Contropiede. Giulia Lusetti: “Ci creiamo noi la personale fine del mondo”

ROMA – Il 9, 10 e 11 novembre a Roma al teatro della “Fonderia delle Arti”, in via Assisi 31, alle  21.00, debutterà lo spettacolo, “Contropiede: come sopravvivere alla fine del mondo, istruzioni per l’uso!”,  simpatica ed emozionante commedia che racconta le vicende di sei personaggi nei giorni antecedenti la fine del mondo preannunciata dai Maya.

La piéce ha vinto il primo premio del Campionato italiano del secondo atto. Autrice è la giovanissima Giulia Lusetti, che partecipa alla compagnia degli Infarti,  gruppo di talenti che si autoproduce. In questa intervista Giulia Lusetti racconta a Dazebao la sua preziosa esperienza.

D. Perchè la scelta di una professione nello spettacolo?
G. L. Sin da quando ero piccola ho trovato nel mondo dello spettacolo il modo di raccontarmi e di comunicare con il resto del mondo. Se dovevo esprimere un’emozione preferivo farlo cantando, ballando, recitando o scrivendo. Poi, crescendo, ho definitivamente capito che dovevo farne un mestiere, e così ho iniziato a studiare tanto, tra risate, pianti, indecisioni, rabbia, felicità… ma si sa, l’artista è sempre in crisi!

D. Come è nata la compagnia degli Infarti?
G.L. La compagnia è nata quasi per caso. Durante il mio ultimo anno di accademia (l’accademia professionale di Teatro e Musical “Fonderia delle Arti” diretta da Giampietro Ingrassia) avevo notato un bando, “Campionato Italiano del Secondo Atto”, dove si chiedeva agli autori di scrivere il secondo atto di uno spettacolo ideato da Pietro De Silva appositamente per il concorso. Mi sono iscritta, in ritardo, e sono stata ammessa per il rotto della cuffia! Così ho chiamato i miei compagni di classe di cui mi fidavo di più e abbiamo iniziato a lavorare insieme: alla fine abbiamo vinto! La passione e l’impegno che abbiamo profuso hanno fatto la differenza con tanti autori e compagnie di esperienza decennale. E così, da quel momento, abbiamo deciso di creare il nostro teatro.

D. La compagnia si autoproduce coraggiosamente: la cultura è per un giovane un buon investimento?
G.L. Mi piacerebbe tanto poter rispondere di sì, perché dovrebbe esserlo. Sono convinta che è sulla cultura che si basa tutta la nostra esistenza, senza cultura non potremmo vivere civilmente in questo mondo. Purtroppo qui in Italia c’è la convinzione che “con la cultura non si mangia”, quando basta affacciarsi in Inghilterra o in America per capire come l’industria dello spettacolo sia fondamentale per l’avanzamento economico e sociale di un paese. Da quando è nata la compagnia abbiamo sempre cercato di porci in maniera professionale davanti a tutto e tutti. Hanno provato più volte a raggirarci utilizzando come scusa il nostro essere “giovani”, ma noi siamo stati irremovibili: abbiamo studiato tanto per poter fare questo mestiere e pertanto pretendiamo di essere trattati come tutti i lavoratori che si rispettino.  

D. I premi aiutano a superare le difficoltà lavorative?
G.L. Sicuramente sì. Senza il premio del concorso sopra citato non saremmo riusciti a fare una buona pubblicità, a procurarci i giusti costumi, a pagare la siae. Questo ci ha permesso di dire di sì a più teatri che volevano offrirci la loro collaborazione per la realizzazione del nostro progetto, senza dover fare minuziosi calcoli su quanto avremmo potuto incassare e quante spese avremmo potuto coprire con tot. serate in un teatro. Basta davvero pochissimo e la gestione di una piccola grande realtà come la nostra può cambiare da così a così.

D.“Contropiede”, il tuo esordio come autrice, cosa racconta? Quale il  messaggio?
G.L. Questa domanda mi piace molto, mi rende entusiasta! Contropiede è una commedia che parla delle vicende di sei personaggi alla vigilia della fine del mondo predetta dai Maya. Matteo, un calciatore omosessuale che vuole fare tutt’altro nella vita; Gianfranco, il padre, che non lo capisce; Caterina, la madre, così intimorita dal marito da trascurare i suoi figli; Diana, la sorella, trasparente agli occhi di tutti e Amelia, la sua migliore amica, che vive in un mondo tutto suo, combinando tantissimi problemi. L’unico sereno e tranquillo è il fidanzato, Luciano, che lo ama profondamente e cerca di fargli aprire gli occhi.  Con questo spettacolo voglio raccontare come tante volte siamo noi a crearci la nostra, personale, fine del mondo, aspettando senza agire. E se invece provassimo a crearci un nuovo inizio, a ripartire quando tutto ci sembra perduto e non tralasciare niente? Nel mondo che mi circonda ho notato una cosa: tutti sono soliti rimandare, io stessa. Gli appuntamenti, le telefonate, le visite… Nessuno mai si ferma ad assaporare l’attimo che sta vivendo, è un continuo aspettare!

D. Quali sono i tuoi modelli?   
G.L. Innanzitutto Eduardo. Non è solo un attore, autore e regista, è l’ambasciatore della realtà familiare, un grande interprete dell’animo umano. Le sue opere sono di una bellezza straordinaria e commovente. Ammiro molto anche Ibsen e Checov, leggo “Il gabbiano” almeno un paio di volte al mese. Mi attira molto il modo di lavorare dell’Odin Teatret di Eugenio Barba, il cosiddetto “teatro laboratorio”, ma non ho mai avuto l’occasione di assistere a un loro spettacolo, ho solo letto tanti libri. Mi piacerebbe, prima o poi, approfondire a livello pratico il loro metodo.

D. Secondo Camus “creare è dare una forma al proprio destino”. Quali  difficoltà incontra un giovane su questa strada?
G.L. Sono completamente d’accordo con quello che dice Camus: creare qualsiasi cosa è dare un senso alla nostra vita. Standocene seduti a guardare saremmo eternamente insoddisfatti.
Per noi giovani è davvero difficile, tornare a casa dopo il ventesimo provino con l’ennesimo no è davvero complicato e avvilente. “Ci vuole coraggio”, come direbbe Eduardo. Per questo non bisogna perdersi mai d’animo secondo me, e bisogna fare di tutto per andare avanti DA SOLI, creare e inventarsi sempre qualcosa di nuovo che possa renderci felici e magari, alla lunga, diventare la nostra principale occupazione.

D. Quali progetti e speranze?
G.L. Tantissimi, sicuramente continuare a studiare, magari all’estero, e ovviamente proseguire nella creazione di un “mio” teatro… poi, mi piacerebbe tornare un giorno da un provino con un bel sì in tasca… io ci credo, e sento che quel momento non è tanto lontano!

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