Teatro Quirino. “Sorelle materassi”, la perdizione nel ricamo d’una vita a punto croce

ROMA – Al Teatro Quirino fino al 9 dicembre, torna in scena Sorelle Materassi. Il capolavoro di Aldo Palazzeschi, nell’adattamento del drammaturgo Ugo Chiti, rivive grazie alla regia di Geppy Gleijeses.

A Coverciano, poco fuori Firenze, vivono le sorelle Materassi. Teresa (Lucia Poli) e Carolina (Milena Vukotic) sono esperte ricamatrici. La prima si occupa del taglio, la seconda è “l’artista” della famiglia, come la definisce la sorella. Ricamano biancheria di ottima fattura: non c’è persona dell’aristocrazia fiorentina che non abbia commissionato almeno un corredo alle sorelle Materassi. Con loro vive – sebbene un po’ in disparte – la terza sorella, Giselda (Marilù Prati). Lavorando duramente, Teresa e Carolina sono riuscite a ripianare i debiti lasciati dal padre, che ha dilapidato il patrimonio di famiglia, solo per vedersi spogliare nuovamente dei propri averi dall’adorato nipote. Figlio di una quarta sorella, dopo la morte della madre Remo (Gabriele Anagni), quattordicenne, viene affidato alle zie, che ne sono da subito stregate. “Remo, incanta” dirà Carolina sospirando.

Il sipario si apre sul sogno di Carolina. Dietro un telo sono proiettate tre ombre: sono le due sorelle in visita dal Papa, per il quale hanno cucito una stola. Teresa appare, già nel tono e nelle movenze, la più forte delle due. Carolina ha invece una gestualità delicata, specchio del suo carattere più fragile. Il telo si solleva e la scena ci mostra le due sorelle, intente a ricamare, sedute a un tavolo di mogano coperto di stoffe bianche. Ovviamente, stanno parlando di Remo. Fuori campo le voci della fedele domestica Niobe, che entra in scena subito dopo e quella di Giselda, che appare dura e cattiva sin dal primo istante. Perlomeno, Teresa e Carolina la vedono così – come una maligna che vuole gettare discordia. Remo, dicono, nutre affetto per loro, le chiama Zi’ Tè e Zi’ Cà, mentre con lei non ha confidenza. “È gelosa”, commenta Carolina. Un rovesciamento di prospettiva che allo spettatore è chiarissimo, anche se le due non lo vedono. Giselda è sì dura, ma è evidente che quando chiama le sorelle “scimmine ammaestrate” – più spesso “povere strulle” – e dice che in casa è Remo che “tiene i fili di tutto”, è nel pieno della ragione.

Remo manovra le zie come burattini, e l’unica ad accorgersene è Giselda. Neppure Niobe (Sandra Garuglieri), nonostante sia più concreta delle padrone, se ne rende conto. È lei che si occupa degli aspetti pratici nell’andamento della casa, eppure è vittima del fascino di Remo. Proprio come le zie, tutto gli perdona e gli concede, arrivando a prestargli i risparmi di una vita. “Si è giovani una volta sola” – dice al pubblico – “dopo rimangono solo gli avanzi”. Persino dopo che Remo avrà costretto le zie a firmare le cambiali – che in passato hanno rovinato la loro vita – Niobe, sempre rivolta alla sala, dice che “non è cattivo” e che “non si può portare rancore ai giovani”. Anche le zie, del resto, cedono facilmente: a Remo basterà portarle fuori la sera per farsi perdonare. Carolina e Teresa scendono imbellettate e vestite a festa, sotto gli occhi di un’incredula Giselda, che le definisce “ridicole”. Bastano le movenze, l’incedere e le espressioni dei volti per cogliere il valore che le attenzioni del nipote rappresentano per le due. In questo – e in generale nei piccoli gesti – si nota la cura del regista per il dettaglio e il talento delle attrici.

Sembra che i ruoli siano stati tagliati e cuciti – è il caso di dirlo – appositamente per le due artiste che li impersonano. Gli interpreti sono all’altezza dei ruoli e si muovono a loro agio in quella che si può definire una tragicommedia, che alterna sapori amari a momenti divertenti. O meglio possiamo definirla, per citare le Note di Regia, con le parole di Annibale Ruccello, come una “piccola tragedia minimale”. La scenografia è semplice, ma arricchita dall’uso efficace delle luci di Gigi Ascione. Lo sfondo, cangiante, contribuisce notevolmente a variare le atmosfere. È resa in pieno anche la giocondità del testo. Non manca, da parte di Chiti, un accenno – per bocca di Niobe mentre legge una missiva di Remo, confondendo le lettere del nome della sua fidanzata, Peggy – a quei giochi di parole cari ad Aldo Palazzeschi. Lo fa sapientemente, con parsimonia – senza esagerare, insomma.

Teatro Quirino di Roma

Sorelle Materassi

di Aldo Palazzeschi

adattamento Ugo Chiti

regia di Geppy Gleijeses

con Lucia Poli e Milena Vukotic, Marilù Prati

Sandra Garuglieri, Gabriele Anagni, Gian Luca Mandarini,

Roberta Lucca

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