L’FBI chiude Megaupload

ROMA – L’FBI arresta in Nuova Zelanda, un cittadino tedesco con attività a Hong Kong, perché ha un server in USA.

La società fondatrice dei siti, Megaupload Ltd, con sede a Hong Kong – recita l’atto d’accusa – ha guadagnato oltre 175 milioni di dollari da attività criminali e provocato perdite per oltre 500 milioni di dollari ai proprietari di diritti d’autore. Le autorità hanno anche disposto l’arresto di quattro impiegati dell’azienda a Auckland, in Nuova Zelanda, con le accuse di violazione del copyright e riciclaggio di denaro.
Megaupload è un sistema utilizzato da oltre 150 milioni di utenti registrati, con 50 milioni di utenti ogni giorno, pari al 4% del traffico totale di Internet.
Tra i fondatori della società c’è Kim Schmitz, o Kim DotCom cittadino tedesco di 37 anni, CEO di Megaupload. Mr. Kim è un ex hacker e in passato è stato arrestato per furto di dati, insider trading, appropriazione indebita e condannato per frode informatica e ricettazione.

Nel momento in cui le autorità americane chiudevano Megaupload, Anonymous un noto gruppo di hacker mandava in tilt i siti dell’FBI e del Dipartimento di Giustizia USA, della Universal Music e di altre case discografiche.
Senza aspettare l’approvazione del Congresso delle nuove leggi SOPA e PIPA, ecco il primo esito del giro di vite per la lotta alla pirateria voluto dalle major dell’industria dei contenuti (film, musica,serie TV, ebook…) protetti da diritti. Gli inquirenti, comunque dichiarano, che i reati contestati alla società cinese, non hanno nulla a che fare con le super criticate proposte di legge.

Megavideo (una delle 18 società di Megaupload, molto popolare in Italia) era il server più usato per guardare film e serie tv in streaming online caricate illegalmente. Di base il servizio era gratuito, ma era possibile attivare un account premium a pagamento con maggiori funzionalità. Megaupload, attraverso il suo legale, fa sapere che considera le accuse inconsistenti, prima che il sito venisse chiuso, appariva sulla home page un messaggio che affermava:“la grande maggioranza del nostro traffico ha a che fare con contenuti legali. Siamo qui per restare”. Gli utenti in sommossa, testimoniano di come in molte situazione i video caricati in maniera autonoma dagli utilizzatori, venissero rimossi con la dicitura “cancellato a causa di una violazione” (di copiright, ndr). Chi per ora ci rimette di più sono coloro i quali hanno uploadato – pagando – sui server dei documenti personali ed importanti, che ora – e forse per sempre – saranno inaccessibili.

Il giorno dopo le proteste mondiali e le mobilitazioni contro SOPA e PIPA, sia i candidati repubblicani alla Casa Bianca che il Presidente in Carica, si sono detti contrari ai provvedimenti proposti nei disegni di legge. Di fatto gli Stati Uniti con una sorprendente operazione internazionale hanno bloccato le attività di una società con sede fuori dal proprio territorio nazionale.
Internet e l’industria del copyright dovranno prima o poi trovare una forma di pacifica convivenza. Come e quando rimane al momento impossibile da capire.
Intanto –  http://109.236.83.66  – megaupload is back! Recita il dominio provvisorio che annuncia che si lavora per tornare “on air”.

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