“Remain in light”, il genio dei Talking Heads

Nel 1980 esce l’album della definitiva consacrazione del gruppo statunitense

“Il ritmo è un’esperienza gioiosa, politica, estetica, spirituale. Nel mondo di oggi, molti confondono le virtù con i peccati, capovolgendo i veri valori. Ogni anno mi trovo sempre meglio nella mia pelle. Sicuramente da morto sarò perfetto…” (David Byrne)

Le origini: New wave e avanguardia a New York

MILANO – Il gruppo statunitense dei Talking Heads è stato sicuramente uno dei fenomeni musicali più originali e creativi emersi

dalla new wave e del post punk. Attivi dal 1977, la band capitanata dal cantante David Byrne si è immediatamente distinta

per il suo eclettismo e per l’originale ricerca sonora, per le spinte avanguardistiche e per l’applicazione delle poliritmie africane. I Talking Heads si formarono a New York intorno alla metà degli anni Settanta con la seguente formazione: David Byrne voce e chitarre, Jerry Harrison alle tastiere e chitarra ritmica, Chris Franz alle percussioni e  Tina Weymouth al basso. Fondamentale per la crescita musicale fu l’incontro con il compositore e tastierista Brian Eno, che iniziò a collaborare con la band a partire dal secondo album, “More songs about building and food” del 1978.

Con l’album successivo, “Fear of Music” (1979), inizia il periodo di massima creatività del gruppo, grazie anche alla presenza dell’eclettico chitarrista Robert Fripp, fondatore dei King Crimson. “Fear of music” è considerato dalla critica come uno dei dischi più innovativi e sperimentali dei tardi anni ’70.

“Remain in light”, creatività e ricerca

Dopo il successo di “Fear of Music”, aumentarono le ambizioni creative dei Talking Heads. Venne chiamato il chitarrista Adrian Belew, il trombettista Jon Hassell, due percussionisti oltre alla strategica presenza delle tastiere elettroniche di Brian Eno. Le sessioni di registrazione iniziarono agli studi Compass Point nel luglio 1980. La composizione dell’album richiese numerosi musicisti addizionali, in particolare percussionisti. I Talking Heads scelsero di usare il titolo di lavorazione “Melody Attack” durante il processo di registrazione dopo aver visto un programma televisivo giapponese dello stesso titolo. Harrison ha dichiarato che l’obiettivo era fondere la musica rock con i generi africani, invece di limitarsi a imitare la musica africana. Le tecniche produttive di Eno furono fondamentali per l’ideazione dell’album. Gli strumenti vennero registrati uno per volta in un processo discontinuo. I loop e le ripetizioni di battute ebbero un ruolo fondamentale, in un periodo in cui i computer non potevano ancora svolgere adeguatamente queste funzioni.

La chiave dell’originalità della musica dei Talking Heads sta nella geniale fusione tra vari generi e tendenze: poliritmie africane, sperimentazioni elettronica, avanguardia, elementi rock e una spiccata teatralità delle storie raccontate nei testi di David Byrne.

“Remain in Light” uscì in tutto il mondo l’8 ottobre 1980. I Talking Heads e Eno erano inizialmente d’accordo ad accreditare ogni canzone a “David Byrne, Brian Eno, Chris Frantz, Jerry Harrison, Tina Weymouth” (in ordine alfabetico), non essendo stati in grado di stabilire una formula precisa per la divisione dei crediti, ma l’album fu poi distribuito con i crediti “David Byrne, Brian Eno, Talking Heads”. Frantz, Harrison e la Weymouth contestarono il tentativo di Byrne e Eno di ottenere i crediti esclusivi. Secondo Tina Weymouth, Byrne aveva detto a Kalman di stabilire i crediti secondo le indicazioni di Eno. Le edizioni successive corressero l’errore. “Remain in Light” fu trasmesso per la prima volta nella sua interezza il 10 ottobre 1980 dalla radio WDFM. Fu certificato disco d’oro dalla Canadian Recording Industry Association nel febbraio 1981, dopo aver venduto 50.000 copie, e dalla Recording Industry Association of America nel settembre 1985, quando superò le 500mila unità. Ad oggi l’album ha venduto oltre un milione di copie in tutto il mondo.

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