Amy Winehouse. Una stella che di lassù ci guarda. Video

 

ROMA – Il suo look, provocante e aggressivo, faceva da contrasto ad una personalità fragile e sensibile. Il suo stile di vita trasgressivo nascondeva una richiesta d’aiuto per un disagio ben più grave e profondo, che solo attraverso la musica riusciva a esprimere.

Amy Winehouse, la cantante alcolizzata e cocainomane, da milioni di dischi venduti in tutto il mondo, era in realtà un talento d’eccezione nel panorama della musica moderna, una perla rara che malauguratamente si condannò ad essere più celebre per i suoi difetti che per il suo fascino.  Amy Jade Winehouse nasce nel quartiere londinese di Southgate il 14 settembre 1983 da una famiglia ebrea. Sua madre è un’infermiera e suo padre si guadagna da vivere facendo il tassista. La coppia ha anche un altro figlio più grande, Alex, a cui Amy è sempre stata molto legata. A casa si ascolta soprattutto musica jazz tradizionale: Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Sarah Vaughan e hip hop. In macchina Amy intona dei pezzi di Frank Sinatra insieme al padre, rivelando fin da bambina una spiccata vocazione artistica e per il canto in particolare. A 10 anni fonda la sua prima band rap, le Sweet ‘n Sour, una versione bianca ed ebraica delle Salt-n-Pepa.Terminato il college alla Ashmole School, si iscrive alla prestigiosa Sylvia Yong Theatre School. Nella lettera di presentazione, in cui le si chiedeva il motivo per il quale avesse intenzione di frequentare quella scuola, scrive:”Vorrei solo che le persone ascoltassero la mia voce e dimenticassero tutti i loro problemi per cinque minuti” ed effettivamente la sua voce durante le audizioni colpisce tutti per le sue particolari venature jazz. Alcuni insegnanti vorrebbero sfruttare il suo talento e farla cantare imitando le grandi del passato ma lei rifiuta sempre, decisa a seguire soltanto la propria personalità perché con quella voce Amy cercava semplicemente di esorcizzare i suoi problemi, che da sempre teneva sigillati in un angolo nascosto dell’anima.

A 9 anni la separazione improvvisa e inaspettata dei genitori costituisce per lei un duro colpo da cui forse non si riprenderà mai. Il padre, Mitch Winehouse, abbandona il tetto coniugale per andare a vivere con un’altra donna. L’evento è così traumatico che un anno dopo, all’età di soli 10 anni, Amy tenta di togliersi la vita. A salvarla l’intervento di un’amica che la ritrova agonizzante, riversa sul pavimento di casa, piegata in due dal dolore con la bava alla bocca e gli occhi roteanti. Al suo risveglio le confessa di averlo fatto perché sarebbe voluta piombare in un lungo sonno per riposarsi dalla sua stanchezza di vivere. Sempre a 10 anni inoltre Amy aveva già fumato il suo primo spinello e molti l’avevano allontanata perché convinti che avesse imboccato la strada per la rovina. Probabilmente questo episodio fa nascere in lei la profonda sfiducia che nutriva verso gli uomini e l’amore, che si riscontra nei pezzi What it is about men e Love is a losing game.                                                                                        

A scuola però questo malessere viene mascherato dietro una curiosa esuberanza e vivacità. Pare che Amy fosse abbastanza indisciplinata e che durante l’intervallo si divertisse a rubare le merende degli altri bambini per dividersele con la sua migliore amica. Le due avevano anche escogitato un sistema geniale per marinare le lezioni: una fingeva di avere una crisi di pianto e correva fuori dall’aula, inseguita dall’altra con la scusa di andarla a consolare. In realtà più di qualche volta le due amiche vennero beccate a spassarsela in un’aula vuota. Malgrado più di qualche volta nelle interviste confessò di sentirsi inadeguata da adolescente, cercava spesso di attirare l’attenzione. I compagni di classe ricordano alcuni episodi in cui si gettava a terra fingendo di essere posseduta dal demonio e simulando soffocamenti. A 13 anni viene espulsa dalla scuola perché non si applica e a causa di un vistoso piercing sul naso che si rifiuta di togliere anche dopo i continui richiami della preside. Alla stessa età riceve la sua prima chitarra che impara a suonare da autodidatta. Poco tempo dopo è già in grado di comporre musica e nel 1999 entra a far parte della National Youth Jazz Orchestra nel ruolo di cantante professionista. Il canto è la sua passione ma è inconsapevole di avere un timbro così particolare fin quando nel 2002 non viene ascoltata da un suo amico cantante Tayler James, che le propone di inviare una demo ad una casa discografica. Dopo un provino  in cui si esibisce in un’originale versione di There is no greater love  di Sarah Vaughan, Amy firma il suo primo contratto discografico. L’album di debutto viene chiamato Frank in onore di Frank Sinatra ma anche per il significato della parola: “franco, sincero”. Si tratta di pezzi scritti in parte dalla stessa Amy, ad eccezione di due cover jazz There is no greater love e Moody’s mood for love.  Accolto positivamente dalla critica, il primo singolo estratto Stronger than me riceve un BRIT Awards come Best Contemporary Song nel Regno Unito, oltre a numerosi altri riconoscimenti internazionali. Nella canzone Amy rimprovera il suo ex  di sette anni più grande per non essere più forte di lei e per lasciarsi sempre confortare senza mai comportarsi da uomo, in una strofa la Winehouse le chiede addirittura se sia gay. Ma non è la sola canzone autobiografica: You sent me flyng  pare sia dedicata ad un ragazzo dall’identità misteriosa che non avrebbe mai ricambiato il suo amore mentre in I heard love is blind, composta interamente da lei musica e parole, Amy tenta di giustificare maldestramente una scappatella. Il successo di questo album la conduce  in tour in tutta la Gran Bretagna. A Glastonbury riesce anche a compiere una specie di miracolo facendo tornare il sole come promesso ai fan venuti ad ascoltarla, ma la cantante non è del tutto soddisfatta. In un’intervista afferma di sentire suo il disco soltanto per l’80% per colpa di alcune scelte da parte della casa discografica che non condivide. Vorrebbe quindi realizzare un album prodotto interamente da lei che le permetta di esprimere al meglio se stessa, ma al momento non si sente ancora ispirata e decide quindi di dedicare tutte le sue energie ai concerti e alla promozione di un album che le piace suonare ma non riesce neanche più ad ascoltare. 

In quel periodo però un’altra perdita s’insinua nella vita della giovane cantante inglese. Si spegne infatti l’amata nonna paterna Cinthya. Durante quei giorni di lutto conosce in un parco di Londra il suo futuro marito, l’uomo che lei ha sempre considerato l’amore della sua vita ma che invece si rivelerà essere il suo più grande carnefice:  Blake Fielder-Civil,  il quale la trascina in un vortice autodistruttivo di alcol, droghe e amore malato. Dopo il divorzio, a Blake Amy dedicherà nel 2006 il suo secondo album Back to black  (da notare l’assonanza Blake-black), nonostante egli si sia già risposato con un’altra donna e l’abbia denunciata per stalking su invito dell’attuale moglie con cui ha già un figlio perché Amy si ostina ancora a firmarsi “tua moglie” negli SMS.

Nell’album Amy denuncia il suo rapporto con l’alcol e la sua solitudine, in particolare in Rehab, il primo singolo estratto. Nella canzone viene affrontato anche il rifiuto di curarsi su proposta dei genitori e della sua casa discografica in una clinica di riabilitazione. Il pezzo ottiene un grande successo e scala le classifiche mondiali. Nel frattempo viene lanciato il secondo singolo che dà il titolo all’album, Back to black, dove Amy racconta la fine della sua relazione con l’ex marito che vive come l’elaborazione di un lutto e paragona la sua vita ad un penny che tenta faticosamente di risalire le ripide pareti di una canna fumaria ma finisce sempre per scivolare giù. “Ci siamo detti addio soltanto a parole, sono morta un centinaio di volte, tu sei tornato da lei e io sono tornata in lutto” recitano alcuni versi della canzone. La musica è stata composta a New York in collaborazione con Mark Ronson, un famoso produttore musicale, al quale Amy aveva chiesto di comporre una melodia  orchestrale, che ricordasse vagamente lo stile dei gruppi femminili anni ’60. Ma è con You know I’m no good che Amy ci dà veramente un’idea di quanto fosse tormentata la sua storia d’amore con Blake:” Ho tradito me stessa come sapevo avrei fatto, ti ho detto “Ho un problema”, tu sai che non sono brava…  A letto con  il mio ex ragazzo, lui arriva a quel punto ma io non provo piacere perché penso a te nella fase finale, poi tutt’a un tratto mi si accende un segnale, corro fuori per incontrarti, con patatine fritte e pizza, dici “Quando ci sposeremo lui non sarà più tra i piedi” e ho pianto per te sul pavimento della cucina”. Brutalmente onesta anche nei testi delle sue canzoni, tanto che le sembrava di rivivere quelle situazioni anche sul palco quando si esibiva e si riprometteva sempre di cambiare la scaletta insieme ai suoi musicisti. Nel 2008 vince cinque Grammy Awards ma a suscitare l’interesse della stampa è la sua repentina perdita di peso: scala di quattro taglie tra la pubblicazione del primo e del secondo album. Si giustifica dicendo che era a causa delle continue critiche che riceveva sul suo peso. Più tardi ammetterà di aver sofferto di disordini alimentari: “un po’ di anoressia, un po’ di bulimia. Non sono del tutto a posto ma credo che nessuna donna lo sia”. La bulimia, una malattia che Amy si trascina da quando era adolescente, stando alla recente testimonianza del fratello Alex, che ne attribuisce persino la colpa per la morte prematura della sorella.  Sui tabloid britannici intanto si susseguono notizie scandalose sulla vita sregolata della Winehouse e sulle sue dipendenze dalla cocaina e dall’eroina. Dapprima le esibizioni ubriaca, dopodiché i litigi furibondi con il marito che la riempiva di botte. Sulla rete comincia a circolare un video che ritrae la cantante intenta a fumare crack.                                                                                                                            

Ad Amy non è mai interessato essere uno stupido modello per ragazzine, lei voleva essere se stessa e basta. Durante i concerti non riusciva mai a sentirsi a suo agio. Amava cantare ma il pubblico la terrorizzava. Non si sentiva mai alla sa altezza. Tutti la ricordano per la sua immensa generosità. Aveva l’abitudine di pensare agli altri prima ancora che a se stessa. Faceva molta beneficienza. Aveva un cuore grande. Aiutò il suo parrucchiere, inventore “per caso” della sua celebre pettinatura, ad uscire dalla dipendenza dalla droga ma non riuscì mai a salvare se stessa. Dopo la cancellazione del suo tour europeo in seguito alla sua performance a Belgrado, in cui si presentò sul palco completamente ubriaca e stravolta, Amy viene trovata morta nel suo appartamento dalla sua guardia del corpo. Era il 23 luglio 2011. Così Amy entra di diritto nel club 27, come le stelle maledette del rock. Anche lei deceduta a soli 27 anni. Anche lei quella fatale J nel nome.                         Fan da tutto il mondo accorrono davanti alla sua abitazione per lasciare fiori e messaggi. Tra di loro anche Reg Traviss, regista, suo compagno al momento della morte, con il quale sembrava aver trovato la pace e l’equilibrio che tanto a lungo cercava. I genitori della cantante si mostrano increduli. Affermano che Amy negli ultimi mesi era riuscita a sconfiggere la sua dipendenza dalla droga e stava tentando di chiudere definitivamente anche con l’alcol. L’autopsia dimostra che nel sangue della cantante non c’era più alcuna traccia di sostanze stupefacenti, si era completamente disintossicata perché aveva chiesto di adottare una bambina residente nei Caraibi per soddisfare il suo desiderio di maternità mai realizzato. Però nelle sue vene si registrava un livello di alcol di gran lunga superiore al limite. Amy aveva ricominciato a bere ed aveva esagerato. Il suo cadavere è stato ritrovato accanto a diverse bottiglie di vodka vuote. Pare che morì mentre guardava i video dei suoi concerti su Youtube.  Il suo amore per Blake dissolto come le sue ceneri. Della loro storia resta soltanto quell’album di fotografie che Amy aveva gettato in un cassonetto e che un addetto delle discariche aveva riconosciuto e provveduto a farglielo riavere. Sembra proprio che il suo legame con Blake sia stato indissolubile, anche dopo la sua morte. Blake uscito dal carcere in cui era stato rinchiuso con l’accusa di furto con scasso, lesse degli SMS che l’ex moglie gli scrisse prima di morire su un cellulare che non possedeva in prigione, chiedendogli di poter fare da madrina al suo bambino ed ebbe un malore. Anche Blake ha rischiato di morire, dopo la morte di Amy entrò in coma per un overdose. A lui non era stato concesso neanche il permesso dal carcere di partecipare ai suoi funerali. Chissà se si sia pentito per tutto il male arrecatole. Per aver chiesto ad Amy delle foto di lei nuda per poi rivendersele ai giornali e comprarsi la droga, che probabilmente amava più di lei. Per aver coinvolto Amy nel giro della droga, facendola entrare in un circolo vizioso che le è costato la vita. Per averla lasciata sola e debole perché innamorato di un’altra donna con cui la tradiva e da cui ha avuto due figli. E chissà se Amy lo abbia mai perdonato per tutto questo… 

Amy Whinehose – Love is a losing game

 

 

 

Condividi sui social

Articoli correlati