…E il boss iniziò a correre

Con la pubblicazione di “Born tu run” (1975), nasce il mito di Bruce Springsteen

“Gli anni ’70 sono stati fondamentali. La guerra del Vietnam aveva dato a tutti una coscienza e una partecipazione attiva alla politica. Amavo la musica di Elvis Presley, la forza che sempre mi ha dato James Brown; vedevo e rivedevo ‘Badlands’ di Terrence Malick; forte è stata l’influenza di Marlon Brando, di John Ford, di Scorsese, degli scrittori prediletti, come Flannery O’Connor del profondo Sud, di James M. Cain, Jim Thompson. E Allen Ginsberg, che iniziai a leggere solo dopo che aveva paragonato alcune mie canzoni ai suoi pensieri”  (Bruce Springsteen)

Genesi di un capolavoro

Il 25 agosto 1975 è una data fondamentale per la musica americana. Quel giorno il tanto bistrattato e criticato ‘american dream’ baciò un giovane di 26 anni che voleva essere a tutti i costi il nuovo Bob Dylan. Quel ragazzo voleva raccontare il vero volto dell’America, quello dei poveri, degli emarginati, degli esclusi e dei sognatori. Quel giorno uscì il disco “Born to run”. Era nato il mito di Bruce Springsteen. Il critico musicale e produttore Jon Landau, già nel 1974, assistendo ad un concerto di quel cantautore aveva detto la storica frase: “Ho visto il futuro del rock’n’roll e il suo nome è Bruce Springsteen.

Il 26enne del New Jersey aveva pubblicato i primi due album apprezzati dalle riviste musicali e che avevano avuto un buon riscontro di pubblico. Springsteen, persona ambiziosa e determinata, non era però soddisfatto. Per il terzo e decisivo album volevo un suono diverso e soprattutto si sforzò per migliorare i testi, che dovevano rappresentare gli umori di un Paese che all’epoca era in una situazione di crisi spirituale e morale. Gli Stati Uniti erano da poco usciti dalla tragedia della guerra del Vietnam che aveva profondamente diviso il Paese e dallo scandalo politico del Watergate. Per la prima volta nella loro storia, un presidente (Richard Nixon) fu costretto alle dimissioni per non essere incriminato. 

Il Paese era confuso, stordito e indebolito anche dalla crisi economica del dopo Vietnam. Il cinema indipendente in quel periodo raccontò con lucidità quel delicato periodo con film come “Quel pomeriggio di un giorno da cani”, “Taxi Driver”, “Questa terra è la mia terra” e Badlands”.

Per il suono che aveva in testa, Springsteen chiamò il suo amico Jon Landau. La prima cosa che il produttore riuscì a ottenere fu quella di spostare le registrazioni in uno studio migliore. In generale riuscì a impostare il lavoro a un livello più professionale, ma soprattutto consigliò e guidò Springsteen, preoccupato di non riuscire a fare un disco adeguato alle sue aspettative. Visto che rischiava di essere il suo ultimo lavoro, il cantautore voleva dare tutto quello che aveva per fare il miglior disco possibile, ma il suo perfezionismo contribuì solo a dilatare i tempi delle registrazioni. Il lavoro riprese presso i Record Plant di New York dove tutte le canzoni furono registrate da capo. Nel complesso la realizzazione del disco durò circa 18 mesi e “Born to Run” fu pubblicato il 25 agosto del 1975.

La copertina era di forte impatto emotivo: Springsteen con la celebre chitarra che compare sulla copertina di Born to Run, un ibrido tra una Fender Telecaster e una meno nota Fender Esquire, modello sostanzialmente identico, ma dotato di un solo pick-up. L’acquistò nel 1973 in un negozio di strumenti del New Jersey per 185 dollari. Si trattava di una Telecaster del 1953 restaurata con l’aggiunta del manico di una Esquire dello stesso periodo. 

Secondo Springsteen “… E’ una Telecaster, ma non è del tutto corretto. È una mezzosangue, se vogliamo”. La stessa chitarra, divenuta uno dei simboli più riconoscibili del cantautore, compare anche sulle copertine di “Human Touch”, di “Wrecking Ball” e del suo “Greatest Hits”.

Il successo internazionale

L’album fu sostenuto da una imponente attività promozionale da parte della Columbia, basata non più sull’idea del “nuovo Dylan”, ma sullo slogan coniato da Landau, “il futuro del rock and roll”. Nell’agosto del 1975 Sprinsteen realizzò dieci spettacoli in cinque serate sold out al Bottom Line di New York. I concerti attirarono l’attenzione dei media e uno di essi fu trasmesso dalla stazione radio WNEW-FM.  “Born to Run”, ancor prima della sua uscita, divenne uno degli album più attesi dell’anno e la canzone omonima divenne una delle più trasmesse dalle radio. A luglio i primi due album rientrarono insieme nella classifica di Billboard. L’attenzione per Springsteen e per l’album divenne enorme. Il 27 ottobre “Time” e “Newsweek”, i due più letti settimanali statunitensi, dedicarono in contemporanea le rispettive copertine al nuovo “eroe del rock”. L’approccio e gli articoli furono però non furono così teneri. Sulla copertina di “Time” campeggiava lo slogan “Rock’s New Sensation” e l’articolo era piuttosto favorevole a Spingsteen anche se l’autore Jay Crocks sottolineava che l’enfasi data dalla stampa era forse un po’ esagerata. La copertina del rivale “Newsweek” riportava invece un titolo più critico, “Making of a Rock Star”, e l’articolo scritto da Maureen Orth si concentrava sul modo in cui l’industria discografica costruiva le proprie star. Springsteen, secondo lei, era una creazione della Columbia e dietro di lui c’era un gruppo di manipolatori che volevano imporre un prodotto senza contenuto. Springsteen fu paragonato addirittura alla Coca Cola. Molto si discusse all’epoca sul nuovo “fenomeno Springsteen” e, accanto a molti critici entusiasti, ci fu chi parlò apertamente di montatura.

L’album entrò nella classifica di Billboard alla posizione 86 nei primi giorni di settembre e poi, in poche settimane, raggiunse il suo picco alla terza posizione. Il singolo “Born to Run” arrivò alla posizione 29 della classifica dei 45 giri, ma fu molto trasmesso alla radio e trascinò le vendite del 33 giri. Le canzoni del disco divennero i pezzi forti dei concerti nel tour nazionale che iniziò dopo l’esibizione al Bottom Line e che durò fino alla fine dell’anno. In novembre Springsteen con la “E Street Band”, che aveva ormai assunto la sua conformazione più stabile dopo che in luglio era stato aggiunto all’organico Steve Van Zandt come chitarrista ritmico, realizzò una breve tournée europea con due date all’Hammersmith Odeon di Londra e due date a Stoccolma e Amsterdam. Il 24 gennaio del 1976 fu pubblicato un secondo singolo tratto da “Born to Run” con “Tenth Avenue Freeze-Ou””She’s the One” e in aprile Springsteen e la band iniziarono un nuovo tour che durò tutto l’anno. Ad oggi “Born tu run” si calcala abbia venduto circa dieci milioni di copie. D’ora in poi la carriera di Bruce Springsteen sarà caratterizzata da trionfi, successi come pochi altri sulla scenda internazionale.

Prima strofa della canzone “Born to run”

“Un giorno abbiamo sentito nelle strade del fuggente sogno Americano 

Di notte cavalcheremo verso castelli di gloria in macchine da suicidi

Scappiamo dalle celle nell’autostrada n. 9

Su ruote cromate, pieni di benzina e superiamo il limite

Piccola, la città ti spezza la schiena

È una trappola della morte, è un suicidio violento

Dovevamo andarcene quando eravamo giovani

Perché noi siamo vagabondi, piccola, siamo nati per correre

Wendy fammi entrare, voglio essere tuo amico

Voglio proteggere i tuoi sogni e le tue visioni

Avvolgi le tue gambe attorno a questi cerchioni di velluto

E tieni strette le tue mani al mio motore

Assieme possiamo spezzare questa trappola

Correremo finché cadremo, piccola, ma non torneremo mai indietro

Camminerai assieme a me sul filo?

Perché piccola sono un viaggiatore pauroso e solitario

Ma devo scoprire cosa si prova

Voglio sapere se l’amore è selvaggio, piccola, voglio sapere

Se l’amore è vero”

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