Fazi editore. Michael Dobbs: “A chi assomiglia Renzi? Cesare, Bruto, Cassio, Marco Antonio?”

ROMA – L’incontro pubblico con Michael Dobbs, autore della saga sugli intrighi del potere “House of cards”, moderato da Giancarlo De Cataldo e organizzato da Fazi Editore, che l’ha pubblicato in italiano, è affollatissimo: segno che il parlar di politica, quando è fatto in modo umano, filosofico e senza sconti – diversamente da quel che accade con gli eletti dal popolo – interessa molto.

I romanzi di Michael Dobbs, ex capo dello staff di Margaret Thatcher, hanno dato origine a uno dei più straordinari successi televisivi, una serie sia inglese sia americana, con omonimo titolo.   Dobbs racconta che, dopo aver visto una foto di Matteo Renzi che acquistava un suo libro, gliene abbia inviato copia autografata, accompagnata da un biglietto in cui diceva come non fosse un manuale d’istruzioni su come ottenere il potere, senza alcuna etica.

Racconta che il suo best-seller vide la luce grazie a un litigio con Margaret Thatcher, che lo cacciò mettendo fine a ogni illusione di carriera. Andato in vacanza con la moglie, Dobbs leggeva un libro bruttissimo e molto venduto, lamentandosi con lei su come girasse il mondo. La moglie lo redarguì e lo invitò a scrivere lui stesso. Dobbs si accinse a farlo con una bottiglia di vino accanto ma, quando fu scolata, sulla pagina non c’erano che le iniziali di f.u. (fack you). Eppure, da quelle iniziali nacque il suo affascinante eroe Francis Urquart. Racconta che la realizzazione di “House of Cards” fu una sorta di terapia, non si aspettava né di finirlo, né di pubblicarlo: come scalare una montagna e provare, inaspettatamente, l’ebbrezza della vetta. 

Riguardo ai politici dice che gli unici a restarci male sono stati quelli che gli venivano a chiedere se per creare Frank si fosse ispirato a loro, restando poi delusi per il suo diniego. Molti l’hanno invitato a eventi, alle loro campagne elettorali, l’hanno voluto nella Camera dei Lord.  Chiarisce come ciò non sia accaduto grazie alla bellezza del suo libro ma per dimostrare quanto in loro fosse forte il senso dell’umorismo. “I migliori politici della storia “ – afferma – “non erano persone gentili, affettuose, generose, erano ossessionate, determinate a conseguire i loro obiettivi.  Ed è l’unico modo in cui in politica si possa portare a compimento qualcosa. In fondo scrivere fiction politica, non è difficile: si prende la realtà e si annacqua per renderla credibile”.

Di Obama pensa che abbia alzato troppo l’asta delle attese, per cui sarà ricordato più per quello che rappresenta che per quel che realmente ha fatto. Dice che riguardo ai fallimenti dei politici, bisogna capire che questi uomini hanno in se due forze: da una parte una fortissima ambizione e dall’altra un fortissimo stress e che, per questo, a volte hanno “sbandate” che noi non riusciamo a immaginare. Inquadra l’attuale crisi della politica al fatto che i suoi esponenti vivano in una bolla, senza rapporto con l’elettorato. La politica ha a che fare con progresso e leadership, ma anche con i suoi opposti. 

Secondo Dobbs la cosa più importante nella vita di un politico è ottenere rispetto: lo raggiunge se la sua azione è efficace, se ha la spietatezza di arrivare dove vuole. Dice di averlo imparato dalla Thatcher, che aveva un paio di stivali chiodati che lucidava. A Renzi consiglia di fare altrettanto, lucidare gli stivali e mettersi in marcia. Consiglia al primo ministro italiano di mantenere più basso possibile il profilo della sfera privata. E, infine, a chi gli chiede a quale personaggio della storia, assocerebbe Matteo Renzi, Michael Dobbs racconta di essere sempre stato affascinato da Giulio Cesare di Shakespeare e, capovolgendo a sua volta la domanda, pone il quesito: “A chi assomiglia Renzi? A Giulio Cesare, a Bruto, Cassio, Marco Antonio?”

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