“A love supreme”, Coltrane nella leggenda del jazz

Nel febbraio del 1965 veniva pubblicato uno dei dischi più importanti della musica afroamericana

 

“Mi piacerebbe mostrare alla gente il divino usando

 un linguaggio musicale che trascenda le parole. 

Voglio parlare all’anima delle persone.

Il mio obiettivo è vivere in modo veramente religioso ed esprimerlo con la musica. La mia musica è l’espressione spirituale di quello che sono: la mia fede, il mio sapere, la mia essenza”

(John Coltrane)

Ci sono degli album che per una serie di motivazioni sono entrati nella storia della musica. Dischi che hanno aperto le porte della percezione, che hanno cambiato il modo di sentire, di comporre e di pensare la musica. Dischi che hanno segnato una forte rottura con gli schemi del tempo. Uno di questi è senza dubbio “A Love supreme” di John Coltrane (1926-1967), uno dei più grandi sassofonisti di tutti i tempi.

Il musicista dopo aver passato diversi anni alla corte di Miles Davis, aveva iniziato una carriera solista molto apprezzata all’inizio degli anni Sessanta. Prima di registrare l’album, Coltrane, aveva praticato la meditazione yoga e il buddhismo che avevano molto influenzato il suo modo di pensare e il suo modo di percepire la musica. Nel 1964 durante una delle sue sedute di meditazione spirituale sentì una musica nuova risuonare nella sua mente. Tornato allo stato vigile, si convinse che non poteva che trattarsi di un messaggio inviatogli da Dio. Coltrane meditò a lungo una nuova opera, di cui volle curare anche la produzione. Fu lui a scegliere la foto che lo ritrae, con espressione seria, sulla copertina. È una foto in bianco e nero, così come in austero bianco e nero è pubblicato tutto l’album. Fu ancora Coltrane a far stampare, all’interno, non le solite note di copertina, bensì una sua breve presentazione e una sua poesia, intitolata anch’essa “A Love Supreme”.

Nella presentazione Coltrane ringrazia Dio di averlo riportato sulla retta via. Afferma di aver passato un periodo di incertezza, e di averlo superato rimettendosi nelle Sue mani. Il disco è dunque un’umile offerta a Lui, in segno di ringraziamento. La poesia è un testo semplice, dogmatico, una dichiarazione di fede che, a tratti, riecheggia le asserzioni e le risposte che intercorrono tra predicatore e congregazione. L’opera è una suite in quattro parti. Esse si intitolano: “Acknowledgement” (Accettazione), “Resolution” (Risoluzione), “Pursuance” (conseguimento) e “Psalm” (salmo-preghiera). A differenza degli altri dischi, contenenti brani ricavati da varie sedute di incisione, questo album si risolve in un’opera a tutto tondo che, impiegando l’intera durata del long playing, dà luogo a uno dei primi concept album della musica moderna.

La musica contenuta nell’album segue uno schema accuratamente elaborato. Le quattro sezioni della suite rimandano a una specie di cammino spirituale. Le quattro parti hanno una forte connotazione drammaturgica, ognuna di loro contribuisce a creare un climax di tensione per poi raggiungere una distensione finale: la parte 1, introdotta da una sorta di fanfara e dal celebre riff ostinato di basso in fa, è il preludio alla scoperta del divino, la tensione cresce nella parte 2 per raggiungere poi l’apice nella parte 3, la sezione più veloce. Un lungo e melodico assolo di contrabbasso introduce l’ascoltatore alla quarta e ultima parte, il salmo finale di ringraziamento che si conclude ciclicamente con una fanfara simile a quella della parte 1 in modo da dare alla suite un andamento circolare e unitario che si riallaccia all’inizio della stessa. Oltre ad una differenza di atmosfera le parti centrali si differenziano dal pre e dal postludio anche per la forma: la 2 e la 3 presentano una strutta più jazzistica, suddivisa in chorus, ventiquattro battute nella seconda parte e un blues di dodici nella terza. La prima e la quarta invece sono più libere e non ancorate ad una progressione di accordi ricorrente. La prima composizione del disco, Acknowledgement, contiene il mantra «A Love Supreme» (“Un amore supremo”) che dà il titolo all’album, ripetuto più volte dallo stesso Coltrane alla fine della traccia. Fondamentalmente tutto il concetto alla base dell’opera, esprime la profonda gratitudine provata dall’artista verso un’entità superiore che lo ispira nel suo cammino. L’artista ammette che il talento da lui posseduto è dono di un potere soprannaturale spirituale più elevato.

La creazione di questa vera e propria opera d’arte che quasi trascende il genere musicale del jazz è stata possibile anche grazie alla presenza di un gruppo straordinario, uno dei più grandi quartetti di sempre, ovvero Jimmy Garrison al contrabbasso, Elvis Jones alla batteria, McCoy Tyner al pianoforte più Coltrane ai sassofoni tenore e soprano. Nonostante l’ambizione concettuale e la complessità sonora, “A love supreme” fu un grande successo commerciale, superando le 500mila copie in tutto il mondo. Una cifra per il jazz assai rara.

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