Il nuovo saggio di Giovanni Floris: l’Italia all’ultimo banco (e la ricreazione è finita)

Insegnanti e studenti possono salvare l’Italia. Nel suo secondo libro, Ultimo banco, edito dalla nuova casa editrice, la Solferino del Corriere della sera, Giovanni Floris lancia una pesante accusa all’attuale classe politica e insieme parole di speranza per le nuove generazioni che escono da una scuola fortemente in crisi “perché in crisi è la politica dell’Italia di oggi”. 

Dopo un anno d’incontri in molte scuole d’Italia, Ultimo banco è un’inchiesta-racconto nel quale l’autore si fa letteralmente in quattro (studente, genitore, giornalista, cittadino) per dare testimonianza di una sfida importante: ricostruire la scuola per ricostruire l’Italia. L’autore è  Giovanni Floris giornalista  radiofonico poi televisivo, prima alla Rai poi alla 7, che non ha mai perduto, neanche nel più acceso Ballarò o nel più movimentato Di martedi un invidiabile aplombe. E qui si stenta ritrovarne la pacatezza in un saggio che è soprattutto una requisitoria contro la classe politica oggi al potere. 

Un libro scritto col cuore.Giovanni Floris è figlio d’insegnanti: la madre, temutissima professoressa di matematica, il padre un dirigente scolastico “che mi ha sempre fatto capire il valore del pensiero libero”. Analizzando la scuola italiana nelle sue componenti essenziali (i professori, gli studenti, i genitori) l’autore stila un’ideale classifica di responsabilità sulla condizione della scuola oggi in Italia: riconosce che gli insegnanti fanno quello che possono, e che è tantissimo e non vanno assolutamente criminalizzati (uno sport italiano piuttosto in voga di questi tempi); gli studenti con l’eccezione di rari casi di ostile rifiuto verso l’istituzione scolastica sono nella stragrande maggioranza giovani che studiano con impegno, meritano la stima dei professori e soprattutto si aspettano dalle autorità di governo una politica di rilancio e di sviluppo della scuola.  I peggiori sono i genitori. L’ha detto esplicitamente all’autore la preside di un istituto piemontese con più di mille ragazzi: “Gli studenti non sono un problema, sono la materia del nostro lavoro. I professori sono un caso difficile ma alla fine li gestisci. La burocrazia impari a maneggiarla. Il problema vero? I genitori”. Nessuno opererebbe al posto del chirurgo, o si accomoderebbe ai comandi dell’aereo che lo porta in vacanza. Invece i professori sono spesso sotto accusa; per una bocciatura, per un voto non abbastanza alto, per un rimprovero in classe, per una nota sul diario. Sono gli stessi genitori che considerano i figli dei fenomeni, e che in classe li vorrebbero sempre supervalutati, o si sentono genitori di campioni in erba che nella polvere del campetto di periferia li vedono tutti futuri Ronaldo, o che alla notizia che il pargolo è stato beccato in gabinetto a fumare uno spinello obiettano che forse non era proprio droga, bisognava provarlo!

Questa diffusa delegittimazione della scuola ha un preciso riscontro anche nelle altre istituzioni: quell’alta percentuale di cittadini che non va a votare perché “tanto sono tutti uguali”, deputati e senatori, di destra, di centro o di sinistra, giovani di prima nomina o vecchie volpi del Parlamento, tutti accomunati in un giudizio sommario che poterà al potere l’ultimo arrivato, il populista, l’incompetente, quello che dice che battendo i pugni sul tavolo si ottengono i risultati. E da questi governanti sarà molto difficile aspettarsi una politica in favore della scuola. Il “figlio della Floris” non si fa illusioni e scrive: ”Facciamo i conti con gli obiettivi che abbiamo e con le lacune da colmare per raggiungerli. A scuola magari non ne siamo stati capaci, ma quante bocciature possiamo ancora sopportare? Non portiamo i compiti a Bruxelles ma prima o poi a qualcuno dovremo portarli. I voti arrivano tutti giorni e non sono nemmeno quelli elettorali, sono quelli del mercato o delle relazioni internazionali. Sono le conseguenze delle decisioni che prendiamo. Dobbiamo chiarire alla nostra classe dirigente che la ricreazione è finita”.

Alcune generazioni fa a scuola si leggeva Cuore di Edmondo De Amicis, poi si leggevano, anzi si mandavano a memoria, brani dai  Promessi sposi. Oggi, questo libro, dedicato a tutte le componenti della scuola italiana, studenti, insegnanti, burocrati e genitori, andrebbe letto nelle classi di ogni ordine e grado, come si diceva una volta, un capitolo dopo l’altro, e commentato.  Anche se  i tempi cambiano, la missione della scuola è sempre la stessa: insegnare a imparare, a conoscere, a riflettere, a giudicare, per uscire dalla scuola migliori di quando ci siamo entrati. E soprattutto per non rimanere tutta la vita all’ultimo banco.

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