Teatro Olimpico. “Raffaello” di Vittorio Sgarbi

ROMA – Scriveva Fernando Pessoa. “La fortuna di un popolo dipende dalla sua grammatica”.  E poiché è vero che il progresso di una nazione ha radici nella sua cultura, è lodevole ogni sforzo per accrescerla e renderla più umana.

C’è da augurarsi che gli spettacoli ideati da Vittorio Sgarbi su Caravaggio, Michelangelo, Leonardo e Raffaello Sanzio si rinnovino oltre le celebrazioni. E c’è da gioire, data la folla accorsa al teatro Olimpico di Roma, che il loro successo si sia puntualmente ripetuto con la conclusione del trittico rinascimentale sull’urbinate.

La lectio magistralis di Vittorio Sgarbi ha superato le tre ore e il pubblico, intero fino all’ultimo minuto, ha applaudito con convinzione. E’ una biografia non agiografica quella che lui ha raccontato e dunque efficace e comprensibile a tutti.  Poiché in fondo ci si appropria solo di ciò che si comprende, è merito del critico avere accompagnato Raffaello dritto al cuore degli spettatori: i suoi quadri spiccavano se paragonati alle fatiche di altri; generava empatia il travaglio della loro gestazione, riconoscenza il lascito raffaelliano agli artisti dei secoli successivi. Vittorio Sgarbi ha detto che riconosciamo grande chi chiamiamo solo col nome (non hanno importanza massima le persone cui siamo legati affettivamente, cui non ci si rivolge per cognome?) e, di fatto, è riuscito a trasmettere verso l’arte e il suo creatore quell’amore che avvicina e magnifica entrambi.

L’appassionata, istrionica esposizione della vita e delle opere di Raffaello assegnano a Vittorio Sgarbi il titolo di vero mattatore. Il critico d’arte legge alcuni passi del Vasari e li reinterpreta con linguaggio personale, familiare e schietto, sì da rendere apertamente umano il grande artista. Arrivato all’ultimo segmento della vita del pittore, illustra i significati reconditi di un suo dipinto dai nitidi, inconfondibili tratti: “L’estasi di Santa Cecilia”. Sgarbi narra che vedendo il quadro Francesco Francia, stimato collega di Raffaello, abbia ricevuto una tale percezione della propria inferiorità da beccarsi un infarto, cosa che, senza le cure odierne, l’ha portato alla morte. La perfezione di Raffaello, aveva già avvisato il critico, l’ha reso “antipatico” anche a lui. Sgarbi lo dipinge come ligio al lavoro, relegato alla produttività quotidiana a differenza del “pigro Leonardo”, mai interessato al sesso fino ai trentatré anni (per l’epoca una veneranda età) per poi invaghirsi follemente di quella che conosciamo come “Fornarina” e morire di sifilide all’età di trentasette. 

Dopo uno spettacolo come quello ideato da Sgarbi – che mescola con maestria alle immagini le musiche composte ed eseguite dal vivo da Valentino Corvino attraverso violino, viola, oud, elettronica, glasses; le scenografie-video di Elide Blind, Niccolò Faietti, Domenico Giovannini, Mikkel Garro Martinsen, Simone Tacconelli, Simone Vacca – sarà sicuramente più facile ai profani riconoscere lo stile di Raffaello, il nitore di seta delle sue pennellate, il valore universale che c’è nell’immortalare simboliche emozioni.

Teatro Olimpico di Roma

CORVINO PRODUZIONI p r e s e n t a 

es

RAFFAELLO

Uno spettacolo 

con VITTORIO SGARBI

Musiche composte, ed eseguite dal vivo da VALENTINO CORVINO 

Violino, viola, oud, elettronica, glasses

Scenografie video 

Elide Blind _ Niccolò Faietti _ Domenico Giovannini

Mikkel Garro Martinsen _ Simone Tacconelli _ Simone Vacca

Service tecnico Promo Led

Messa in scena ed allestimento

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