Gigi Proietti: “Tutto sommato”. La sua straordinaria corsa per la vita

ROMA – “Ma che te cori?”.  Sembra di sentirne la voce, profonda, da basso russo, affascinante come poche, quando leggi quel che Gigi Proietti ha scritto nel suo libro di ricordi.  Il libro si intitola “Tutto sommato. Qualcosa mi ricordo” e non vuole essere un’autobiografia.

A Walter Veltroni che per antica amicizia  lo ha intervistato per “Sette”, Proietti ha ricordato una sua canzone stupenda, “Nun je da retta, Roma”, la cantava in Tosca il film di Luigi Magni, altro suo grande amico: “Oggi Roma non deve dà retta  al mito della velocità. Oggi tutti corrono e fanno mille cose correndo. Mandano sms mentre guidano, usano l’iPad mentre fanno le analisi del sangue. Correre, per dove?”

  Sembra sincero, Proietti, quando dice al suo contemporaneo “Ma che te cori?”. In realtà la sua è stata una vita tutta di corsa. Lo ammette quando  scrive: ”Ho fatto di tutto dall’avanguardia in minuscoli  teatrini scalcagnati  all’opera lirica con costumi perfetti, su palcoscenici meravigliosi”. Questo  perché “una voracissima curiosità  ha assorbito gran parte della mia vita e non accenna a finire: al solo vedere un clown  mi viene voglia  di mettermi un naso rosso e cominciare anch’io”. Però ha sempre rimpianto la pennichella alla contr’ora:  nonne ha mai avuto il tempo.

Non si contano le iniziative artistiche di Proietti: radio, televisione, teatro, cinema, musica. Il suo libro di ricordi ne è pieno ed è la scaletta di una vita sulla scena.   E a leggerlo è un vero divertimento, perché alle battute fulminanti ti sembra stare a teatro, di avere accanto l’attore che recita solo per te. E non hai  nemmeno pagato il biglietto, solo il prezzo di copertina. (euro 19,50, pagg. 252, editore Rizzoli)

“Gli amici   mi chiamano Gigi Progetti, ne ho sempre troppi per la testa”.  Nella vita Proietti ha fatto di tutto:  ha aperto una trattoria che è campata nove anni, ma che dal punto di vista economico è stato un fallimento, i clienti erano soprattutto amici, o colleghi,  ai quali non potevi far pagare conti salati. Stava per  realizzare una casa di riposo per artisti anziani, “Villa Arzilla”, dal titolo dello  sceneggiato televisivo che è diventato un tormentone. Poi costava troppo, peccato, sarebbe stato un teatro vivente, anche se avanti con gli anni.

“Ho fatto in modo che a Roma venissero aperti tre teatri”, uno dei quali  costruito ex novo. E’ il  Globe Theatre sempre pieno  sotto i pini di Villa Borghese. Proietti lo considera giustamente una sua creatura, il nome viene dal teatro inglese il primo nel quale si esibì la compagnia di Shakespeare.   Ma non c’è palcoscenico che Proietti, classe 1940, non abbia calcato in  quasi sessant’anni di carriera.  Il teatro Tenda  dove nacque e crebbe il fenomeno di “A me gli occhi, please”, il Sistina  con la commedia musicale “Alleluja brava gente” con Renato Rascel. Il Delle Vittorie per una televisiva Canzonissima, e ancora in coppia con Vittorio Gassman, o con Eduardo De Filippo in prima fila ad applaudirlo.

  “A me questo maresciallo Rocca non faceva impazzire. Mi pareva troppo buono, troppo logico, troppo perbene, troppo razionale  perché le persone potessero affezionarsi”. Cosi Proietti scrive oggi di uno sceneggiato di grandissimo successo, durato cinque stagioni  e che si è concluso con una miniserie  in due puntate che segnò l’addio definitivo del personaggio.  Allora si diceva  che il maresciallo Rocca aveva “arrestato” Gigi Proietti, nella logica del personaggio che incastra l’interprete e lo costringe ad un ruolo dal quale è impossibile evadere. Non è stato così. Per quanto Rocca sia stato un personaggio popolarissimo, il suo interprete lo è stato ancora di  più. E Proietti è “evaso”. Qualche anno più tardi lo si è detto anche del commissario Montalbano che anche lui avrebbe “arrestato” Luca Zingaretti.  Poi Zingaretti  dalla natia Vigata è salito al nord e ad Ivrea ha incontrato Adriano Olivetti e Montalbano è rimasto a mani vuote. Sarebbero stati due arresti eccellenti nel mondo dello spettacolo, che .   avrebbero fatto la gioia del “Male”, il settimanale satirico  che anni fa sparava titoli sensazionali, come “Ugo Tognazzi è il capo delle Brigate Rosse”. Esposta  in edicola quella prima pagina fece sobbalzare più di un passante. Direttore era Claudio Sabelli Fioretti, che oggi prosegue sulla stessa strada con la radiofonica “Un giorno da pecora”, non meno popolare e irridente. E a  farne le spese sono soprattutto i politici,che comunque vi accorrono entusiasti. 

  “Ho scritto soprattutto di ieri non di oggi, oggi non lo conosco bene, ne parlerò domani, quando sarà diventato ieri”. Così Proietti conclude il suo primo libro di ricordi. Che non sarà l’ultimo: il prossimo si intitolerà “A me gli occhi, please” e, come si dice, comunque vada sarà un successo.

 

Tutto sommato. Qualcosa mi ricordo.

Editore Rizzoli

Pag. 239 

Euro 19.50

 

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