Libri. Testaccio da quartiere operaio a Village della Capitale. Intervista Irene Ranaldi

Un libro per capire meglio il cuore di Roma

È stato presentato nella splendida cornice della Pelanda il libro: «Testaccio da quartiere operaio a Village della capitale», di Irene Ranaldi edito da Franco Angeli. Un saggio che ripercorre in tappe la genesi e la vita dello storico rione di Roma, visto sotto una lente sociologica.   Il saggio è inserito nella collana Temi di Storia dell’editore Franco Angeli e nel progetto editoriale «Un laboratorio di storia urbana: le molte identità di Roma nel Novecento».  Questa è la prima monografia della collana che analizza un quartiere del centro storico.  Con la proclamazione a capitale del nuovo Regno dell’Italia unita, nel 1871 Roma si mise alla ricerca di una sua immagine produttiva e industriale e, di conseguenza, di un quartiere dove ospitare la classe lavoratrice. Questa identità industriale fu precostituita e pianificata dagli amministratori: Testaccio sarebbe dovuto diventare il quartiere operaio per eccellenza della città.  Invece per molti anni rimase una zona degradata e sovraffollata pur con l’intervento massiccio dell’ Istituto per le case popolari. 
Un secolo dopo gli stessi appartamenti sono diventati appetibili soprattutto dai cosiddetti “radical-chic” e dagli hipsters e vengono contesi sul mercato immobiliare a prezzi esorbitanti.  Quali sono gli elementi che hanno portato a un così profondo mutamento di percezione di questo luogo? Il volume ripercorre le tappe che hanno segnato la trasformazione dell’identità di questo territorio che può apparire oggi – per chi non ci vive – come il posto giusto dove fare movida o consumare un brunch.  L’autrice sta quindi approfondendo il tema della gentrification cioè la tendenza a trasferirsi, nelle aree ex popolari o depresse dal punto di vista della qualità della vita, da parte di nuove popolazioni a carattere più elitario, soffermandosi ad analizzare varie tematiche relative alle trasformazioni sociali e all’evoluzione dell’utilizzo del patrimonio abitativo delle aree di Testaccio (Roma) mettendolo in relazione con il quartiere di  Astoria nel Queens (New York) con particolare riferimento alle tendenze e ai fenomeni più recenti che segnalano alcune inversioni di tendenza nella costruzione dell’immagine e nei modelli di fruizione di questi due quartieri.

Intervista ad Irene Ranaldi autrice del libro

Come nasce l’idea di questo libro?
Nasce soprattutto dalla celebrazione del centenario di uno studio storico – sociologico di Domenico Orano, sociologo ante-litteram, massone e filantropo che nel 1912 scrisse “Come vive il popolo a Roma. Saggio demografico sul quartiere Testaccio a Roma”. Mi sono chiesta se, dopo un secolo, è ancora il “popolo” che vive a Testaccio o se piuttosto esso sia diventato in parte un forte motivo di attrazione, e quindi di fattore determinante per la scelta abitativa, da parte di classi sociali agiate e certamente non popolari.

Perché un saggio sul centro storico di Roma, perchè Testaccio?
Questo libro ha voluto essere la sintesi di ricerche che conduco da quindici anni sul rione Testaccio, mio primo territorio di analisi sociologica, da qui sono partita per arrivare, oggi, a metterne in relazione alcune dinamiche con un quartiere di New York. La ricerca sociologica sul campo è necessariamente idiografica, parte dell’osservazione di riti e miti urbani, li smonta e li rimonta insieme a seconda dei fenomeni in cui si trovano ad agire. La differenza sostanziale tra storici e sociologi è nelle fonti: la fonte dei sociologi è la contemporaneità, la mutevolezza, la dinamica. Da qui la difficoltà ma anche il fascino di indagare una realtà che muta sotto agli occhi. Questo libro vuole essere un tentativo di incontro tra le due discipline, con una prima metà interamente storica e storiografica, e una seconda sociologica per cercare di cogliere le trasformazioni identitarie di un rione, Testaccio, in perenne trasformazione.

Dopo queste evoluzioni, come sarà Testaccio nel futuro?
Comprendere le origini aiuta sempre ad affrontare con maggiore consapevolezza il futuro e questo riguarda anche i territori, che altro non sono che lo scenario pulsante e vivo dove la socialità umana si esprime. Ogni esperienza umana, dall’origine degli insediamenti delle prime civiltà conosciute, è una esperienza in un certo senso “urbana”. L’Identità, va recuperata altrimenti si perde il senso sia dell’abitare che del fare comunità. E’ necessario che le persone che oggi acquistano una casa a Testaccio a 6.000 euro al metro quadro,ma anche a Monti o a Trastevere per rimanere a Roma, sappiano che in quella stessa casa, costruita con materiali di risulta quando Roma divenuta capitale esplose dal punto di vista demografico, vivevano in 5 o 6 persone per vano, per un totale di circa 15 persone in case di 40-50 metri quadri. E’ importante per comprendere l’evoluzione della città, della cultura, dell’economia.

Qual è il vero volto di Testaccio?
La risposta è nel titolo del mio libro. Da quartiere operaio a Village della capitale. L’indagine di un secolo di trasformazioni che ha reso un posto dove concentrare la classe operaia che, poi, Roma non ebbe mai, non avendo mai avuto un’ industria, un posto dove si susseguono set cinematografici e dove il “cacio e pepe” è stato sostituito dal brunch consumato in locali con affaccio sul Monte dei Cocci. Ma siamo certi che questa percezione riguarda tutti? Nel testo ho titolato un paragrafo “quello che dicono di Testaccio” appunto per mettere l’accento sulla diversità di percezione che ne hanno i nativi e i city user, gli abitanti temporanei affascinati dall’anima popolare di questo rione che muta faccia completamente tra il giorno e la notte.

 

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