Bob Dylan: una vita volando nel vento

Bob Dylan, al secolo Robert Allen Zimmerman, compie oggi 75 anni: un traguardo considerevole per un uomo che, nel tempo, è diventato un’icona, un simbolo e, infine, un mito universale della musica e del panorama culturale internazionale.

Perché Dylan, comunque la si pensi, non è solo un grande cantautore: è, prima di tutto, un combattente straordinario, protagonista di alcune delle battaglie più importanti della storia degli Stati Uniti e punto di riferimento della generazione che ebbe la fortuna di viverle in gioventù e delle successive che ne hanno ascoltato il racconto dettagliato.

Quando si pensa a Bob Dylan, non a caso, viene subito in mente l’immaginario drammatico e fantastico degli anni Sessanta, con le marce per i diritti civili del reverendo King scandite dalle note sue e di Joan Baez (la quale ha compiuto, a sua volta, 75 anni lo scorso 9 gennaio), fra speranze e rabbia, disperazione e meraviglia, cariche della polizia e cambiamenti inarrestabili che mezzo secolo dopo avrebbero condotto un nero alla Casa Bianca.

E allora non pensiamo tanto alla sua rivoluzione musicale, della quale si sa tutto, che tutti noi conosciamo, amiamo e per la quale abbiamo pianto e ci siamo commossi innumerevoli volte; pensiamo, più che mai, alla rivoluzione che, al pari di Joan Baez e ad altri artisti che cominciarono ad affermarsi in quegli anni, in vari settori della cultura e dell’arte, ha rappresentato il suo modo di vivere e di porgere la propria grandezza.

Ribadisco: Bob Dylan è innanzitutto un partigiano della libertà, un paladino dei diritti delle minoranze, un protagonista in prima fila, uno che ha visto l’America trasformarsi e ha contribuito attivamente a generare alcuni mutamenti, facendo sì che, anche grazie alla sua fama, ricevessero il giusto riconoscimento e la dovuta attenzione sociale e mediatica.

Un artista impegnato, dunque, capace di andare oltre la contestazione al sistema dei Kerouac e dei Ferlinghetti, dei Ginsberg e degli studenti di Berkeley; un contestatore in grado di ottenere risultati e di mettere paura al potere, senza mai spaventare la parte moderata della popolazione, notoriamente poco incline alla lotta.

Volendo inscrivere questo genio contemporaneo in una categoria socio-politica, potremmo asserire che si tratta di un uomo capace di trasformare la minoranza fragorosa in una maggioranza costruttiva, di imprimere svolte dirimenti, di iniziare un percorso che altri avrebbero portato avanti, di farsi interprete di ideali e valori diffusi nella coscienza di un’élite e di farli giungere alle masse, di costituire un anello di congiunzione fra l’alto e il basso e, in pratica, di effettuare quella sintesi che troppo spesso è mancata e manca a uomini politici di rango.

Il tutto scandito da una poetica avvolgente e in grado di rendere magico ogni istante, come un’illusione che vola via, come un sogno che resta, come una prospettiva che si apre, come un raggio di luce che squarcia il buio e filtra dalla finestra, come un’eterna giovinezza che raggiunge l’anima e ci impedisce di degenerare, opponendosi a un declino purtroppo tangibile in numerosi ambiti della nostra società.

E a noi, ogni volta, ascoltando le sue canzoni, vien da pensare a quella risposta che vola nel vento, proprio come l’esistenza del suo autore che anche adesso, all’apice della gloria, della maturità e dell’autorevolezza, è rimasto il ragazzo che marciava tanti anni fa per chiedere un Paese più giusto ed inclusivo, lungo strade che molti di noi hanno avvertito il bisogno morale di attraversare per considerarsi uomini, per dare un senso ai propri auspici o anche, più semplicemente, per non arrendersi all’idea che il destino sia segnato ed immutabile.

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