Stefan Zweig. “Tramonto di un cuore”. Recensione

“Non è detto che il destino, per distruggere il cuore umano, debba menare un colpo brutale e usare tutta la sua violenza; da futili motivi anzi esso trae la sua indomabile gioia creatrice. Nel nostro linguaggio umano questo primo lieve tocco lo chiamiamo causa, e stupiti confrontiamo la sua piccola misura con gli effetti straordinari di potenza”. Lo scrive Stefan Zweig all’inizio di “Tramonto di un cuore”, guidandoci a scoprire come da una minuzia possa nascere lo stravolgimento di una vita intera

Il racconto narra del vecchio Salomonsohn, un ricco austriaco in villeggiatura, con la moglie e la figlia diciannovenne, sul lago di Garda, nella località tipicamente mitteleuropea di Gardone. La sua esistenza è in apparenza serena, il soggiorno godibile, finché una notte scopre l’amata sua “bambina” uscire furtiva dalla stanza di uno sconosciuto. Sgomento intuisce che la ragazza è in un’età in cui si appresta a spiccare il volo, in cui altri uomini possono possederla e, ciò che più lo fa disperare, è che lei possa lasciarsi andare a piaceri che trova disonorevoli. Da quel momento il suo cuore entrerà in un tumulto di emozioni conflittuali: geloso come un amante, gettato in uno stato d’inferiorità come chi sente di aver perso ormai il vigore della giovinezza; sospettoso della ragazza e della stessa moglie; odiando chi “attenta” alle sue donne, il vecchio Salomonsohn subisce una metamorfosi che cambia il suo destino.

Il breve e godibile racconto di Stefan Zweig è un’avventurosa discesa nei gironi della psiche umana, responsabile dell’indirizzo che diamo al nostro passaggio. Il libro suggerisce che conoscere per tempo i meandri oscuri del cuore è una difesa, che evita di perdere la capacità di amare, unica a preservarci vivi e felici.

Stefan Zweig

Tramonto di un cuore

Traduttore: B. Burgio Ahrens

Editore: Garzanti 

Collana: I grandi libri. Novecento

Formato: Tascabile

Pagine: 54 p., Brossura

Euro 7

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