Teatro delle Muse. “L’amico di papà”. Recensione

ROMA – Al Teatro delle Muse la Compagnia Stabile mette in scena una commedia di Eduardo Scarpetta, dal titolo: “L’amico di papà”, nella originalissima e personale riscrittura eseguita da Geppi Di Stasio, che ne ha curato anche la regia. 

L’idea originale di Scarpetta era quella di mettere in dubbio il valore stesso dell’amicizia (o presunta tale); almeno, laddove il “cosiddetto” amico (in buona o in mala fede?), per un eccesso di zelo dà il via a una serie di equivoci, che rischiano di mettere in crisi il vivere quotidiano di una agiata famiglia.  L’ospite  tanto atteso, acclamato e ospitato si rivela subito quanto meno scomodo e  invasivo. Per spiegare la figura di Felice Sciosciammocca, ovvero l’ospite, ci affidiamo alle parole allo stesso Geppi Di Stasio, che ci spiega: “Ma la buona fede di Felice è davvero al di sopra di ogni sospetto? Questo Scarpetta non ce lo dice, figuriamoci se sarò io a farlo. Ci piace, però, insinuare un dubbio che aggiunge un pizzico di sale all’azione”. E infatti, il personaggio di Felice, che ci restituisce Di Stasio, si colloca volutamente al confine tra la consapevolezza e l’ingenuità, a metà strada tra il santo e il demonio!

Nel complesso, abbiamo avuto modo di assistere a uno spettacolo che trae tutta la sua efficacia narrativa dal ritmo volutamente impresso a tutto il racconto drammaturgico e dalla forte caratterizzazione di tutti i personaggi. Una scelta registica che ci sentiamo di sottoscrivere pienamente: in caso contrario, il testo avrebbe mostrato sicuramente qualche limite di datazione. Invece, la velocità nella recitazione e l’eccesso, spesso caricaturale e farsesco, ci hanno restituito un’opera di notevole espressività, irrobustita, poi, dall’accresciuto spessore, che Di Stasio ha scientemente conferito ad alcuni personaggi di contorno, il cui ruolo si è invece parecchio arricchito. Da questo nutrito cocktail nascono una serie di piacevoli situazioni comiche, di gags, di spunti bel riusciti. “Una commedia – prendiamo ancora in prestito le parole di Di Stasio –  permeata di quei pruriti che sono alla base dei nostri sensi. La chiave, però, non vuole essere mai pesante, mai troppo scollacciata, né troppo salace, forse solo un po’ ridicolizzatrice della condizione dell’essere umano di fronte al suo più forte istinto. Una realtà in cui la centrale maschera di Felice, dopo aver compiuto la sua nobile e devastante parabola, si defila con tutta la poesia dei personaggi indefiniti prima di essere incompiuti.” 

Veniamo ora ai singoli personaggi. Geppi Di Stasio si cala perfettamente nei panni di Felice, mentre il ruolo di don Liborio ovvero il papà, viene egregiamente interpretato da Rino Santoro. Al suo fianco spicca Wanda Pirol,  incisiva e frizzante nella parte di Angiolina, la moglie assai “trascurata” dal marito. Accanto a loro, abbiamo ammirato una brava Roberta Sanzò nel ruolo di Luisella, la cameriera ciociara, segretamente coniugata con Ciccillo, finto accordatore di pianoforti,  abilmente interpretato da un credibile Antonio Lubrano

Tra i personaggi cosiddetti “minori” (divenuti invece di grande rilievo, nella versione Di Stasio), abbiamo apprezzato Lino Mandile, bravo e misurato nel difficile ruolo di Pasqualino, il cameriere gay, Susy Pariante decisa e grintosa nei panni della figlia Marietta, a sua volta innamorata di Ernesto, un appassionato motociclista cui dà vita un ottimo Nunzio Della Marca. Infine Claudio Veneziano veste gli abiti… anzi il camice del divertente dott. Panfilo, mentre  il ruolo di Bettina, una sedicente corteggiata da Don Liborio, è affidato a Marisa Carluccio.

Uno spettacolo da vedere!   

 

 

Teatro Delle Muse  fino al 2 febbraio 2014  

Via Forlì 43, Roma  –  tel. 06.44233649 o 06.44119185  

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