Philip Roth. “L’umiliazione”: sesso e autodistruzione. Recensione

ROMA – “L’umiliazione” è il racconto impietoso del declino di un uomo abbandonato dalla benedizione del talento. Narra di Simon Axler, sessantacinquenne grande attore di teatro, che non riesce più a recitare e, perdendo la sua identità, finisce in un ospedale psichiatrico.

Nella clinica di lusso familiarizza con una paziente ferita da un trauma irreparabile: quello di veder violati i figli dal proprio uomo. Le sue confidenze portano lui a ritrovare quella capacità di ascolto che, un tempo, era il segreto del suo successo.

 

Simon Axler, persa sua moglie, torna a casa solo e s’imbatte in Pegeen Mike Stapleford, figlia di vecchi amici, lesbica che, con disinvoltura, domina e tronca le sue relazioni. Lei ha quarant’anni, gli si infila nel letto godendo dell’infermità di lui, che riprende tuttavia respiro, anche se non il talento. Ingenuamente Simon Axler trova molto eccitante trasformare la ragazza da maschiaccio in compagna sofisticata, pagando i suoi conti dallo stilista e dal parrucchiere. I due iniziano una forsennata avventura sessuale condita di uso del dindo e rapporti a tre,  con la partecipazione di altre donne. Simon Axler si lascia irretire da illusioni infondate, non riesce a leggere nell’assurdo riserbo di Pegeen sulla relazione, alcun segnale di allarme.

 

La figura dominatrice di lei raggiunge il culmine simbolico nei loro giochi erotici: di fatto è l’incontro di Simon Axler con la propria nemesi, un uomo mascherato da donna. “L’umiliazione”   che Roth ci palesa è l’autodistruzione che l’attore si infligge, crescendo quel desiderio erotico che lo priva dell’amor proprio. Un modello della fragilità umana e del talento, la disfatta di colui che gioca tutto in termini di apparenza. Lascio al lettore l’epilogo: uno spiazzante colpo di genio narrativo.

 

 

Autore: Philp Roth

Editore: Einaudi

Collana. Supercoralli

VI edizione

Euro 9.50

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