Scrittori. Dal grande magazzino alla letteratura: intervista a Gabriella Vittoria Romano, autrice di “Isole”

ROMA – Gabriella Vittoria Romano è nata nel 1960 a Piano di Sorrento, piccolo gioiello della costiera sorrentina. 

Da bambina, già dall’età di due anni, si vede costretta dal lavoro paterno a una forma di nomadismo “privilegiato” : vive fino ai quattro anni in Africa, ad Accra (in Ghana), dove comincia ad annusare il profumo “stimolante” della differenza. Al ritorno in Italia, l’attraversa in lungo e in largo con la sua famiglia: Torino, Bergamo, Genova, Palermo, Roma, Castelli Romani, ancora Palermo e poi di nuovo Roma, un’altra volta l’Africa, il Cameroun questa volta. Raggiunta la maggiore età quello che era un obbligo familiare si trasforma in passione del viaggio e spirito di ricerca. Viaggia per tutta l’Europa, visita il nord Africa, verosimilmente in cerca di “radici”, un luogo cui appartenere per scelta e affinità. Intanto, finiti gli studi, si iscrive all’università, facoltà di lingue. Nel 1981 Scopre il fascino dell’Andalusia a Siviglia, Cordoba, Granada. Si ferma, decide di vivere tutta la vita nel paese dei gitani (ma ovviamente non lo farà), suoi simili in quanto a “girovagare”. Si innamora del flamenco, quella terra, i suoi profumi, i suoni, il colore azzurro intenso del cielo, la sua luce, la fisionomia dei suoi abitanti, la fusione di culture, l’apparente chiusura e la straordinaria potenzialità di questo popolo tanto invaso e tanto fiero, colpiscono fortemente la sua anima. Stando A Siviglia comincia a scrivere: lettere a suo padre che permane in Africa, appunti, note, immagini che sottolineano la bellezza sensuale e inafferrabile di quella città. Nel 1987 torna in Italia, a Roma. Nel 2005 entra in contatto con la filosofia buddista e il suo spirito di ricerca trova in quel contesto una giusta corrispondenza. Riaffiora il vecchio amore: la scrittura, per la quale si sentiva trasportata fin da piccola, quasi fosse la giustificazione del suo essere. La sua stessa vita, così affollata di persone, luoghi, emozioni, vicende dolci e amare, si fa a quel punto musa ispiratrice e nasce il suo primo romanzo. Vive e lavora attualmente a Roma. 

Si augura di offrire al mondo cento e più storie da narrare  Per le edizioni Kokoro ha pubblicato nel 2011 il suo primo libro di racconti “Isole”, viaggio nel dolore e catarsi. Esperimento coraggioso che l’autrice stessa ci racconta… 

D. Una vita interessante la tua, vuoi riassumere gli anni antecedenti il tuo primo libro? 

G.V.R. Riassumere ? Non è facile. E non è neanche il mio forte… La mia vita prima della scrittura: più che interessante io la definirei dinamica, imprevedibile, varia. Certezze poche, dubbi tanti, costellata di meravigliose difficoltà che mi hanno rafforzata. Un padre sempre assente per lavoro, una famiglia 

in costante migrazione per gli spostamenti cui il suo appassionante lavoro ci costringeva. Questo mi ha però consentito fin da bambina di osservare il mondo nelle sue molteplici forme e ha fortemente stimolato il mio spirito di ricerca. Due matrimoni, due figli, un lavoro fisso a tempo determinato part-time in un grande magazzino, in parallelo la scuola ohashiatsu e la formazione per diventare operatore di ayurveda. Poi l’ennesima prova della vita. Il probabile naufragio. La mia esistenza alla deriva. Potevo essere annientata ma sono rimasta in piedi. Per vedere quanta bellezza e fortuna la mia vita era ancora in grado di produrre da se stessa. .. 

D. Come ci si salva la vita? 

G.V.R. E’ stato allora, nel momento in cui ero più fragile, che ho fatto alcune tra le scelte più dure e coraggiose. Ho lasciato un lavoro che non avevo deciso io ma per cui ho comunque immensa gratitudine. Ho lavorato per 11 anni in questa azienda. E’ stato un lavoro che ho accettato di fare per mantenere mia figlia. Sono diventata madre molto giovane, quando le mie amiche ancora pensavano a divertirsi e sognare. Ho interrotto gli studi universitari e mi sono dedicata anima e corpo a questa vita che l’universo mi aveva affidato. Quando lei aveva due anni suo padre è sparito nel nulla e io mi sono dovuta adattare alle circostanze. Tornassi indietro rifarei tutto. Mia figlia è una persona meravigliosa, ora non più mia ma del mondo e nel mondo sta creando un gran valore. Il mio sacrificio di madre è stato ampiamente ripagato dal successo che lei ha avuto nella vita personale e lavorativa. Io sono quella che sono anche grazie a quel lavoro. Essere ogni giorno al servizio delle persone in un grande magazzino mi ha insegnato molto sulla pratica del budda… Il mio secondo matrimonio si è concluso pacificamente, quasi felicemente. Era solo questione di dirselo… Comunque non è stato facile per nessuno… Mia figlia è andata a vivere a Dublino. Ho perso mio padre che amavo moltissimo. La casa in cui vivevamo io e la mia famiglia è stata messa in vendita dopo la sua morte. Senza mio padre, senza una casa, senza lavoro, senza un marito, senza mia figlia. Sono ripartita da ciò che era rimasto: me stessa e mio figlio. Le mie mani e il mio cuore. Ho lavorato come terapista ayurveda e shiatsu per un po’, felice di fare finalmente qualcosa che amavo e che sceglievo. Poi ho cominciato a sentire che quello che facevo era di nuovo non aderente a me. Sentivo pesantezza. E non si può fare un simile lavoro se non si sviluppa gioia. Intanto avevo conosciuto il conforto della preghiera buddista, ma non come rifugio, piuttosto come richiamo. Invocavo con la voce la mia natura di Budda. E lottavo per essere una donna felice. Fino in fondo. In quello spazio vuoto, inattivo, apparentemente fermo, è emerso un giorno il sogno di sempre e per sempre ignorato: scrivere. Da tante macerie è iniziata la costruzione della mia vita vera, quella che io desideravo veramente vivere. 

D.  Come hai avuto l’idea di scrivere? 

G.V.R. Non è stata proprio quella che si dice una decisione presa a tavolino. Racconto spesso, non senza qualche riserva, di come ho avuto il dono dell’ispirazione in sogno. D’altronde ho letto che anche lo scienziato Dimitri Mendeleev ha avuto in sogno l’dea della Tavola Periodica degli elementi! Pare che durante la fase REM il cervello proceda a mescolare, combinare e mescolare tracce di memoria cercando connessioni nascoste che aiutano a dare un senso al mondo. Io non credo di aver dato un senso al mondo ma alla mia vita certamente si. Ad ogni modo è così che ho cominciato, che lo si creda o no. Ho sognato la parola “Isole” e ho anche visualizzato nel sogno la struttura di un libro che tenevo in mano. Al mattino ho cercato di mettere ordine ai miei pensieri sognanti davanti a una buona tazza di caffè fumante, immancabile , irrinunciabile lusso che ogni mattina mi concedo in  perfetta solitudine: in quei momenti preziosi medito sull’accaduto e su quanto ancora deve accadere. Indagavo a fondo sul significato della parola isole e finito il caffè avevo compreso. Ho acceso il computer e ho cominciato a scrivere! L’isola era per me il luogo ideale rappresentativo del dolore. Quando soffriamo andiamo lontano, in un luogo dove pochi riescono a raggiungerci. Intorno c’è il mare: le lacrime che piangiamo, la mente che rimuove, l’uniformità del sentimento, simile a una distesa d’acqua, la profondità del dolore e della sua percezione, il senso di sconfinata immensità, l’infinito che spaventa ma nel contempo rassicura, perché ci protegge dal contatto con l’esterno. Abbiamo bisogno e diritto di allontanarci. Diventiamo isole. 

D. Chi sono le protagoniste delle tue storie? 

G.V.R Le protagoniste dei miei quattro racconti sperimentano un dolore profondo che le porta via. Restano su un’isola il tempo necessario per riconoscere la propria zona di dolore, darle un nome, recintarla, proteggerla, rispettarla e farla rispettare. Poi tornano, mai uguali a prima, profondamente trasformate. Decise a partecipare ancora una volta al grande gioco della vita. Ma avendo stabilito nuove regole. “Isole “ si è inserito nella collana di narrativa Kokoro ideata da una meravigliosa e coraggiosissima donna, Marcella Cardini, direttore del Centro di Documentazione Giornalistica. L’intenzione della collana è creare un contenitore che accolga scritti relativi a processi di pace. Il mio libro descrive un processo di pacificazione interna, attraverso un prezioso lavoro di riparazione del sé. 

D. L’uscire allo scoperto crea stress? 

G.V.R. Io ero al mio primo tentativo di scrittura “pubblica”, ero spaventatissima all’dea di lasciarlo in mani non sicure. Provavo la stessa emozione che si ha nei confronti di un figlio. Su quei fogli c’era quello che la mia vita era stata capace di generare in forma scritta e mi risultava difficilissimo separarmene. Dopo due ore di dialogo profondo nel suo ufficio, Marcella è riuscita a suscitare in me fiducia e serenità. Il gesto di spostare il mio manoscritto, avvolto in una busta di plastica, dal mio petto alle sue mani è un’immagine che difficilmente dimenticherò. Tale era la commozione e la meraviglia di essere incappata nel giusto editore al primo tentativo! Grande l’emozione al pensiero che la mia prima “creatura” potesse essere poi , se approvata, non più mia ma del mondo… La risposta è arrivata dopo due settimane. La telefonata. Le parole di lode . La partecipazione emotiva di una persona appena conosciuta, ma già così familiare per me. La promessa della pubblicazione da lì a poco. Ce l’avevo fatta! 

D. Perché proprio questo argomento? 

G.V.R. Perché ho provato sulla mia stessa pelle la traccia che il dolore lascia. La sua potenza (simile all’amore) la sua forza, l’invadenza. E sempre personalmente ho potuto apprezzare l’occasione che un dolore lancinante ci offre per cambiare completamento l’asse della nostra vita. Tutto sta ad approfittarne. E io ne ho approfittato alla grande! Come diceva Totò “Signori si nasce e io lo nacqui..” Voglio dire che non si può parlare di qualcosa che non si conosce davvero. Specie trattandosi di un tema così delicato e umano come la sofferenza. Sarebbe arrogante esprimerla teorizzandola. 

D. La scrittura fa parte dei tuoi programmi futuri? Sai già cosa vorresti scrivere ? 

G.V.R. Senza ombra di dubbio! La scrittura è nelle mie corde da tempo infinito, in linea diretta passato-presente-futuro. Ora che sono riuscita finalmente a “riconoscermi” sarebbe una follia smettere. Ho già in cantiere il secondo libro ma non foglio rivelare nulla in proposito. Il libro sta lavorando alla sua costruzione e ho imparato da me stessa che è meglio lasciarlo fare… Come dico nella mia piccola biografia, che potete leggere sul blog di Isole (Isole-kokoro.blogspot.com) : …”mi auguro di offrire al mondo cento e più storie da raccontare”. 

D. La scrittura ha avuto su di te un effetto terapeutico? 

G.V.R.  Mi hanno fatto questa domanda molte volte. Vorrei limitarmi a rispondere che chiunque legga “Isole” dice di sentirsi meglio, pare abbia un effetto balsamico! Questo è ciò che mi rende più felice in assoluto. Fare del bene mentre mi faccio del bene. Non è meraviglioso?

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