Arte, Dario Damato: ad memoriam

Un nuovo capitolo della storia dell’arte lasciato in eredità attraverso una pittura colta, fatta di immagini da leggere e parole da guardare

ROMA – Nell’intero viaggio della pittura si possono cogliere aspetti sorprendenti sulla vita di persone straordinarie che con forza e caparbietà, si sono avallate il diritto di scrivere, attraverso le proprie opere, la storia dell’arte che noi tutti conosciamo. Artisti questi, che hanno approfondito le ricerche sul campo sperimentale o che si sono incanalati in strade già percorse, modificando e approfondendo aspetti innovativi delle varie correnti artistiche o che, addirittura, hanno immerso il loro sguardo in un altro punto di vista, più arguto, più espansivo e a volte semplicemente più vero. Proprio tra coloro che con audacia sono giunti a stravolgere ed andare oltre le forme, si inserisce con tanto di merito e fama Dario Damato, pittore, sperimentatore, grande visionario e pioniere di una nuova cultura. Nato a Barletta nel 1937, diventa attivo in campo artistico nazionale ed internazionale intorno agli anni sessanta. Nella sua lunghissima carriera artistica, ha ricevuto molti riconoscimenti dalle più grandi cariche istituzionali, dal Senato italiano nel 1973 e dal Presidente della Repubblica nel 1974. Dipinse innumerevoli ritratti, tra i quali ricordiamo quello di Enrico Berlinguer e Sandro Pertini. Nel 1980 al 1990, fu Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Foggia, mantenendo la cattedra di docente ordinario del corso di Pittura e successivamente quella di Caratteri Stilistici delle Civiltà e di tecniche del paesaggio. Contemporaneamente, Fu Art director di alcune gallerie di rilievo, come la ProPadova, la Galleria Pietra di Milano e la Taverna del Gufo di Foggia. L’artista Dario Damato, percorre tutta la sua vita all’insegna dell’arte e di un’attività culturale alta, che nel corso degli anni, gli consentirà di esprimere fino alla fine della sua carriera, i concetti base ed oltre di una forte e pragmatica corrente artistica, quella delle Poetiche Verbo-Visive, di cui si cita fra i massimi pionieri, il critico d’arte Filiberto Menna. Attraverso la sua arte, Damato riesce a unire in un gioco di ruoli concreti e ben definiti, la bellezza e la potenza segnica antica delle pitture rupestri e quella odierna della Street Art. Il colore sulla tela, modifica la sua stessa percezione, portando alla luce campiture piatte di cieli immensi, in contrapposizione alle grandi e vaste pianure, alle montagne e maree di luoghi lontani, semmai vicini nella mente del pittore, costruite e costituite da una grande forza tonale e da un segno istintivo. Si possono scorgere, paesi secolari in cima alle montagne bagnate dal mare che, inermi e rassegnate da secoli, osservano stoiche, la devastante e continuata forza delle onde che si frantumano contro le rocce, creando il suono di una dialettica ciclica e sempiterna. Ma addirittura, si possono scorgere nelle opere del Sud Italia, o nella serie delle Geo/grafie, fantastici paesaggi, definiti e resi vivi dalla sua più grande e arguta immaginazione visiva, o nelle periferie delle più grandi città da lui visitate e ampiamente vissute, come Roma e Milano: omaggiata quest’ultima, attraverso un’ opera inerente ad uno dei più importanti film del secolo scorso Calibro 9, scritto e diretto dal carissimo amico di Dario Damato, Fernando Di Leo. Alcune contaminazioni verbali, sono utilizzate  per soluzioni compositive  e strutturali dell’opera stessa, ma altre, trascendono la struttura, perché costituite di tracce e simboli dall’ arcaica e magica provenienza, da frasi estrapolate dalle poesie dei grandi scrittori internazionali che  hanno per giunta, creato la forma mentis del grande maestro: le parole e i segni da lui concepiti, si ripetono all’infinito, creando un vero e proprio linguaggio alto ed altro, attribuibile ad una scrittura illusionistica, composta di svariati codici, protettori di enigmi latenti. La sua arte quindi, oltre ad essere un dialogo con la propria terra di appartenenza, diventa allo stesso tempo, un rituale metodico, compiuto e definito, consacrando l’opera in molteplici linguaggi, in cui le immagini e le parole arrivano inevitabilmente ad una compensazione comune. […} La vocazione della parola e della scrittura a visualizzarsi, ha come elemento caratterizzante quello della “contaminazione” linguistico – mentale creando in un certo senso immagini da leggere e parole da guardare. Cit. Vitaldo Conte: Dispersione. Il dovere morale, che ha accolto ed abbracciato l’intera vita, l’anima e la mente di Damato, attraverso la sua pittura e non, si basa sulla reale possibilità di creare un ponte, una relazione o meglio ancora un passaggio del testimone alle nuove generazioni. Traguardo raggiunto e messo in atto fino alla fine dei sui giorni, con un gruppo di giovani artisti, consacrato con il nome di Scuola delle Poetiche Verbo-Visive, ancora attivo in vari campi e costantemente presente nel panorama artistico. La pittura di Damato, ha glorificato la sua intera vita, ma anche l’esperienza culturale passata all’insegna della difesa di essa, alla crescita del proprio territorio e alla rinascita di una vera e propria identità che in alcun modo deve essere calpestata. Ed è proprio il suo pensiero nobile e la vivacità pittorica, a considerare l’intero operato artistico del maestro Dario Damato, un importante tassello dal valore inestimabile per la storia dell’arte dell’ultimo secolo. Il suo volo alto sulle ali della cultura, non è stato affatto spezzato dal corso inesorabile di una vita mortale terminata nell’Ottobre del 2013, perché il suo linguaggio è stato creato dalla contaminazione della materia, con qualcosa di inafferrabile ed inattaccabile dal tempo che scorre e consuma i corpi, qualcosa che si dona e trasmette ai posteri attraverso il fascio di un eterno memoriale: l’anima.

Condividi sui social

Articoli correlati