“Canne al vento”. Donne che si piegano, donne che reagiscono. Recensione

“Nuvole d’ oro incoronavano la collina e I ruderi, e la dolcezza e il silenzio del mattino davano al tutto il paesaggio una serenità di cimitero. Il passato regnava ancora sul luogo; le ossa stese dei morti sembravano i suoi fiori, le nuvole il suo diadema.”.

                                [Canne al vento- Grazia Deledda]

 

 

ROMA – Il vecchio servitore, Efix, elabora la notizia del prossimo arrivo, nel paese di Galte, di Giacinto, nipote delle sue padrone, le dame Pintor. L’ evento fa nascere nella memoria dell’ uomo il ricordo dei tragici fatti che, lontani nel tempo, scossero le fondamento della famiglia Pintor: la fuga di Lia; la morte misteriosa del padrone, Don Zame; la vergogna che si era riversata sulle donne Pintor. Ruth, Ester e Noemi, le tre dame Pintor, ed il loro fidato servo, sono personaggi avvolti ne “l’ ombra del passato” sempre “intorno a loro.”.

Le tre dame sono delle superstiti. Donne forti cresciute nell’ ombra di un pater familias superbo, dal carattere irascibile, loro signore e padrone. Come canne le fanciulle si piegavano al padre. “Lia, la terz’ ultima, decise di ribellarsi a quella vita di silenzio e di austerità. Voleva conoscere il Continente. Senza remore era fuggita di notte, correndo per raggiungere quel sogno di libertà e di grandi orizzonti. Ella si era liberata a spese delle sue sorelle, ancora più schiacciate dall’ ira del padre, il quale sentiva su di lui tutto il peso della vergogna. L’ uomo aveva dilapidato ogni bene alla ricerca di questa figlia che aveva portato ignominia a tutta la famiglia. Il gesto della ragazza aveva impedito alle sorelle di trovare un marito.

“Lia […] scrisse annunziando il suo matrimonio. Lo sposo era un negoziante di bestiame ch’ella aveva incontrato per caso durante il suo viaggio di fuga: vivevano a Civitavecchia, in discreta agiatezza, dovevano presto avere un figlio. Le sorelle non le perdonarono questo nuovo errore: il matrimonio con un uomo plebeo incontrato in così tristo modo: e non risposero.”.

Le tre dame Pintor si chiusero nel dolore dell’ essere state escluse da ciò che era loro diritto, la vita. Lia viveva felice, senza sentirsi in colpa di averle abbandonate, rovinate agli occhi di qualsiasi buon partito.

I due personaggi maschili appaiono come figure bibliche sullo sfondo di una terra ancora profondamente legata ai suoi miti. Giacinto, che Lia ha messo al mondo, è il figlio prodigo che torna all’ ovile dal quale era scappata la madre,  mentre Efix, per redimere la sua colpa lavora gratuitamente per le sue dame. Il bellissimo nipote, giunto dal continente, porta, inizialmente, uno sprazzo di vita in casa delle zie. Ben presto, però, il suo vero carattere viene fuori. Egli è avido, indolente, incapace di portare a termine qualunque progetto, trascinando nuovi dolori e tormenti tra le mura dell’ antica casa di famiglia. Il sangue del giovane è come quello della madre, attira sventure sulle dame Pintor.

“’Non è una gran cattiva sorte la nostra? […] Perchè la sorte ci stronca così, come canne?’ ‘Si’ egli disse allora , ‘Siamo proprio come le canne al vento, donna Ester mia. […] Siamo canne, e la sorte è il vento.”.

Mentre i personaggi sono tormentati da questo vento che li piega senza spezzarli, la Natura si anima: “l’ acqua canticchia”, “i boschi respirano” e “le rocce ballano”. I tralci carnosi corrono “avviluppandosi qua e là come serpi sotto le foglie.”.

Sullo sfondo di questa natura, bellissima ma spesso ostile, i protagonisti prendono forma.  Capaci di rancori infiniti e risentimenti, taciuti ma mai  dimenticati. Sono, però, dotati di una forza morale che li eleva, dando loro la capacità di preservare la loro dignità, qualunque cosa accada.

 

TITOLO: Canne al vento

AUTORE: Grazia Deledda

EDIZIONE: La feltrinelli

NUMERO PAGINE: 238

COSTO:7,65

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