Film: Non uccidere, quando il grigio avvolge tutto il racconto

ROMA –  Non Uccidere, fiction prodotta dalla Freemont con Miriam Leone, nei panni di una giovane detective della polizia di Torino che indaga su delitti in cui in qualche modo c’è sempre di mezzo la famiglia, segna il ritorno della fiction sul RaiTre, con una serie che prende ispirazione dalle cugine anglosassoni, in cui mentre si indaga su delitti diversi per ogni puntata, si va a fondo nelle pieghe dei personaggi principali, in questo caso  nel rapporto fra l’ispettrice  e la madre, (Monica Guerritore), in carcere per aver ucciso suo padre, e anche nei risvolti psicologici dei protagonisti dei casi indagati. 

Non Uccidere, segue l’impronta di quei polizieschi inglesi che nell’introspezione dei personaggi hanno trovato il loro successo come The Fall o Broadchurch  con in più una particolarità tutta italiana nell’ispirarsi a casi di attualità come quello di Sarah Scazzi, cercando anche di rivolgere un messaggio di accusa alla tv che entra nelle indagini e ne diventa addirittura protagonista. Aldilà della scrittura e delle intenzioni, quello che in Non Uccidere ho trovato esagerato e “pesante” è la messa in scena, con questo grigio che avvolge tutto il racconto, come se ci fosse una cortina di smog attorno a tutti, nonché nell’esagerata mortificazione fisica dell’ispettore interpretata da Miriam Leone, che ormai sembra il jolly della tv italiana, perché va bene la realtà e quindi la necessità di rendere i personaggi più credibili possibile, eliminando il trucco, rendendo evidente la normalità, la stanchezza etc,  ma da qui a cercare di eliminare ogni femminilità, ogni cura in una donna che diventa scialba, questo no. Non credo che si diventi più credibili, così. 

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