Orphans: noir che disorienta per far riflettere

Una proiezione delle nevrosi moderne, un thriller ben congegnato, un dramma psicanalitico, un’analisi della società postmoderna: questo è “Orphans” del commediografo inglese contemporaneo Dennis Kelly, astro nascente della prosa britannica. In scena al Piccolo Eliseo di Roma la versione italiana per la regia di Tommaso Pitta, che si è avvicinato al testo grazie a Monica Nappo, attrice protagonista nei panni di Helen, che ne ha suggerito la visione e l’approfondimento.

Il testo scritto nel 2009, nell’edizione italiana diretta da Pitta, è vincitore del premio Nazionale Franco Enriquez 2017 – categoria Teatro Contemporaneo sezione Migliori Interpreti – a Monica Nappo, Lino Musella, Paolo Mazzarelli e – per categoria Miglior Produzione –  a Marche Teatro, ottenendo ampi consensi al Fringe di Edimburgo. Uno spettacolo che per le aspettative dovrebbe tenere lo spettatore col fiato sospeso, soddisfacendo le premesse di un noir ben riuscito, ma in verità pecca nel ritmo. Pause riflessive che vanno ben oltre i tempi tecnici, che lasciano lo spettatore in una sorta di meditazione apocalittica, piuttosto che nella spirale del pathos necessaria.

Ciò è da addursi all’adattamento del testo, rimasto per certi versi più londinese che italiano, non circoscritto all’ambiente periferico nostrano, adatto a una temperie psico-sociale dominata da un eterogeneo melting-pot e da tensioni etniche scatenate da scarsa integrazione. La minaccia delle baby gang asiatiche che terrorizzano e minacciano gli abitanti del sobborgo e scatenano reazioni di razzismo è una realtà ancora distante da quella romana o provinciale del nostro Paese, presente in minima parte solo nelle grandi metropoli. Ed è appunto questo aspetto che disorienta, con stilemi e costumi non condivisi comportando poca immedesimazione da parte del pubblico, che non fa completamento suo il testo, non capendone a pieno il significato sotteso.

La vicenda si articola in una notte, una cena interrotta dall’arrivo del fratello di Helen, coperto di sangue, che sotto shock rivela alla coppia di aver soccorso un ferito per strada, sovvertendo tutti i piani della coppia. La sorella Helen – una bravissima Monica Nappo – parteggia per il fratello e si scaglia contro la periferia e contro le sue gang e la delinquenza imperante, mentre Danny – un convincente Paolo Mazzarelli – il marito, più cauto richiama l’attenzione della moglie sui valori fondanti della democrazia e della società civile, offrendosi di soccorrere l’uomo e avvisare la polizia. «-Allora è proprio così che s’è ridotto il mondo al giorno d’oggi? Chi conosciamo e chi non conosciamo? – Helen – : Sì proprio, Danny. Oggi. Al giorno d’oggi il mondo è ridotto realmente così. Chi conosciamo e chi non conosciamo. Mi dispiace».

Una visione apocalittica che rispecchia, come già accennato il disagio sociale, nato da politiche d’integrazione mal riuscite, dei figli immigrati di terza generazione, cittadini britannici a tutti gli effetti, che emarginati seminano il terrore nelle ex potenze coloniali, Inghilterra in testa; fenomeno acuito dagli attacchi terroristici pilotati da Al Qaeda e Isis come quelli dei lupi solitari, imprevedibili e scioccanti generatori di sgomento e ansia nella popolazione.

La verità sull’aggressione all’immigrato asiatico verrà a galla in tutta la sua crudeltà insieme al vero movente e investirà anche Helen e Danny, in una spirale di disillusione, di segreti, di necessità e di giustizia; un male che travolgerà tutto, senza argini e opposizione: la massa a tutela dei propri bisogni, incurante del mondo esterno, della società e delle sue derive. 

Funziona il meccanismo del thriller sebbene con tempi cadenzati e con risvolti psicologici più che con grandi colpi di scena e a dominare la scena, è lui, il fratello colpevole, la pecora nera: Lino Musella, che trasformista passa dal ruolo della vittima a quello del carnefice, manipolando la sorella e servendosi del suo affetto e della loro passato da orfani per condizionarla. Una performance difficile e importante, che incarna lo stereotipo dell’uomo medio, disorientato, che reagisce alla paura dell’alterità con la violenza, per ignoranza, per debolezza e per mancanza di valori e obiettivi.

Un’opera stratificata, che induce alla riflessione facendo luce su temi sociali, psicanalitici e politici attuali, gettando uno sguardo sulla condizione dell’uomo post-moderno, nevrotico, insicuro alla ricerca di un equilibrio, di una rinnovata stabilità tra nuovi timori e antiche certezze.

Orphans

Dal 14 al 29 marzo 2018

di Denis Kelly

regia Tomasso Pitta su idea di Monica Nappo

Con Monica Nappo Paolo Mazzarelli Lino Musella

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