morte (World Coalition Against Death Penalty – WCADP). Si tratta di una coalizione internazionale fondata a Roma nel 2002 e composta di organizzazioni impegnate nel campo dei diritti umani, di associazioni legali, di sindacati e di autorità locali e regionali che hanno unito le forze per lavorare insieme con l’obiettivo di eliminare la pena di morte nel mondo. Oltre ad Amnesty International, vi aderiscono la Fédération Internationale des Droits de l’Homme (FIDH), Penal Reform International (PRI), la Fédération Internationale de l’Action des Chrétiens pour l’Abolition de la Torture (FIACAT), Madri contro la pena di morte e la tortura, la Comunità di Sant’Egidio, la Regione Toscana ed i comuni di Matera, Reggio Emilia e Venezia, la Coalizione italiana contro la pena di morte, il Comitato Paul Rougeau nonché alcune associazioni attive in paesi mantenitori come Forum 90 in Giappone e Journey of Hope negli USA.

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