Incontro ravvicinato con Margarethe von Trotta, espressione unica del linguaggio femminile

ROMA – Sempre entusiasmante l’incontro con Margarethe von Trotta, la grande regista tedesca che in perfetto italiano ha portato avanti una interessante master class al BIF&ST di Bari in un gremito Teatro Petruzzelli, sui temi del cinema civile e sul cinema diretto dalle donne, di cui la Von Trotta è sicuramente una degli esponenti più emblematici di un cinema che anche in Europa ha sempre più difficoltà ad essere espresso.

Margarethe von Trotta, ha cominciato la sua master class, ricordando i sentimenti avversi verso la sua nazione che hanno caratterizzato gli inizi della sua carriera. 

Sono nata a Berlino, ricorda la regista, e i miei ricordi di bambina sono legati alla guerra e alle macerie, alla polvere che ci avvolgeva. Come abbiamo fatto a resistere sotto quelle bombe, proprio non lo so. Poi negli anni 50 i nostri genitori facevano in modo di non farci conoscere la verità di quello che era successo. Si vergognavano e ci crescevano nel silenzio, cercando di proteggerci dall’orrore. Neanche i maestri a scuola ci mettevano al corrente della verità. Solo negli anni 60, quando si è diventati più grandi, più consapevoli e autonomi, abbiamo compreso quello che la Germania aveva combinato. Io, personalmente, ho odiato profondamente il mio paese. Ma tutta la mia generazione, tanto è vero che il cinema di quegli anni ha avuto una connotazione profondamente politica. Eravamo infuriati, pieni di risentimento e questo ha generato un cinema contro che ha caratterizzato il cinema tedesco di quegli anni ma che oggi non esiste più. 

Margarethe von Trotta è comunque l’espressione più importante di un linguaggio femminile del cinema che ancora oggi è difficile da esprimere, il cinema, la vita  non è semplice per le registe.

Non ero l’unica regista donna, ce n’erano tante molto più brave di me, si schermisce la von Trotta, forse tutto è dipeso dal cognome più facile da ricordare e da pronunciare. Ma aldilà di tutto, comunque non è stato facile. Ho sempre voluto fare la regista, anche se ho cominciato come attrice. La prima occasione è arrivata con Il caso diKatharina Blum, ma i produttori mi dissero che il mio nome non poteva comparire nei titoli di coda. Che tempi! Oggi invece risulta essere un film totalmente mio.  Ho sempre cercato di lottare per quello in cui credevo. Per esempio quando Fassbinder per Rosa Luxemberg voleva Jane Fonda, io mi imposi per dare quel ruolo a Barbara Sukova e tanto feci che Fassbinder cedette. Barbara è un attrice straordinaria , abbiamo lavorato tanto insieme. Qualche anno fa si era ritirata in America, non recitava più e si dedicava solo al canto, poi ha accettato di interpretare Hanna Arendt ( splendido film sulla filosofa tedesca che ha scritto la Banalità del male, presentato proprio qui al BIF&ST) regalandomi una interpretazione fantastica che è continuata con la partecipazione a The Misplaced World ( ultimo lavoro presentato qui al BIF&ST in uscita prossimamente in tutta Italia). Amo molto Barbara, è un artista in continua evoluzione, e poi legge le sceneggiature fino in fondo!

 

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