Teatro de’ Servi. “Clandestini”. Se fossimo noi? Da non perdere. Recensione

ROMA – Al Teatro de’ Servi è in scena una bellissima commedia dal titolo “Clandestini”, scritta dalla penna prolifica e fantasiosa di Gianni Clementi, il quale, questa volta, ha voluto puntare l’obiettivo della sua satira graffiante ed efficace sul futuro dell’Europa e dell’Italia in particolare.

Siamo infatti nel 2031: l’Europa è disastrata dalla crisi economica, l’Italia è praticamente alla fame e i nostri più intraprendenti conterranei si imbarcano sull’ormai classico gommone e approdano sull’altra sponda del Mediterraneo, dove ancora sprizza il petrolio, sinonimo di ricchezza. Insomma, si invertono i ruoli: e così un catanese, un milanese, un romano e una romana si ritrovano aldilà del Mare Nostrum,  tre in veste clandestini appena sbarcati e braccati dalla gendarmeria, e uno, il romano Eros, migrato 7 anni prima e “felicemente” coniugato con una donna locale, gelosa, possessiva e che pesa 128 chili!  Però, così facendo,  ha potuto ottenere la cittadinanza.  Insomma, la storia si ripete nella sua ciclicità, ma si invertono i ruoli. Ed è questa la situazione che fa scattare la molla della comicità alla quale, peraltro, contribuiscono non poco i “caratteri” dialettali: infatti, il catanese Orazio  è interpretato da un Marco Cavallaro in grande forma, il milanese Silvano è il bravo Alessandro Salvatori, il romano Eros  è il convincente  Andrea Perrozzi, mentre Antonia Renzella  dà vita ad una romantica Angelica.

La commedia coinvolge e pone anche interessanti quesiti socio-economici (ad esempio, come quando Eros spiega  il vizio dei neo ricchi africani, che non vogliono fare lavori umili, senza capire che quando finirà l’ultima goccia di petrolio, toccherà anche a loro tornare ad essere “emigranti”). Sicuramente diverte e affascina per l’innata comicità della situazione concepita nel testo, grazie anche al ritmo incalzante e dinamico impresso dall’impeccabile e fantasiosa regia di  Vanessa Gasbarri

Dicevamo della vis comica e anche della semantica dei dialetti. Senza dubbio, la parte del leone la fa lo spettacolare siciliano di Marco Cavallaro, che ci regala autentiche chicche: chi fa la fortuna di capire anche le più piccole sfumature se la “sciala” alla grande. Ma anche il milanese di Alessandro Salvatori e il romano di  Andrea Perrozzi sono ricchi di quel vigore linguistico che dà una forte coloritura a tutta la commedia.

Particolarmente apprezzata la presenza sul palco di due pupi siciliani, che Marco Cavallaro manovra con disinvoltura, regalandoci così un pezzo di “Opera dei Pupi”, con i tradizionali Orlando e Rinaldo che si contendono l’amore di Angelica. Ma per fortuna, il “puparo” è uno solo (Orazio) così come il personaggio di Angelica (sul palco Antonia Renzella). E così, preannunciato dalla romantica serenata “E vui durmiti ancora” (cantata da Orazio) , tra i due nasce il sentimento, ma all’insegna dell’arte e della cultura tradizionale…. decidono infatti di proporre l’opera dei pupi ai locali abitanti!  Ovviamente, il lieto fine vale per tutti, poichè anche Silvano ed Eros  troveranno la soluzione alle loro problematiche di vita africana. Il tutto, in chiave intensamente ironica e in un crescendo di surreale comicità.  

Nel complesso, uno spettacolo assai gradevole! Anzi, da non perdere! 

Fino al 29 marzo 2015 

Teatro de’ Servi  –  

Via del Mortaro, 22 (Via del Tritone) – 

Info: 06.6795130 

www.teatroservi.it

Condividi sui social

Articoli correlati