Udine. Teatro San Giorgio. “Il sole e gli sguardi”, Luigi Lo Cascio incontra la stampa

In occasione della prima assoluta del suo nuovo spettacolo, l’attore palermitano svela i retroscena dell’incontro letterario col Pasolini poeta, a lungo dimenticato

UDINE – L’aria è carica di novità, grande emozione e un pizzico di ironia. L’atmosfera è intima, informale, quasi confidenziale. Gli ultimi ritocchi, qualche accorgimento strutturale, ci si schiarisce la voce e poi si parte. Si chiacchiera, si scherza, si ascolta. Si parla per versi.

“Pasolini non era fra i miei autori, perlomeno non fra quelli studiati al liceo. Diciamo che mi riservavo di conoscerlo al momento giusto”, spiega Luigi Lo Cascio, nuovamente sulle scene in veste di regista e interprete ne “Il sole e gli sguardi. La poesia di Pier Paolo Pasolini in forma di autoritratto”, al Teatro S. Giorgio di Udine da mercoledì 25 novembre fino al 5 dicembre. Il giorno – “quel” momento – pare sia giunto.

Inscritto nell’ambito dell’ambizioso progetto Viva Pasolini!, ideato e curato da CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, “Il sole e gli sguardi” è il frutto di una felice coproduzione con il Teatro Metastasio Stabile della Toscana: un connubio di intenti nato per dare man forte all’affascinante modo di “fare teatro” targato Lo Cascio.

Protagonista principale di un dispositivo innovativo capace di coniugare molteplici linguaggi scenici, il regista de La città ideale non indosserà mai la maschera di un Pasolini redivivo.

Infatti, diversamente da quanto ci si sarebbe aspettati di primo acchito, non sarà inscenata alcuna immedesimazione fra Lo Cascio attore e l’“intellettuale corsaro” celebre sotto altro nome. Una nota, quest’ultima, che l’artista ci tiene personalmente a precisare: “Pasolini è un uomo di contrasti, fra carne e cielo”, in perenne tensione col creato e l’universo terreno, pertanto difficile da interpretare ma possibile da raccontare, sviscerare, investigare.

Per l’occasione, invece, Lo Cascio vestirà i panni di un “ipotetico lettore” alle prese con l’opera versistica pasoliniana, non senza prima essersi immerso nell’oceano multisfaccettato di quel lirismo ancora tutto da scoprire. Un’impresa ardua e degna di nota, di gran lunga notevole e di certo significativa, se si considerano la vastità degli studi su Pasolini e il limitato slancio degli stessi nell’esplorazione delle sue suggestioni poetiche.  Uno iato da sempre dato per scontato, un disinteresse accademico non più accettabile.

“Le cose in apparenza più note sono quelle che in realtà conosciamo meno”, prosegue profetico Lo Cascio.

Dopo una prolifica carriera divisa fra teatro, cinema e piccolo schermo, di recente l’incontro fatale con Pasolini. Quasi per fortuito caso. “Avvenne con Che cosa sono le nuvole?”[diretto da Pasolini e interpretato da grandi nomi della commedia all’italiana, fra cui Totò e Domenico Modugno, NdA], continua con tono sognante l’attore siciliano.

A un tratto, l’idea di uno spettacolo anticonvenzionale che racchiudesse in sé ulteriori sviluppi, nuovi motivi di creazione artistica capaci d’espandere le frontiere dell’immensa galassia pasoliniana. Poi, la volontà di riabilitare l’immagine di un genio confuso, talvolta non apprezzato perché complesso. Infine, la scelta – fra le tante manifestazioni del suo ingegno – della dimensione lirica, quella tanto trascurata quanto fondamentale per la comprensione di un’opera omnia altrimenti incompleta. 

E continua. “Rapimento.  La poesia di Pasolini è materia che rapisce, un momento di altissima suggestione”, “il luogo di una sua spontanea autobiografia”, un diario intimo e profondo che evoca scenari inconfessati, affetti dimenticati, rapporti (come quello fra madre e figlio) mai formalmente considerati. Una sterminata raccolta fatta di “parole teatrali”, tutte legate da un leitmotiv inossidabile: la brama di trasparenza, la “chiarezza del cuore”, per gettare inedita luce su se stessi e sugli altri, sul mondo dentro e attorno. Il sole che rischiari, lo sguardo lucido di chi è sospinto dalla ricerca forsennata della verità, con coraggio e temerarietà. “Il sole e gli sguardi”, nella fattispecie, intende condensare proprio la nobiltà d’animo insita in tale consapevole progettualità.

In questa riscoperta di senso smarrito, Lo Cascio non sarà solo. Affiancato da un artista visivo, Nicola Console, lo spettacolo si svilupperà lungo una sottile linea di confine, fra il performativo e il figurativo.  Una mescolanza di strumenti espressivi, quella volutamente congegnata, non estranea all’eclettismo dell’equipe artistica cui Lo Cascio appartiene: una versatilità di forme e stili comunicativi che aspira a innovare la rappresentazione dal vivo “dall’interno” e che vuole offrire qualcosa di più, quel quid pluris che va oltre la semplice catarsi estetica, travalicando i paletti di una conoscenza immediatamente spendibile e azionando, viceversa, meccanismi votati a introspezione e riflessione di lunga durata. Versi, disegni e immagini dunque si alterneranno intenzionalmente per restituire allo spettatore quella natura proteiforme che tanto caratterizzò – e insieme differenziò – il talento tormentato di Pasolini.

Intellettuale, romanziere, pittore, linguista, drammaturgo, cineasta, saggista, traduttore, critico e ora anche poeta. Come urlava Alberto Moravia all’indomani del feroce assassinio senza nomi né mandanti, come ci ricorda oggi lo stesso Luigi Lo Cascio. “Abbiamo perso prima di tutto un poeta.” Ora riappropriamoci della sua memoria.

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