Salone Margherita. “Canto anche se sono stonato”. Recensione

ROMA – Stonato non lo è, e per questo canta. Di radio ci capisce, perché da decenni la mastica quotidianamente attraverso fortunati programmi Rai, e dunque la racconta.

Di Puglia, dalla nascita, vive la sua interiorità come il suo estroverso modo di fare, e per questo ha scelto una band di virtuosi conterranei che arricchisce la sua performance. Aspirante crooner dal bell’aspetto, raffinato al punto giusto, astuto nella scelta di confezionare uno spettacolo che ripresenta un importante spaccato sonoro del nostro immaginario collettivo, Savino Zaba è il protagonista di “Canto anche se sono stonato”, attualmente in tour italiano, e approdato con successo di pubblico nella Capitale, al Salone Margherita. 

Dal Trio Lescano e Natalino Otto a Nicola Arigliano , passando per Fred Buscaglione e Lelio Luttazzi fino a Luis Prima, Renato Carosone e Domenico Modugno, il repertorio prescelto per quest’occasione è sicuramente appetibile per una vasta platea plurigenerazionale. Le memorie narrative delle prime trasmissioni che inebriarono l’etere con le grandi orchestre, accennate con garbo ed ironia da Zaba in storielle introduttive ai brani prescelti in cui la censura politica del regime si scontrava con i doppi sensi testuali di celebri motivetti, si alternano a frammenti di filmati che riproducono il costume di una civiltà, la nostra, che dagli anni Trenta ai Sessanta ha sofferto ma anche sognato e vissuto comunque con una speranza sempre filtrata dalle note di acclamate melodie. Ad accompagnare l’orchestra e i movimenti del cantante, sono poi pregevoli azioni coreografiche di due ballerine in costumi forse non proprio d’epoca e variegati giochi di luci che dinamicizzano una scenografia stile retrò costruita ad hoc. L’operazione monta grazie all’afflato dei musicisti – un organico di cinque elementi in cui spiccano indubbiamente Dado Penta al contrabbasso e Mino Lacirignola alla tromba – che, forse più timidi nella fusione con le vocalità del protagonista, si trovano perfettamente a proprio agio nell’esecuzione strumentale di standard d’epoca, da “Satin Doll” a “Round Midnight”, da “Caravan” a “Sophisticated lady”. Ma in molti casi lo stile pop quasi imposto dall’interpretazione di certi brani trascina l’idea di Swing in una monotona catena di medley (monotona proprio perché priva di un ritmo sincopato soprattutto vocale), adatta maggiormente all’atmosfera di un night club che a quella di un palcoscenico. 

D’altronde siamo nello spazio romano per eccellenza del Café chantant e il Bagaglino – standardizzato nella formula della cena-spettacolo che si interpone tra i due tempi –  vede recuperare in questo ambito anche le sue classiche caratteristiche di interazione tra platea e fine dicitore, tramite continui scambi di botta e risposta tra Zaba e il pubblico, ai quali lo stesso conduttore è abituato, e ci ha simpaticamente abituato da anni. Per i più conservatori, è forse questo “glissage” nell’atmosfera quotidiana che interrompe la magia di un racconto scenico, alla pari dei blocchi musicali non proporzionati ad una testualità che evidentemente non ha le pretese di una drammaturgia ma che ci lascia in sospeso nell’affabulazione storica precedentemente avviata. Sebbene forse ancora quindi da sistemare a livello strutturale e registico, l’operazione ha comunque e senz’altro il merito di farci riavvicinare, con un linguaggio decisamente non obsoleto, ad un passato remoto che custodisce le nostre pietre più preziose della musica.

Savino Zaba

in

“Canto…anche se sono stonato”

Con la Stonato Band e la partecipazione delle Swing Out Dancers

Roma, Salone Margherita – 11 e 12 marzo 2015

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