In viaggio con Anne Frank: il film-documento a Costanzana nel Giorno della Memoria

VERCELLI –  Costanzana è un piccolo comune della provincia di Vercelli. Si trova a 15 chilometri da Casale Monferrato.

La regione del Monferrato ha una lunga storia legata all’ebraismo, che iniziò nel 1492, anno dell’espulsione degli ebrei dalla Spagna. Per commemorare la Giornata della Memoria 2012, la Pro Loco di Costanzana ha organizzato la proiezione del film storico “In viaggio con Anne Frank” di Dario Picciau e Roberto Malini. Tale proiezione è stata voluta dalla comunità di Costanzana per ricordare  la persecuzione e lo sterminio del popolo ebraico durante la Shoah. La data scelta è quella del 22 gennaio.

In viaggio con Anne Frank

Ign intervista Roberto Malini. L’opera ricostruisce la vicenda della giovane autrice del ‘Diario’ ripercorrendo le tappe della sua breve vita dall’arresto nell’alloggio segreto di Amsterdam alla morte per tifo nel lager di Bergen-Belsen.

L’amica di infanzia di Anne Frank, Hanneli Pick-GoslarRoma, 25 gen. – (Ign) – ‘In viaggio con Anne Frank’ dall’alloggio segreto di Amsterdam, dove la giovane ebrea scrisse il suo famoso ‘Diario’, fino al campo di sterminio di Bergen-Belsen. È l’itinerario proposto nel film-documentario di Roberto Malini e Dario Picciau. L’opera, realizzata dalla Visions e coprodotta da Mediaset e Zdf Enterprises, grazie a una serie di incontri con i sopravvissuti, ricostruisce la vicenda di Anne Frank ripercorrendo le tappe della persecuzione degli ebrei durante il Nazismo: l’applicazione delle leggi razziali, la creazione dei ghetti, il passaggio nei campi di transito, l’internamento nei luoghi di sterminio. Con gli autori che da molti anni sono impegnati per la memoria della Shoah, hanno parlato per la prima volta in assoluto alcuni testimoni del genocidio nei Paesi Bassi, oltre all’amica del cuore di Anne, Hanneli Pick-Goslar, che la frequentò quotidianamente durante la loro infanzia e prima adolescenza. Il film è andato in onda per la prima volta sabato 27 gennaio 2007, Giorno della Memoria, in una puntata speciale di ‘Appuntamento con la storia’.

Malini, perché un documentario su Anne Frank?

Il nostro documentario consente allo spettatore di osservare gli stessi eventi con l’occhio del ricercatore o del cronista. Grazie ai documenti storici e ai testimoni, alcuni dei quali hanno parlato con noi per la prima volta in assoluto, abbiamo ricostruito le vicende che accaddero realmente ad Anne Frank e agli altri ebrei che vivevano in condizioni simili alle sue. ‘In viaggio con Anne Frank’ risponde alle domande che si pone chi legge il Diario o assiste ai film dedicati alla giovane ebrea tedesca. Com’era Anne da bambina e poi da adolescente, con le sue amiche? Possedeva davvero il dono dell’ottimismo e quella forza d’animo che traspaiono dalle pagine del Diario? Che cosa le accadde dopo l’ultima pagina di quel libro? Chi tradì la sua famiglia e i suoi amici, per un pugno di fiorini? Abbiamo svolto un’indagine meticolosa, raggiungendo luoghi della Storia e testimoni in grado di fornirci altri tasselli di una verità tragica. ‘In viaggio con Anne Frank’ segue l’autrice del Diario ancor più da vicino rispetto ad altri documentari importanti, come ‘Ricordando Anne Frank’ o ‘Gli ultimi sette mesi di Anne Frank’.

Quanto lavoro c’è stato dietro? Le ricerche, le testimonianze raccolte, il contributo dello Yad Vashem…

Il lavoro preparatorio è stato decisamente complesso. Le basi, naturalmente, si fondano sulla nostra ricerca storica dedicata ad Anne Frank , alla Shoah in Olanda e – più in generale – all’Olocausto, che è iniziata tanti anni fa si è concretata in diversi progetti, fra cui I libri “Le 100 Anne Frank”, “Insegnare l’Olocausto” e “Un diverso Olocausto”, la sceneggiatura e la regia del lungometraggio “Cara Anne – Il dono della speranza” e i brevi film-documenti “Binario 21” e “Grüne Rose”(che sarà proiettato in anteprima a Firenze il 27 gennaio prossimo). Quindi abbiamo stilato un piano di incontri con i testimoni della Shoah in Olanda, per seguire da vicino la vita di Anne Frank dall’infanzia alla clandestinità e soprattutto gli eventi che le accaddero dopo l’arresto. I sopravvissuti ci hanno aperto le porte delle loro case, gli album di fotografie e soprattutto hanno compiuto ogni sforzo per ricordare eventi che risalgono a più di sessant’anni fa. Hanneli Pick-Goslar, coetanea di Anne Frank, conobbe la protagonista del documentario quando aveva solo quattro anni. Spinte da una simpatia istintiva, le due bimbe, entrambe fuggite dalla Germania di Hitler nel 1933, divennero subito amiche del cuore e si frequentarono quasi quotidianamente fino al giorno in cui la famiglia Frank si rifugiò nel nascondiglio di Prinsengracht 263. La Goslar, che oggi è bisnonna, per un caso singolare del destino, incontrò ancora l’amica nel lager di Bergen-Belsen, pochi giorni prima della sua morte, a causa del tifo e delle privazioni. Hanneli ha ricordato per noi vicende che lei stessa pensava di aver dimenticato. Il suo apporto è stato prezioso, come quello di Mirjam Pinkhof, eroina ella resistenza olandese, che salvò dalla deportazione settanta bambini ebrei, fra i quali tante ‘Anne Frank’, alcune delle quali sono ancora vive. Halina Birenbaum, sopravvissuta ad Auschwitz e Majdanek, ha ricostruito la scena apocalittica che Anne Frank vide quando scese dal treno. Gli ospiti del ricovero per anziani ebrei olandesi di Gerusalemme e testimoni come Ruth Bondi o Simha Appelboim ci hanno aiutato a descrivere le realtà del campo di transito di Westerbork e del luogo di morte che si chiamava Bergen-Belsen. Il contributo del museo memoriale Yad Vashem di Gerusalemme è stato fondamentale. Il direttore Avner Shalev, lo storico principale Dan Michman e molti altri funzionari ed esperti hanno aperto per noi gli archivi più importanti del mondo e ci hanno consentito di girare alcune riprese all’interno dei loro spazi. Grazie al loro supporto abbiamo immortalato scene indimenticabili. Per esempio, il violinista di Auschwitz, Jacques Stroumsa, che suona ancora il suo strumento nella Valle delle Comunità…

Perché la necessità di utilizzare la Virtual History? Non c’è il rischio di confondere i piani realtà-finzione, affrontando poi un tema così delicato…

La ‘Virtual History’ è una nuova frontiera dell’animazione tridimensionale, una nostra invenzione che consente, lavorando con particolari software, di ricostruire in grafica 3d luoghi e personaggi della Storia, in base a fotografie. Pochi sanno, per esempio, che non esiste un solo fotogramma girato ad Auschwitz durante il nazismo. Possediamo solo filmati successivi alla Liberazione. Quando la voce narrante parla di Auschwitz-Birkenau, nei documentari girati fino a ieri non si vedono in realtà immagini di quel campo, ma di Mauthausen, Buchenwald o Dachau. Grazie alla ‘Virtual History’, il documentario ‘In viaggio con Anne Frank’ consentirà agli spettatori di vedere veri e propri filmati d’epoca ripresi all’interno della ‘Fabbrica della morte’, di Westerbork e di Bergen-Belsen. Si tratta di immagini virtuali, ma ricostruite con totale fedeltà ai luoghi storici, in base alle fotografie che abbiamo rintracciato negli archivi. In alcune sequenze si vedranno anche Anne Frank e i suoi familiari, come se una telecamera di dell’epoca li avesse ripresi. E’ un omaggio che la tecnologia dedica alla memoria, un piccolo viaggio nel tempo e un modo nuovo di leggere la Storia: da vicino, con grande rispetto e l’occhio di un cronista virtuale, sempre attento a non modificare la realtà degli eventi.

Cosa è rimasto a voi alla fine di questo viaggio con Anne?

Non è stata solo la realizzazione di un progetto a cui tenevamo tantissimo, ma anche e soprattutto una grande esperienza umana. Non a caso, ci siamo recati nello stato di Israele durante il recente conflitto con il Libano. Niente al mondo ci avrebbe indotti a rimandare quegli appuntamenti a Haifa, Gerusalemme, Tel Aviv. I testimoni ci aspettavano e quell’attesa li faceva sentire più vicini alla stessa Europa da cui erano fuggiti sessant’anni fa, dopo che il nazismo l’aveva trasformata in un inferno, dopo che la Soluzione Finale aveva massacrato la maggior parte dei loro cari. Aspettando il momento del nostro incontro, grazie a internet e alle conversazioni telefoniche, eravamo già entrati in confidenza con alcuni dei sopravvissuti, che sono adesso fra i nostri amici più cari. Lo stesso vale per gli uomini e le donne del museo Yad Vashem: quando si lavora nel campo ella Shoah, succede che si condividano, oltre alle conoscenze e allo studio, momenti di commozione e pianto.

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