Il mio nome è Khan, il fanatismo religioso visto da Bollywood

ROMA – All’ultimo Festival del film di Roma è stato presentato come un evento. La comunità indiana è impazzita quando ha visto arrivare nella capitale il divo del cinema di casa sua: Shah Rukh Khan, un attore da sessanta film in vent’anni. In India è quasi una divinità e in questo film, Il mio nome è Khan, è un ragazzo affetto da una lieve forma di autismo, la sindrome di Asperger.

Il suo disturbo non gli impedisce di avere una vita normale. Grazie alla sua intelligenza fuori dal comune (impossibile non pensare al Dustin Hoffman di Rain Man o a Forrest Gump) risulta simpatico a tutti. Il suo limite è che non riesce a manifestare i suoi sentimenti, ma nonostante ciò riesce a conquistare il cuore della bella Mandira, una ragazza indiana con un figlio avuto da un precedente matrimonio. La loro unione resisterà alle minacce delle differenze religiose, al clima di diffidenza della comunità americana scossa dall’11 settembre e ad una tragedia privata che allontanerà Khan dalla sua sposa. Una storia in tipico stile bollywodiano, forse meno scintillante del solito, ambientata a San Francisco.

Il cinema indiano sbarca dunque negli Stati Uniti. Ma attenzione: la religione è uno di quei temi da maneggiare con cura. E gli effetti possono essere devastanti. Il mio nome è Khan di Karan Johar, è un goffo tentativo di un regista indiano di parlare di conflitto interetnico e 11 settembre come contorno di una storia d’amore a lieto fine. Avvicinarsi a certi temi senza il giusto equipaggio può essere insidioso e questo film ne è la dimostrazione. Una storia che in India ha sbancato i botteghini ma che in Occidente non potrà far altro che suscitare risate di incredulità.
La trama si sviluppa in maniera così scontata che uno spettatore smaliziato può anticiparne gli sviluppi. La sceneggiatura cambia registro con una disinvoltura disarmante, ma il cuore pulsante del film resta la storia d’amore tra i due protagonisti che traballa sotto le macerie del crollo delle Torri Gemelle. L’odio genera odio, i musulmani non sono tutti cattivi, indù e musulmani non vanno d’accordo, e una altra sfilza di luoghi comuni spazzati via da un luogo comune più forte perché sempre valido: l’amore vince su tutto.

Il mio nome è Khan
con Shah Rukh Khan, Kajol, Kenton Duty, Katie Amanda Keane, Jimmy Shergill
Regia di Karan Johar
Soggetto e sceneggiatura di Shibani Bathija
Montaggio di Deepa Bhatia
Canzoni di Niranjan Iyengar
Musiche di Skankar, Ehsaan& Loy
Fotografia di Ravi K. Chandran

Trailer



Trailer fornito da Filmtrailer.com

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