Left by the Ship – una straordinaria perla dal sud-est asiatico

ROMA – Ci sono degli individui, nelle Filippine, che portano la loro storia e provenienza impresse nel volto. Un pò come accade per tutti, ma in una maniera diversa, giocata da caratteri che scolpiscono piuttosto che tracciare, da connotati che declinano in veri e propri solchi. Solchi che sempre separano e mai aggregano.

Si chiamano Amerisian – Amerasiatici – nome che di per sé è già stigma di metissage. Trattasi però di metticciato che nulla ha a che fare col suo spontaneo farsi e moltiplicarsi, con la magia della natura che nel suo gioco universale attrae gli opposti per poi mescolarli. E men che meno ha a che fare con l’amore.
Il meticciato in questione, al contrario, è frutto di giochi di potere, di logiche economiche da altri stabilite. Di strategie militari e politiche internazionalmente architettate, che finiscono col decidere dei destini di tutti. Per approdare ad una sintesi, data la presenza di una base della Marina statunitense nelle Filippine – Subic Bay nella fattispecie, in prossimità di Olopango City, una delle 757 disseminate in tutto il globo – qualcuno, in ossequio ai preziosi servigi militari ed ella testosteronica tenzone degli eroi coinvolti, decise di dotare il sito con apposite infrastrutture all’uopo dedicate, dove i marines, al prezzo di un cocktail ghiacciato, potessero dar sfogo ai bisogni del loro apparato endocrino.
In pratica, fecero di Olopango City un bordello a cielo aperto.

Il risultato di tutto ciò, ad oggi, sono circa cinquantaduemila persone, perlopiù giovani e adolescenti, nate per sbaglio e cresciute senza padre – i marines, a cose fatte, se ne tornavano a casa senza voler sapere nulla dei nascituri, quasi sempre senza riconoscerli – divenute oggetto di discriminazione e derisione, con delle biografie il più delle volte segnate, senza possibilità di riscatto alcuno. Il solo, sacrosanto diritto ad una vita dignitosa, per molti di loro, appare come un vero e proprio miraggio. Tutto ciò anche a causa di un effetto legale: una legge internazionale, che impone il riconoscimento dei figli dei militari nati in altri paesi, non vale per le Filippine. In parole povere, se il padre è abbastanza magnanime da riconoscere il proprio figlio prima del compimento del diciottesimo anno – evento più unico che raro – costui vede affermati i propri diritti, altrimenti il padre non esiste. E non esiste in quanto la stessa prostituzione, nelle Filippine, è considerata fuorilegge e ciò che è fuorilegge, da quelle parti, non può esserci (!). Quindi non c’è, né cè mai stato, un atto tra una giovane prostituta e un marines che abbia portato al concepimento di un essere umano.

“Left by the Ship”, film documentario di pura bellezza e di commovente sobrietà, narra di questa realtà drammatica e pressoché sconosciuta. Gli autori, Alberto Vendemmiati ed Emma Rossi Landi, a seguito di un lavoro dipanato nell’arco di due anni e condensato in sei mesi interi di riprese, hanno seguito le biografie di quattro di questi ragazzi. Attraverso una narrazione lucida, arricchita da una sontuosa fotografia e dalla musiche originali di Mario Crispi, hanno restituito una preziosa testimonianza delle loro vite, con una grammatica essenziale grazie alla quale hanno lasciato parlare i protagonisti senza indugiare in ovvie conclusioni o inficiare la narrazione con il loro, seppur logico, punto divista. Trattandosi di vite altrui, con grande onestà artistica e sopraffina consapevolezza, hanno lasciato che fossero costoro a parlarne.
Il più grande dei protagonisti, per lunghi passaggi chiamato in veste di narratore, è quello che, ad oggi, è riuscito a farcela. Divenuto giornalista, grazie agli sforzi propri e di sua madre, è riuscito a crearsi una famiglia, ad avere dei figli, a costruirsi una biografia degna di tale nome. Ad oggi, non è ancora riuscito a rintracciare il padre.

Per gli altri, più giovani di lui, l’esistenza è ancora da costruire ed è ancora una scommessa. Lui stesso, in una sorta di lettera dedicata a suo padre, parla di un infinito, desolante “nulla” che lo lega al genitore: nulla che questi possa dargli, nulla che il figlio voglia da lui. Tranne che sappia che esiste, che c’è, che come tutti reclama un’esistenza ed un’identità che gli spettano di diritto. “Non c’è luogo, ad Olopango City” dice lui “dove ci si possa nascondere”. Nessun luogo in cui sia possibile cammuffare quei connotati che inchiodano con la crudeltà di una sentenza, che lacerano come il peso di una colpa; è il volto a parlare, e non lascia dubbi: sei il figlio di una prostiuta e di un militare americano. Sei marchiato a vita.

E non stupisce, in tale desolato “orizzonte”, come forse l’unica via per un possibile riscatto sia la partenza. Partenza per un “altrove” più dignitoso ed equo, in fuga dal loro ingiusto e arido “dove”. La base NATO, per la cronaca, è stata chiusa nel ’92, senza che nulla, da allora, sia cambiato.
Il film, proiettato al cinema Nuovo Sacher di Roma, ha registrato la gradita presenza degli autori con annesso dibattito. Al termine della proiezione e prima di questo, è giunta in sala la triste notizia della scomparsa del grande Maestro Mario Monicelli, avvenuta all’età di novantacinque anni per sua stessa mano. La notizia di un male incurabile gli aveva forse suggerito di porre fine alla sua  straordinaria, magistrale vita, che giocoforza non sarebbe stata più la stessa. Gesto estremo, personale, intimo, al quale spetta  un assoluto, religioso silenzio. Fosse stato presente in sala, ne siamo certi, avrebbe apprezzato questa luminosa perla con l’affetto e il calore che solo i grandi maestri sanno regalare, vedendovi un lume di speranza per il futuro.


Titolo originale: Left by the Ship
soggetto: Robert Ianne Gonzaga
sceneggiatura:
 Emma Rossi Landi
 Alberto Vendemmiati
musiche:
  Mario Crispi
  Pivio
  Aldo De Scalzi
montaggio:
 Emma Rossi Landi
 Alberto Vendemmiati
fotografia:
Emma Rossi Landi
Alberto Vendemmiati
suono:
Alessandro Bianchi II
produttore:
 Emma Rossi Landi
 Alberto Vendemmiati
 Vincenzo De Cecco
Riccardo Cremona
Assistente alla Regia:
  Linda S. Alvarado

Regia:   Emma Rossi Landi,  Alberto Vendemmiati
Anno di produzione: 2010
Durata: 81′ e 52′
Tipologia: documentario
Genere: sociale
Paese: Italia/USA/Finlandia
Produzione: VisitorQ,  ITVS International,  Rai Cinema; in collaborazione con  YLE Coproductions
Formato di ripresa: HDV

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