“Doppio amore”: un thriller surreale che implode su se stesso

Il nuovo film di François Ozon accolto tiepidamente al Festival di Cannes 2017: “Doppio Amore” è liberamente ispirato al racconto di Joice Carol Oates “Live of the Twins” (Vita da gemelli) ed è un thriller psico-erotico.

L’erotismo genitale è evidente sin dai primi frame con una vagina ingigantita in primo piano con tanto di speculum e il simbolico taglio dei capelli della donna. Si tratta di una visita ginecologica per determinare l’eziologia di uno strano mal di pancia di cui soffre la protagonista. Un esordio freudiano e molto fisico, per introdurre subito lo spettatore nel mood della pellicola. 

E sarà proprio la terapia di fondamentale importanza nell’intreccio narrativo, sia per l’approccio psicoanalitico del thriller che per la nascita della storia d’amore con il suo psicoterapeuta, un uomo dolce e comprensivo contrapposto al suo vero o presunto gemello Louis, impertinente e arrogante. Scene patinate, arredamenti retro, dinamici movimenti di camera che si soffermano sui dettagli durante le sedute di terapie in alternanza con campi medi e lunghi per enfatizzare il contesto e l’alta tensione erotica tra i due, anzi i tre protagonisti…

Una pellicola che strizza l’occhio allo spettatore con scene di nudo, perversioni e sesso esplicite, sospese tra finzione e realtà, tra l’immaginazione e la verità, in un continuo dubbio amletico in totale assonanza con lo stile di Ozon. Ben gestito ed intrigante il tema del doppio, che nella prima parte coinvolge e intriga lo spettatore con la scoperta del gemello nascosto: Louis, fratello rinnegato da Paul, a sua volta psicoterapeuta che guarisce dalle nevrosi con metodi terapeutici anticonvenzionali e un dirompente sex-appeal. Nella seconda parte la realtà si confonde con il sogno, con l’allucinazione, in un modo a tratti fantascientifico, che riecheggia i deliri di Cronenberg, il tema delle sorelle siamesi di Brian Del Palma in “Le due sorelle”, disorientando lo spettatore, che si ritrova ad assistere alla nascita di un presunto feto che dirompe violentemente dal ventre di Chloé, in perfetto stile “Alien”. 

Una complessità e un esubero di “incidenti narrativi” che appesantiscono la visione e superano il limite del nonsense, suscitando incredulità in chi guarda con un conseguente calo d’interesse rispetto al primo tempo e una banalizzazione di un tema accattivante come il doppio, in cui già grandi registi tra cui Hitcock con “Vertigo” e “La donna che visse due volte”, Bertolucci in “Partner” e Cronenberg si sono cimentati con successo.

Un esito estremamente surreale che da un lato compiace il pubblico più attratto dal sesso e dall’entertainment, dall’altro disorienta gli affezionati abituati a una realtà dissonante, contradditoria e amletica ma comunque verosimile. 

Eccellente, al contrario, le performance dei due attori protagonisti: Marine Vacth, già sua musa in “Giovane e bella” e Jeremie Renier, in “Gli amanti criminali” e “Poetiche” nel doppio ruolo di Paul e Louis; la Vacht, una musa ammaliante e a tratti magnetica e Renier, eccellente nel confondersi col gemello, senza mai apparire caricaturale. Estraniante anche il personaggio della vicina di casa, una convincente Myriam Boyer, con i tre gatti imbalsamati, con una citazione indiretta di Polanski in “Rosemary Baby”, con l’offerta della torta e la sua ossessiva presenza. 

Un melting pot di citazioni e temi inesplosi, gettati in pasto allo spettatore, senza nessun filo logico né l’armonia necessaria per disorientare compiacendo, ma indisponendo sino all’assurdo finale.

Doppio amore (Amant Double), al cinema dal 19 aprile

scritto e diretto da François Ozon

con Marine Vacth, Jérémie Renier e Jacqueline Bisset

Durata: 107 minuti

Paese: Francia

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