Giacomo Leopardi come non lo avete mai visto (e sentito)

ROMA – A Roma da più di quarant’anni c’è un marchigiano, Pio Monti, che è stato tra i pionieri dell’arte contemporanea nella Capitale, senza però mai trascurare la musica (nel suo spazio a Piazza Mattei campeggia un pianoforte!) né la poesia, con cui si diletta verseggiando a ritmo di freestyle nella quotidianità delle sue conversazioni.

L’incontro tra queste espressività trova spazio nella sua galleria, in questi giorni, attraverso la mostra “Oltre la siepe. Omaggi a Giacomo Leopardi”. 

Sarà per i suoi natali, sarà perché ama cavalcare l’attualità, ma sono tre le mostre che Pio Monti dedica al grande poeta: due nella sua galleria di Recanati (quella in corso, “Ascolto Infinito di Luce”, mette in dialogo le opere di Liliana Moro e Alberto Di Fabio con le luminarie cittadine riproducenti L’Infinito) e, per l’appunto, “Oltre la siepe” a Roma, in cui ciascuna opera è proposta in associazione con una poesia di Leopardi.

Interrogato sulla sua scelta, Monti ripete quanto dichiarato in catalogo: “per me marchigiano e giardiniere dell’Arte contemporanea, Leopardi non è soltanto sublime poesia, ma vita vissuta”. La cosa spiega anche la trasversalità della collettiva, espressa anche dalla proposta di artisti di varie generazioni, da Vettor Pisani e Giacomelli agli emergenti Alessio Ancillai e Claude Hesse (solo per citarne alcuni), fino ai cosiddetti in mid careear come Teresa Iaria ed Elisa Sighicelli di cui è presente uno splendido light box dedicato al quattrocentesco pittore marchigiano Gerolamo Genga.

Ma come entra la musica in mostra? Entra in modo traslato, come sonorità più che altro, attraverso l’istallazione sonora Noveminutiquarantaduesecondi di Roberto Pugliese&Tamara Repetto, ma soprattutto attraverso la sound art di Giuliano Lombardo che ha riletto a suo modo tutte le poesie proposte per la mostra.

Ne esce un lavoro sottile ma incisivo, non una trascrizione letterale – che nulla avrebbe aggiunto alla tradizionale lettura di Leopardi – ma un susseguirsi di evocazioni da cui lasciarsi trasportare ed entrare nella poetica leopardiana con insoliti calzari.  Incuriositi, abbiamo fatto qualche domanda all’artista.

Come hai sviluppato il lavoro sonoro per la mostra “Oltre la siepe”? Quale è stata la tua chiave di lettura, se così si può parlarne, delle poesie di Giacomo Leopardi?

Non parlerei tanto di chiave di lettura quanto di connessioni tra mondi diversi, seppur strettamente collegati tra loro. Rileggere gli scritti di Leopardi ha generato delle riflessioni, delle immagini e dei ragionamenti. In alcuni casi, queste intuizioni estetiche le ho connesse a metodi e lavori che stavo, o che avevo già portato avanti. In altri casi ho creato degli appunti sonori delle mie reazioni mentali. Si tratta di appunti e di idee sonore che sono scaturite come reazioni agli stimoli della rilettura di Leopardi ed all’intero contesto della mostra, tracce da usare a loro volta come spunti creativi e di riflessione in relazione al contesto. Suggestioni.

Nel progetto  emergono sonorità diverse, influenze indiane, anche la musica elettronica nel tweet de Il passero solitario, forse anche un po’ di new age…quali influenze subisce il tuo lavoro e come queste si sono combinate con Leopardi? Quanto spazio ha il poeta nel tuo background culturale?

La mia conoscenza di Leopardi è legata agli anni della scuola, quindi tornare su quelle pagine mi ha ricordato quanto il suo lavoro avesse su di me e, credo, anche sui miei compagni, un fortissimo impatto emotivo. Ricordare quelle esperienze mi ha dato più consapevolezza diretta di quanto l’opera di Leopardi faccia parte di noi. Quanto sia codificata nel nostro sistema nervoso centrale. Detto questo, codificati nel mio sistema nervoso centrale sono anche il jazz, la musica classica, la musica contemporanea, l’etnomusicologia e la musica elettronica nelle sue molteplici forme e formano un corpus di soluzioni e strutture compositive da cui attingere.

Per quanto riguarda le influenze indiane, nei testi leopardiani si trovano degli accenni di esotismo che mi hanno portato ad immaginare il tipo di carica emotiva e l’alone di mistero e di fascino che potevano esercitare a quei tempi alcuni elementi provenienti dalle culture “altre”. Nel “tweet” associato al passero solitario è il fascino esercitato dall’equilibrio tra variazioni e ripetizioni nei fenomeni naturali ad essere stato il punto di partenza. Ho pensato che un suono così palesemente sintetico rendesse più l’idea di un suono prototipico che non riguardasse un passero specifico, ma che esprimesse il tipo di reverse engeneering che viene compiuto da un essere umano che l’ascolta e cerca di capirne la struttura compositiva. Lo stesso concetto lo ho applicato al suono della fontana menzionato nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, che tramite un lavoro di filtri fa emergere una melodia nascosta. A Il pensiero dominante ho invece associato una traccia della serie “Fattori di Anormalità e Disturbo” in cui la traduzione a cascata con traduttori automatici genera nuovi testi spesso misteriosi e incomprensibili a partire da un testo di partenza qualsiasi. La lettura stessa del testo risultante viene letta da un programma text-to-speech. Ho voluto associare la creatività “spietata” dell’algoritmo al disagio del pensiero nei confronti di sé stesso che si coglie nella riflessione leopardiana. Una specie di volontà del pensiero di diventare altro da sé.

3. Sei anche un musicista… quale è in te il confine tra arte visiva, musica e sound art ? Esiste? Si può parlare di confine in generale, rispetto a queste discipline?

Si tratta di categorie culturali. È come se un etichetta significasse: se hai un background culturale di questo tipo forse ti interesserà questo. Oppure: per apprezzare questo prodotto occorre questo tipo di background. L’altro tipo di demarcazione è di tipo modale, si basa su quale modalità sensoriale prevalga sulle altre: è come dire preparati a fare particolare attenzione agli eventi visivi piuttosto che sonori, tattili o altro. Prima di percepire qualcuno come individuo gli esseri umani hanno bisogno di categorizzare: maschio, femmina, bianco, nero, giovane, vecchio, musicista, artista visivo… Sarebbe impossibile vivere senza categorizzare, ma le categorie hanno anche una funzione conservativa che si oppone alla trasformazione ed alle novità. Le categorie possono generare pregiudizi, stereotipi negativi e chiusura mentale.

Credo che ci stiamo muovendo sempre di più verso una convergenza culturale che renderà sempre più obsolete queste distinzioni. Anche per quanto riguarda le modalità sensoriali stiamo imparando sempre di più quanto queste si influenzino tra loro e collaborino a tutti i livelli molto più di quanto ce ne rendiamo conto. Volendo, tutte queste produzioni potrebbero essere chiamate “stimoli culturali ambientali” e per me andrebbe bene lo stesso.

Oltre la siepe. Omaggi a Giacomo Leopardi

Fino al 20 gennaio

PIOMONTI arte contemporanea

Piazza Mattei 18, Roma

Ingresso gratuito

Orari: Lunedi 15/20 –  dal Martedi al Sabato 11/20

DIDASCALIE FOTO

Alessio Ancillai, La mia siepe

photo: Giorgio Benni

Roberto Pugliese & Tamara Repetto, Noveminutiquarantaduesecondi

Installazione sonora (alluminio, legno, speakers, cavo, lettore DVD, amplificatori)Dimensioni variabili, 2009

Elisa Sighicelli, Untitled (Homage to Genga) 

light box, 2005 photo: Giorgio Benni

{gallery}piomonti{/gallery}

Condividi sui social

Articoli correlati