Il Cavaliere e la questione del Quirinale

Mancano solo poco più di due anni alle elezioni presidenziali, cui punta da sempre il magnate di Arcore. Un vero e proprio incubo per molti italiani

ROMA – Fra poco più di due anni si porrà una delle questioni più spinose della storia, non sempre felice, della Repubblica: l’elezione del nuovo inquilino del Quirinale. Nella primavera del 2013, infatti, Giorgio Napolitano dovrà lasciare il suo incarico, svolto fra luci e ombre ma sempre con una dedizione particolare al suo ruolo “super partes”. La Costituzione prevede che qualsiasi cittadino di età superiore ai 50 anni che gode dei diritti politici possa essere eletto dalle Camere riunite, con la partecipazione di tre delegati dei Consigli regionali (uno per la Valle d’Aosta). Si tratta di un collegio elettorale di più di mille persone. Per i primi tre turni, la Costituzione richiede una maggioranza qualificata (2/3), mentre dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta (50,1%).

Ad oggi, soltanto alcuni Presidenti della Repubblica (Cossiga, Ciampi) sono stati eletti molto velocemente, perché c’era stato un accordo fra i partiti. Napolitano è stato eletto con una maggioranza di centro-sinistra (Prodi aveva appena vinto le elezioni dell’aprile 2006, anche se per pochi voti di vantaggio). Ma nella primavera del 2013 la questione quirinalizia potrebbe sconvolgere l’assetto strutturale della Repubblica italiana, perché a conquistare quella poltrona punta oramai da sempre l’attuale premier Silvio Berlusconi.

Se mai maturerà una candidatura del genere, chiunque abbia un minimo di onestà personale non può disconoscere che si tratterebbe della persona meno indicata a svolgere le funzioni di prima carica dello Stato. Il mandato di Napolitano termina nel maggio 2013 (è stato eletto il 15); quindi, qualora l’attuale legislatura duri fino a quel punto (cosa molto improbabile), le forze politiche dovranno concordare una data per la cessazione del Governo e l’indizione delle elezioni che consenta la tornata elettorale presidenziale come uno dei primi atti del Parlamento (dopo le elezioni dei loro Presidenti). Napolitano potrà sciogliere le Camere, dato che dal 1991 una legge costituzionale lo consente quando gli ultimi sei mesi del mandato presidenziale coincidono con quelli della legislatura. A quel punto, le elezioni si svolgeranno con una nuova maggioranza. Berlusconi potrà puntare alla carica (all’età di 77 anni) soltanto se riuscirà ad imporre al Paese una coalizione solida sotto il suo comando. Ma ciò che preoccupa è anche la sola ipotesi che il magnate di Arcore possa diventare il garante dell’unità nazionale.

Da quando è “sceso in politica”, il Cavaliere ha spaccato il Paese, introducendo elementi di violenta contrapposizione con l’ordine giudiziario. Come potrebbe una persona del genere presiedere il Consiglio superiore della magistratura? E come potrebbero i giudici, attaccati ogni qualvolta hanno applicato il principio di uguaglianza di fronte alla legge sancito dall’articolo 3 della Costituzione, sentirsi rappresentati da un uomo che è riuscito a sfuggire ai rigori della legge grazie ad un numero impressionante di leggi ad personam?

Se poi il discorso si volge alla vita privata, il magnate di Arcore è l’uomo meno adatto ad assurgere a modello di quanto prescrive, senza possibilità di interpretazioni difformi, l’articolo 54, secondo comma della Costituzione, che così recita: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Silvio Berlusconi – pare quasi inutile ricordarlo – è l’uomo politico che meno si presta a rispettare questo canone di comportamento, con le sue ossessioni risalenti ad una “sexual addiction” oramai conclamata e conosciuta a tutti. Si può immaginare quanto possano adattarsi al personaggio le austere stanze quirinalizie, portate ad una nuova dignità morale, dopo le catastrofi perpetrate da Vittorio Emanuele III, da illustri Presidenti come Luigi Einaudi, Sandro Pertini, Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi.

Eppure, il pericolo che l’attuale Presidente del Consiglio diventi l’inquilino del Colle potrebbe materializzarsi come uno dei peggiori scenari della storia politica italiana. Se a primavera dovessero svolgersi le elezioni anticipate, questo pericolo è reale e, in caso di conferma dell’attuale maggioranza, condannerebbe l’Italia – già vista all’estero come un Paese dove l’attuale premier ha amicizie fra procaci minorenni e controlla quasi l’intero sistema informativo – ai margini delle democrazie occidentali. Un vero e proprio incubo, che non può non turbare i sonni della maggioranza degli italiani onesti.

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