Mostra del cinema di Venezia. Sofferto cordoglio per Dino de Laurentis

VENEZIA – “La Mostra del Cinema di Venezia, che lo aveva celebrato nel 2003 con il Leone d’Oro alla carriera, perde con Dino De Laurentiis uno dei suoi grandi protagonisti e testimoni – ha dichiarato il Presidente della Biennale di Venezia, Paolo Baratta.

De Laurentiis, uno dei più importanti produttori della storia del cinema mondiale, ha sostenuto e scoperto alcuni dei massimi registi internazionali e contribuito in maniera decisiva all’affermazione del cinema italiano nel mondo, finanziando alcuni tra i più indiscussi capolavori, come La grande guerra di Monicelli, Leone d’oro a Venezia nel 1959. Sono vicino alla famiglia in questo triste momento”.

Dino De Laurentiis, tra i più importanti produttori della storia del cinema, si è affermato dapprima in Italia e poi all’estero, con una lunga e prestigiosa attività di scoperta e sostegno dei massimi registi internazionali, contribuendo in modo decisivo all’affermazione del cinema italiano nel mondo. Numerosi i titoli significativi e rimasti celebri da lui prodotti, sia nel cinema d’autore, sia nel cinema di genere, con film dove la ricerca del successo si è sempre accompagnata alla qualità artistica.

Nato a Torre Annunziata (Napoli) nel 1919, dopo aver lavorato nel cinema come comparsa, attore e aiuto alla regia, a soli 20 anni produsse il primo film. Iniziò ad affermarsi nell’immediato dopoguerra producendo film di Alberto Lattuada (Il bandito, 1946) e Giuseppe De Santis (Riso Amaro, 1949), pellicola che lanciò Silvana Mangano, divenuta più tardi sua moglie. Negli anni Cinquanta, De Laurentiis fondò una società di produzione assieme a Carlo Ponti, con il quale realizzò alcuni dei più significativi capolavori del cinema italiano dell’epoca, tra cui Europa ’51 di Rossellini, L’oro di Napoli (1954) di De Sica, La strada (1954) e Le notti di Cabiria (1957) di Fellini, gli ultimi due titoli vincitori dell’Oscar per il miglior film straniero. Nel 1956 allargò la propria attività all’estero, producendo Guerra e pace di King Vidor. Dopo lo scioglimento della società con Ponti nel 1957, De Laurentiis finanziò opere di grande importanza come La grande guerra di Monicelli (Leone d’oro a Venezia nel 1959). All’inizio degli anni Sessanta realizzò un gigantesco complesso di studi cinematografici che chiamò Dinocittà, dove alternò la produzione di opere di grande impegno finanziario (La Bibbia di John Huston), a opere di grande importanza culturale come Lo straniero (1967) di Visconti. Ancora a Dinocittà: Barabba di Richard Fleischer (1961) con Anthony Quinn, Lo sbarco di Anzio di Duilio Coletti (1968) e Waterloo di Sergej Bondarcuk (1970) con Rod Steiger e Orson Welles.  Nel 1971, dopo aver venduto Dinocittà, De Laurentiis si trasferì negli Stati Uniti, dove confermò il suo talento nel saper produrre film significativi, alternando ricercate opere di genere e impegnative opere d’autore. Cominciò con un film difficile, che all’epoca nessun produttore americano voleva dato il tema scottante della corruzione poliziesca: Serpico (1973) di Lumet, seguirono così altri titoli di successo quali , I tre giorni del condor (1975) di Pollack, King Kong (1976) di Guillermin, Flash Gordon (1980) di Hodges, Il Bounty (1984) di Donaldson, Hannibal di Ridley Scott, L’armata delle tenebre (1996) di Sam Raimi, ma continuò anche a finanziare maestri di prima grandezza quali Robert Altman, Ingmar Bergman, Michel Cimino, Milos Forman, David Lynch. Nel 1990 realizza Ore disperate (Desperate Hours) (1992), ancora di Michael Cimino (un’operazione molto coraggiosa e pericolosa, dato che il regista americano era considerato il responsabile del fallimento della United Artists, e conseguentemente “bandito” da Hollywood), e Body of Evidence – Corpo del reato (1992) di Uli Edel, con Madonna, mentre, tra i titoli più recenti si ricordano il thriller Breakdown – La trappola (1997) e U-571 (2000) di Jonathan Mostow, presentato alla Mostra.

Il suo testamento spirituale dedicato al cinema è nelle parole pronunciate alla Mostra del Cinema di Venezia 2003, dove ha ricevuto il Leone d’Oro alla carriera: “Il problema dei registi italiani è che vogliono fare i film con un occhio alla critica. Noi però siamo show-man e dobbiamo fare film solo per il pubblico”, parole che fanno ben comprendere la filosofia che ha portato al successo De Laurentiis.

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