Venezia 73. Una laguna dall’aria americana

LIDO DI VENEZIA (nostro inviato) Non ci sarà, come di regola accade, la serata di gala con cena, la sera dell’apertura della 73ma mostra di Venezia, in segno di partecipazione al cordoglio delle zone terremotate. I festivalieri sospendono gli eventi ludici, riflettendo sulla precarietà della condizione umana e inaugurando una kermesse che annuncia un cinema di alta qualità, difficile da conquistare anche dalle migliori competizioni e , al tempo stesso, godibile per i non iniziati. 

È evidente l’apertura con “La La Land” di Damien Chazelle, che – a detta degli organizzatori – è un film che potrebbe andar dritto sulla strada degli Oscar e la chiusura con un grande film popolare, il rifacimento de “I Magnifici 7 “ firmato da  Fuqua. C’è curiosità per la pellicola statunitense del bravo Pablo Larrain “Jackie”, che narra le tensioni tra la vedova, nei giorni seguenti la morte del presidente John Kennedy, e il successore Lyndon Johnson, ansioso di prendere il suo posto.  Americana la serie di Paolo Sorrentino (Young Pope), americana la trasposizione cinematografica del best-seller australiano “La luce sugli oceani”, romanzo che muove interrogativi etici non banali, del regista Cianfrance con Michael Fassbender. Targato USA l’horror d’autore di “The bad batch” di Ana Lily Amirpour, una storia d’amore tra un cannibale e la donna destinata a essere il suo cibo. Aggiungiamo il documentario sull’origine e il senso della vita  di Terrence Malick (Voyage of Time),  gli Animali Notturni dell’ex stilista, oggi regista Tom Ford, il documentario di Andrew Dominik  “One More Time With Feeling”. E non sono stati menzionati tutti.

L’autorevole Hollywood Reporter sostiene che quella che sta  per partire è una Venezia molto americana, pur senza aver ceduto al cinema commerciale. Nei fatti, non pochi film che negli ultimi anni si sono aggiudicati una statuetta hanno debuttato al Lido. Molto si deve allo stile del bravo Alberto Barbera, il direttore,  che ha preferito ridurre i titoli rispetto a Mueller,  il suo predecessore, lavorando a scelte ibride tra cinema d’autore e cinema popolare. Un’intuizione di talento, soprattutto dopo le molte critiche a opere lunghissime, rarefatte e per pochi iniziati, come se la godibilità e i temi universalmente recepiti, fossero cinematografia di serie B:  esempio per tutte il bellissimo Philomena di Stephen Frears, acclamato dalla stampa e snobbato, forse per legittima difesa, dalla giuria degli addetti ai lavori.

A tutto ciò va aggiunto il cosiddetto “Cinema nel giardino”, la nuova sala che ospiterà film d’autore, adatti al pubblico non cinefilo. Sezione non competitiva, che prevede una selezione di opere, anche di diverso genere e durata,  precedute o accompagnate da incontri e approfondimenti con autori, interpreti e personalità del mondo dell’arte e della cultura, nella quale sono inseriti  esclusivamente film in prima mondiale alla Mostra. Finalmente un cinema che si rivolge in primis al suo destinatario: lo spettatore.

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