Non dimentichiamoci dei morti sul lavoro nell’anno 2010

FIRENZE – Il 2011 è arrivato, Il 1 Gennaio tutta Italia a festeggiare per l’arrivo del nuovo anno, ma c’erano anche delle persone che non avevano nulla di cui festeggiare, e sono i familiari dei 1080 lavoratori, che nel 2010 hanno perso la vita sul posto di lavoro.

I dati 

In attesa dei dati che ci fornirà l’Inail per l’anno 2010, notiamo che rispetto al 2009 quando ci sono stati 1050 morti sul lavoro, i morti sul lavoro  dello scorso annoi sono aumentati,  secondo i dati forniti dall’osservatorio Caduti sul Lavoro.
Dopo questa premessa, bisgona ricordare, che i dati Inail tengono conto solo degli infortuni denunciati, quindi sono dati che vanno presi come punto di riferimento, ma non come dati definitivi, perchè non tengono conto anche di tutti i lavoratori che muoiono “in nero” o che  denunciano l’infortunio come malattia per paura di ritorsioni dal parte del datore di lavoro, perchè hanno un lavoro precario, quindi sono ricattabili.
Ecco perchè va sempre detto che questi dati sono fortemente sottostimati.

Va ricordato altresì che molte di queste vittime, spesso lavorano in aziende ove non si rispettavano neanche le minime norme di sicurezza sul lavoro.
Ma non dobbiamo dimenticarci anche degli oltre 25 mila lavoratori che sono rimasti invalidi, e che difficilmente potranno essere ricollocati sul lavoro: c’è chi ha perso un piede, una gamba, un braccio, una mano, un occhio o è rimasto in carrozzina.
Qual’è la soluzione perchè si riducano drasticamente tutti questi infortuni e le morti sul lavoro?

Di certo non attraverso la strada  intrapesa dal Governo Berlusconi, che il 3 Agosto 2009, con il Dlgs 106/09, detto decreto correttivo al Testo Unico per la Sicurezza sul Lavoro (Dlgs 81/08), ha completamente stravolto il testo voluto dal Governo Prodi, dimezzando tra le tante cose, molte sanzioni a carico dei datori di lavoro, dirigenti, preposti, e sostituendo in alcuni casi il carcere con l’ammenda.
L’unico deterrente che temono i datori di lavoro sono le sanzioni, ma se queste vengono dimezzate, cosa resta? I controlli forse?

L’Asl ha un personale ispettivo ridotto all’osso che è formato da circa 1850 tecnici della prevenzione (o ispettori Asl), che sono in continuo calo, perchè man mano che molti tecnici vanno in pensione, non ne vengono assunti altri.
Tant’è che se dovessero controllare tutte le aziende che ci sono in Italia, che sono circa 6 milioni: ogni azienda riceverebbe un controllo ogni 33 anni, quindi considerando la vita media di un’azienda, praticamente MAI.
Non è una soluzione neanche quella del Ministero del Lavoro, di fare una campagna per la sicurezza sul lavoro, con lo slogan “Sicurezza sul lavoro.La pretende chi si vuole bene”, con degli spot che colpevolizzano i lavoratori: , mentre dice poco o nulla sulle responsabilità dei datori di lavoro.

Invece la prima cosa da fare sarebbe iniziare ad insegnare la sicurezza sul lavoro fin dalle scuole elementari come si fa in Francia, perchè molte volte si parla di mancanza di cultura della sicurezza sul lavoro, sia nei datori di lavoro, che nei lavoratori, ma se non la iniziamo ad insegnare fin da piccoli, come poterla pretendere?
Perchè non dimentichiamocelo, gli studenti di oggi, saranno i lavoratori e gli imprenditori di domani….
Inoltre, andrebbero ripristinate, quindi aumentate le sanzioni a carico dei datori di lavoro, dirigenti e preposti, perchè è impensabile che l’unico deterrente sia abbassato.
I controlli vanno aumentati, questo è un percorso necessario.

La denuncia inoltrata alla Commissione Europea e al Parlamento Europeo:

“Dopo 13 mesi da quando è stata denunciata la difformità di alcuni articoli del Dlgs 106/09, rispetto alla Direttive Europee sulla sicurezza sul lavoro, il 30 Novembre mi è arrivata  la risposta del Capo dell’Unità Salute, sicurezza e igiene sul luogo di lavoro, della Commissione Europea Occupazione, Affari Sociali, Pari Opportunità, che mi ha comunicato, che a Gennaio 2011 verrà proposto all’Esecutivo della Commissione Europea, l’apertura una procedura d’infrazione contro l’Italia, per la mancata conformità delle misure di recepimento italiane in relazione a certe disposizioni della direttiva europea 89/391/CEE sulla sicurezza sul lavoro,  tra cui deresponsabilizzazione del datore di lavoro (articolo 5 direttiva), posticipazione dell’obbligo di valutazione del rischio di stress legato al lavoro (articolo 6, paragrafo 3, punto a), proroga dei termini impartiti per la redazione del documento di valutazione dei rischi per una nuova impresa o per modifiche sostanziali apportate ad un impresa esistente (articolo 9, paragrafo 1, punto a).”

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